domenica 2 ottobre 2022
Una serie di equivoci tra la Commissione di Bruxelles e il nostro ministero della Salute alla base dell’assurda decisione
La Regione Lombardia, dove vive la maggior parte dei lavoratori vittime del “declassamento” ha approvato una mozione per chiedere l’intervento del Governo. Ma da Roma finora nessun segnale.

La Regione Lombardia, dove vive la maggior parte dei lavoratori vittime del “declassamento” ha approvato una mozione per chiedere l’intervento del Governo. Ma da Roma finora nessun segnale. - Archivio Avvenire

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«La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività». Parole splendide quelle dell’articolo 32 della Costituzione, sì ma non per tutti. La carenza di medici di base – ne mancano circa 5mila – ha messo in difficoltà negli ultimi anni oltre due milioni di italiani che per ricette, visite o certificati di malattia sono costretti ogni volta a faticose peregrinazioni tra servizi di continuità assistenziale e guardie mediche, oppure devono puntare su un medico temporaneo. Quasi sempre con lunghe attese e insidie burocratiche. Ma con una certezza: il Servizio sanitario nazionale (Ssn) non abbandona nessuno, dal presidente della Repubblica all’immigrato sbarcato ieri. Tutto vero, o quasi. Perché c’è una categoria di persone a cui proprio non riesce di iscriversi al Ssn (o viene loro ritirata la tessera sanitaria), né tantomeno ad avere un medico di base. E non per disguidi burocratici o carenze di medici. Il 'declassamento sanitario' dei dipendenti delle istituzioni europee, in Italia circa 7mila persone compresi pensionati e familiari, è stato teorizzato in modo specifico. Cosa è capitato? Per una serie di equivoci quasi incredibili, il nostro ministero della Salute, su richiesta della Commissione europea, ha deciso che l’assicurazione complementare che i dipendenti delle istituzioni europee stipulano – e pagano regolarmente – al momento dell’assunzione, denominata Joint Sickness Insurance Scheme, non può coesistere con l’iscrizione al Ssn, perché offrirebbe coperture equivalenti e quindi non sarebbe giusto duplicare i relativi benefici.

Una decisione che vale per tutti i dipendenti delle varie sedi europee nel nostro Paese (Centro di ricerca di Ispra, Varese; European Training Foundation, Torino; Agenzia per la sicurezza alimentare, Parma; Istituto Universitario Europeo, Firenze; rappresentanza della Commissione, Roma), sia italiani che stranieri. Ma si tratta di una considerazione sbagliata. L’assicurazione sanitaria europea assicura in realtà solo un rimborso limitato, con massimali molto bassi, perché calcolati sulle tariffe medie di Bruxelles, dove per esempio la visita con uno specialista non supera i 100 euro, a differenza dei 300 e oltre che è necessario sborsare da noi. Il problema diventa poi drammatico quando si devono affrontare interventi chirurgici impegnativi. Nei giorni scorsi, a un ex dipendente delle istituzioni europee e paziente oncologico, che avrebbe dovuto sottoporsi a un’operazione per una complessa patologia in un ospedale lombardo, è stato presentato un preventivo di decine di migliaia di euro. «Lei non può usufruire del Ssn, siamo costretti a fare tutto privatamente con le tariffe relative», è stata la spiegazione. Ineccepibile, forse, dal punto di vista formale, ma ingiusta secondo il diritto costituzionale e insostenibile dal punto di vista economico. Anche perché dipendenti e pensionati non hanno mai smesso di pagare le tasse in Italia per un servizio che a loro, come a tutti coloro che sono privi del medico di base, spetterebbe a prescindere. E non si tratta di un caso isolato. Perfino la semplice vaccinazione contro il Covid diventa un problema senza iscrizione al Ssn e in questi mesi, per ottenerla, tanti dipendenti e pensionati delle istituzioni Ue, hanno dovuto far ricorso alla comprensione di alcuni medici di buon senso.


Senza tessera del Ssn tutto va pagato privatamente.
Qualche giorno fa un paziente oncologico si è visto presentare una fattura da decine di migliaia di euro

Di fronte alle proteste di dipendenti e pensionati delle istituzioni, la Commissione ha cercato, attraverso le Regioni, di ritirare le tessere sanitarie e bloccare l’accesso al Ssn, poi ha presentato una bozza d’accordo per il rilascio di tessere 'asteriscate'. Un’altra invenzione pensata apposta per stabilire discriminazioni tra cittadini europei. Di cosa si tratta? Una sorta di tessera depotenziata che non garantisce tutto quanto previsto dal Ssn e, soprattutto, esclude la funzione di card europea. Anche in questo caso un provvedimento a senso unico. Perché una tessera di 'serie B' per i dipendenti italiani e stranieri residenti in Italia e nulla per quelli di altri Stati Ue (ad esempio Danimarca, Svezia, Finlandia, Portogallo, Spagna)? Eppure anche in quei Paesi, in cui non è stata presentata alcuna ipotesi di declassamento, esiste un Servizio sanitario analogo a quello italiano. Per contrastare questo progetto, tra dipendenti e pensionati della Commissione Ue è nata un’associazione, denominata 'Articolo32' (in riferimento appunto alla Costituzione), che ha investito della vicenda la Regione Lombardia, dove abita il maggior numero di persone coinvolte, oltre quattromila. La situazione è stata esaminata dal Consiglio regionale nel giugno scorso. Di fronte alle evidenze sottolineate dai dipendenti, la Regione ha deciso di attivarsi con una mozione per invitare il Governo e la Commissione europea a sospendere l’iter di attivazione dell’accordo, esaminare il caso e coinvolgere nelle trattative anche le rappresentanze dei dipendenti. Tutto bloccato, forse. Ma la situazione è sempre in bilico. E ora, semmai se ne vorrà occupare, la palla passa al prossimo Governo. Il diritto ad avere un medico di base e l’accesso ordinario al Ssn rimangono purtroppo un’ipotesi lontana.

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