martedì 19 maggio 2009
Il ministro dell'Interno da ieri a Tripoli: vuole portarvi l'ufficio Onu. Al via un tavolo con l'Anci per definire l'accoglienza nei grandi comuni. Il sì di Moratti e Chiamparino.
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Tocca al Ministro dell’interno Maroni gettare acqua sul fuoco delle polemi­che con l’Alto commissariato delle Na­zioni Unite per i rifugiati (Acnur). Sulla questione dei respingimenti, il titolare del Viminale ieri si è mosso per chiudere il caso e, pur senza mai nominare il botta e risposta avvelenato tra il collega della difesa Ignazio La Russa e l’uffi­cio dell’Onu, dopo un vertice alla prefettura di Milano ha preso le distanze definendo la polemica «incomprensibile». «Dico basta – ha aggiunto – quello che è sta­to detto è stato detto. Non tutte le opinioni sono uguali, ma vanno comunque rispetta­te. A mio giudizio innalzare i toni potrebbe pregiudicare il buon lavoro fatto in questi dieci mesi». Maroni ha precisato che il lavoro con la Li­bia non è ancora finito, «stiamo definendo nei dettagli il modello di pattugliamento». Cosa significa? Da ieri sera in missione a Tri­poli, Maroni, oltre a discutere i dettagli tec­nici sul presidio con le motovedette appena consegnate dal nostro governo alla marina libica nelle acque territoriali e internaziona­li nel Golfo della Sirte, intende parlare con gli uomini del colonnello Gheddafi del ruolo «fondamentale» che potrebbe svolgere l’Unhcr in Libia. «È fondamentale per l’Italia – ha puntualiz­zato Maroni – mantenere buoni rapporti con tutte le organizzazioni internazionali». Il ragionamento del ministro leghista coin­volge i quattro attori della questione respin­gimenti, vale a dire Roma Tripoli, la Com­missione europea e Unhcr. «All’Italia – ha detto – interessa frenare l’on­data di sbarchi sulle nostre coste, perciò stia- mo attuando i respingimenti applicando il trattato bilaterale con la Libia firmato dal go­verno Prodi e non torneremo indietro. Alla Libia interessa arginare il flusso di arrivi dal­l’Africa subsahariana che li sta travolgendo, mentre all’Ue abbiamo chiesto di dividere la quota dei rifugiati perché non possiamo fare i gendarmi d’Europa. Infine all’Unhcr interessa che chi ne ha diritto possa ottene­re il riconoscimento dello status di rifugiato o la protezione umanitaria». Abbassare i toni per cercare un punto di e­quilibrio, insomma, che potrebbe essere l’a­pertura di un ufficio dell’Unhcr a Tripoli do­ve i richiedenti asilo possano avviare la pro­cedura e ottenere dall’Europa la risposta in tempi brevi. E all’obiezione che la Libia non ha aderito alla Convenzione di Ginevra che regola la questione dei rifugiati, Maroni ha ribadito di averne parlato con l’ambasciato­re libico in Italia ricevendo un assenso. Si è parlato anche dei rifugiati già in Italia e di minori non accompagnati in un vertice con il sindaco di Milano Moratti e quello di Torino Chiamparino, presidente provviso­rio dell’Anci. Nel 2008 sono state accolte nel nostro paese 10 mila richieste di asilo e so­no arrivati nella Penisola 7mila minori non accompagnati. Senza una legge organica in materia, la garanzia dei loro diritti grava, su base volontaria, sui grandi comuni che ora chiedono aiuto. Il ministero dell’Interno ha deciso di istituire un tavolo di confronto con l’Anci per varare una regia nazionale. «Sono tre – ha spiegato il ministro –le que­stioni da affrontare: un programma nazio­nale con eventuali modifiche alla normati­va attuale. Secondo, la definizione di stru­menti per redistribuire l’accoglienza tra di­versi Comuni con finanziamenti stabili». Pro­posta soddisfacente per Moratti e Chiam­parino. Nel dibattito sull’immigrazione è interve­nuto ieri a Matera il Presidente della Came­ra Gianfranco Fini. Per il futuro, ha dichiarato, «serve garantire l’integrazione della generazione Balotelli». «Di chi – ha aggiunto – anche se non nato in Italia o dal colore della pelle diversa dal no­stro, parla in italiano o addirittura in dialet­to. È necessario ricordare quella che è stata la storia degli italiani emigrati». L’immigrazione è «una sfida culturale diffi­cile, ma non impossibile, da affrontare con lungimiranza evitando l’utilizzo di scimitar­re e anatemi. Fino a quando non diminuirà la differenza tra i Paesi del nord e quelli del sud del pianeta, la questione è destinata ad ampliarsi. Il primo dovere è aiutare i Paesi da cui provengono gli immigrati a creare con­dizioni di vita nel rispetto dei diritti umani». Fini è convinto che non bisogna commette­re gli errori fatti da altri Paesi occidentali. «In particolare non bisogna imporre l’assimila­zione e il melting pot. Ed è essenziale l’ap­prendimento della lingua italiana». Infine ha riconosciuto che l’attuale legge sull’immi­grazione, che porta anche il suo nome, ne­cessita di qualche modifica. Maroni e i sindaci Moratti e Chiamparino
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