martedì 30 luglio 2013
Iniziato il terzo grado di giudizio in Cassazione a carico di Silvio Berlusconi. Il pg nella requisitoria: «Fu lui a ideare il meccanismo». Ma chiede di ridurre a tre gli anni di interdizione dai pubblici uffici. Entro giovedì la sentenza.
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In Cassazione è iniziato il terzo grado di giudizio del processo per i diritti Mediaset a carico di Silvio Berlusconi. La suprema corte dovrà decidere se confermare la condanna di quattro anni (e cinque di interdizione dai pubblici uffici) emessa in appello. Il pg Antonio Mura, nella requisitoria, ha sottolineato: "Posso senz'altro affermare che dall'osservazione delle modalità di svolgimento di questo processo le regole di legge sono state rispettate e non c'è contrasto con i principi del giusto processo". Il pg ha aggiunto che nel meccanismo di fatturazioni fittizie emerso nel processo Mediaset si rileva "una continuità del sistema" che aveva il duplice obiettivo di "gonfiare i costi per benefici fiscali e produrre pagamenti per la costituzione all'estero di ingenti capitali". Dunque, per il pg, "sono presenti tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di reato di frode fiscale ascritta agli imputati". Anzi, secondo il pg fu proprio Silvio Berlusconi "l'ideatore del meccanismo delle frodi fiscali" oggetto del processo. Infine, secondo Mura, è stato "perdurante il controllo di Berlusconi su Mediaset" anche durante i suoi incarichi politici e di governo. La sentenza è attesa per mercoledì o giovedì.Il pg ha tuttavia chiesto di ridurre l'interdizione dai pubblici uffici, che in appello fu quantificata in cinque anni. "Ferma la condanna per il reato di frode fiscale, la pena della reclusione e l'interdizione dai pubblici uffici, occorre ricondurre questa sanzione accessoria ai termini di legge" e propone tre anni.L'interdizione dai pubblici uffici per cinque anni per Silvio Berlusconi "era un errore palese". Così l'avvocato Franco Coppi ha risposto ai giornalisti che gli chiedevano se fosse soddisfatto della richiesta di rideterminazione della pena accessoria da parte del pg sul caso Mediaset; il legale ha quindi aggiunto: "Per il resto rimango ammirato dallo sforzo del Pg di difendere una sentenza che è indifendibile".Berlusconi: sono ottimista (Vincenzo R. Spagnolo)Tremilatrecento passi separano il Palazzaccio della Cassazione, in piazza Cavour, da palazzo Grazioli, in via del Plebiscito, dove Silvio Berlusconi ha scelto di trascorrere la lunga notte della vigilia, discutendo le ultime strategie coi suoi avvocati. Chi gli è vicino, riferisce di uno stato d’animo fiducioso: «Sono abbastanza ottimista: non possono condannarmi. Se non c’è pregiudizio, se non ci sono pressioni, la Cassazione non può che riconoscere la mia innocenza...» ha anticipato lui stesso nel colloquio con Libero dell’altro ieri (poi smentito ma nel frattempo rilanciato su Facebook), nel quale ha aggiunto, col piglio che lo contraddistingue: «Non farò l’esule come Craxi: se mi condannano vado in carcere. Né accetterò di essere affidato ai servizi sociali, come un criminale che deve essere rieducato: ho quasi 78 anni e avrei diritto ai domiciliari, ma se mi condannano, se si assumono questa responsabilità, andrò in carcere...».L’ora x è fissata per stamani alle dieci, quando i cinque giudici della Sezione feriale della suprema Corte si riuniranno per dare il via al terzo grado di giudizio nel processo per i diritti tv Mediaset. Berlusconi, difeso dal professor Franco Coppi e dal senatore-avvocato Niccolò Ghedini, è imputato per frode fiscale e si presenterà con una condanna (decisa in primo grado e confermata in Appello) a 4 anni di reclusione (3 condonati da indulto) più altri 5 (fatto che più conta per i suoi avversari politici) d’interdizione dai pubblici uffici.La stima dei giudici è che una parte del reato si prescriva ai primi di agosto, da qui la necessità di procedere in sessione estiva, anziché in autunno. Calcolo che però i legali del Cavaliere contestano, sostenendo che la prescrizione scatterebbe dal 26 settembre. Né Coppi né Ghedini hanno anticipato quale strategia seguiranno oggi. In ogni caso, fonti giudiziarie rilevano come la richiesta di un rinvio potrebbe fruttare alla difesa una quarantina di giorni per ultimare le arringhe, visto che il processo dovrebbe restare alla Sezione feriale, che termina il suo lavoro entro il 15 settembre, e non tornare alla Terza, competente sui reati tributari. C’è invece chi assicura che la sentenza arriverà presto, entro domani o giovedì.Lunga o breve che sia, l’attesa viene vissuta dal Cavaliere e dall’Italia intera col fiato sospeso: in ballo non c’è solo l’eventuale detenzione di uno dei protagonisti dell’ultimo ventennio politico («Il carcere non è in questione – ragiona un esperto –. Berlusconi ci finirebbe solo se evadesse dai domiciliari»), ma le stesse sorti del Pdl, del Parlamento e del governo in carica. Se dovesse arrivare una condanna, confida una fonte del centrodestra, «un day after nel partito sarebbe comunque inevitabile. Berlusconi è responsabile e ripete che l’appoggio a Letta non mancherà, ma la tensione fra i falchi e le colombe» (in primis il segretario Angelino Alfano e gli altri quattro ministri) «è altissima...». C’è chi minaccia «caos nelle strade» e chi invece assicura «responsabilità». Il capogruppo al Senato, Renato Schifani, usa toni accorati e quasi scaramantici: «Confidiamo che la Cassazione possa confermare l’innocenza a cui noi crediamo». Ma all’invito del presidente della Camera Laura Boldrini («Qualunque sia la decisione della Cassazione, non dovrà avere ripercussioni sulle attività parlamentari»), replicano infuriati Fabrizio Cicchitto e Daniela Santanché, perché qui non è in gioco «un singolo caso giudiziario». Anche il travagliato Pd, diviso tra le responsabilità di governo e la difficoltà a di restare nella maggioranza se Berlusconi sarà condannatò, avverte: se il Pdl avrà reazioni eversive, l’alleanza cadrà. Mentre il Quirinale tace e osserva, vicino  via del Plebiscito, c’è un terzo palazzo dove le ore dell’attesa sono infinite. È Palazzo Chigi, dove si progetta l’azione di governo con un occhio alla sentenza. Il premier Enrico Letta, da Atene, ostenta sicurezza: «Sono assolutamente tranquillo, non penso che ci saranno terremoti, l’Italia è più stabile di quanto ci si aspetti». Stessa tranquillità dal ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, mentre il titolare degli Affari regionali, Graziano Delrio, ammette: «Sono un po’ preoccupato. Ma se qualcuno vorrà far cadere il governo, gli italiani ne trarranno le conseguenze...». ​​​​

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