giovedì 4 gennaio 2024
La conferenza stampa di fine anno della premier: «Il Mes? Uno strumento obsoleto ma ora può cambiare». E sulla stampa: «Non vedo bavagli». «È stato un anno tosto. Cutro? Il momento più difficile»
Giorgia Meloni

Giorgia Meloni - Ansa

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In tre ore di conferenza stampa Giorgia Meloni dimostra una discreta resistenza ed esce pressoché indenne dalle 45 domande preparate dei cronisti per il consueto appuntamento di fine anno. La premier rivendica il lavoro del governo in un contesto difficile e pur non sciogliendo il nodo della sua candidatura apre di fatto la sfida per le europee. L’impressione è che alla fine correrà e la disponibilità a un confronto televisivo con Elly Schlein (proposto da Skytg24) è un indizio importante, peraltro accolto con favore dal Nazareno, che rafforza la propria leadership all’opposizione a scapito del M5s. La presidente del Consiglio riconosce che «misurarsi con il consenso è sempre utile» e un buon risultato nel voto di giugno potrebbe cambiare gli equilibri a Bruxelles. Ma in ogni caso, garantisce, non ci saranno «alleanze parlamentari con la sinistra» né in Italia né in Europa. Per quanto riguarda l'accordo sul nuovo Patto di stabilità, Meloni si mostra moderatamente «soddisfatta», tuttavia – precisa – non è esattamente «quello che avrei voluto». Del resto «in Europa non c'è questo superiore interesse comune» e si tende «a cercare una sintesi». Sul Mes, al contrario, «il governo si è rimesso all'Aula e la ratifica è stata bocciata». Il che non è un male, perché si tratta di «uno strumento obsoleto» e «la mancata ratifica da parte dell'Italia può diventare un'occasione per trasformarlo in qualcosa di più efficace». Venendo alle alleanze, va registrata la chiusura totale all'Afd, con cui «ci sono distanze insormontabili», mentre non sembra dispiacere la postura assunta da Marine Le Pen rispetto alla Russia.

Ampio il capitolo sulla riforma del premierato, rispetto alla quale il capo dell’esecutivo smentisce di voler toccare le prerogative del Quirinale: «Non vedo come l’elezione diretta possa ledere in qualche modo le funzioni del presidente della Repubblica – scandisce –. Il premierato rafforzerà la stabilità dei nostri governi. È una riforma di cui vado fiera». Se poi dovesse servire un referendum, «decideranno gli italiani», ma nel frattempo è meglio marcare le distanze dalla strategia fallimentare che in condizioni simili adottò Matteo Renzi: «Non sarà sul governo o su Giorgia Meloni, ma sul futuro della nostra nazione». Resta il problema della legge elettorale, su cui però le idee sono abbastanza chiare : «La soglia ci deve essere per forza e io sono favorevolissima alle preferenze».

La convivenza con gli alleati di maggioranza è un altro tema caldo. Palazzo Chigi, comunque, «non sta lavorando per un rimpasto». D’altronde il «rapporto è ottimo». Certo, non mancano «i dibattiti interni», ma «la compattezza della maggioranza si vede dalla velocità con cui opera» e «la manovra approvata senza fiducia» è un segnale inequivocabile. Un ottimo banco di prova saranno le amministrative di questo 2024, per le quali Meloni invita a fare presto con i candidati.

Spazio anche alle parole della senatrice Mennuni sulla maternità ( «non so se “aspirazione” sia la parola giusta»), che danno alla premier il modo di chiarire la propria posizione: «Sono considerata tra le donne più affermate in Italia, ma se mi chiedessero cosa scegliere tra mia figlia Ginevra e la presidenza non avrei dubbi, come madre non ho dubbi. La maternità ti regala qualcosa che nessun altra cosa ti può dare, ma non condivido che un traguardo possa togliertene un altro. Le politiche per la maternità non sono nemiche della donna, si può fare, non accetto il contrario: il messaggio che va dato è: “Fai le tue scelte libera e noi dobbiamo costruire le possibilità per farlo”».

Un breve passaggio anche sul “caso Degni”, sul quale il governo si sarebbe aspettato una presa di posizione netta da parte della sinistra: «Ho da chiedere se sia normale che persone nominate per incarichi super partes si comportino da militanti politici - incalza il capo dell'esecutivo -. Mi ha colpito molto che non ci sia stato nessuno a sinistra a dire due parole su questo tema: Paolo Gentiloni che l'ha nominato, Elly Schlein, io vengo chiamata in causa per qualsiasi cosa». La premier non si tira indietro neanche sul fronte delle concessioni balneari, oggetto di rilievo da parte del presidente della Repubblica: «Stiamo facendo una mappatura che, curiosamente, da quando c'è stata la normativa Bolkenstein nessuno ha ritenuto di dover fare. Abbiamo fatto un lavoro serio e ora l'obiettivo del governo è un riordino sui diversi pronunciamenti, un confronto con la Commissione europea per evitare la procedura di infrazione e dare certezze agli operatori del settore. Ora c'è una difficoltà per gli operatori e gli enti che non hanno norme chiare. È un tema che sarà oggetto del lavoro delle prossime settimane».

Più avanti arriva il momento di difendersi dalle accuse di voler "occupare” la Rai. Circostanza che offre l'occasione di ricordare come, «con il governo Draghi e dall'opposizione», Fdi non fosse presente nel Cda dell'azienda, «una cosa mai successa». Per questo ciò che l'esecutivo sta facendo è semplicemente «un lavoro di riequilibrio». «Arrivano richieste di dimissioni per un giornalista della Rai ad Atreju - argomenta ancora la premier - ma io sono stata criticata dai giornalisti della Rai ed è giusto così, stabiliamo delle regole di ingaggio». A proposito di Atreju, la presidente del Consiglio risponde anche alle critiche per l'invito a Elon Musk, padre grazie all'utero in affitto che il governo vuole rendere reato universale: «Ho invitato da 25 anni tutti quelli che hanno qualcosa da dire e ho applaudito tutti per rispetto. Elon Musk ha cose da dire, ha una sua rilevanza, anche sull'Intelligenza artificiale. Questo non cambia la mia posizione sui bambini che non si vendono, non possono scegliersi su un catalogo, pagare una donna povera non credo sia un progresso. L'ho vista sempre così».

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