venerdì 29 aprile 2011
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«La prima dichiarazione di Roberto Ma­roni parla di «insoddisfazione» per la bocciatura della Corte di giustizia eu­ropea alla detenzione per il reato di clan­destinità. Ma è un termine che non rende lo stato d’animo del ministro dell’Interno di fronte a un pronunciamento che «rischia di fatto – dice – di rendere impossibili le e­spulsioni ». E che dà la stura al mai sopito an­tieuropeismo padano: «L’Europa ci compli­ca la vita», sbotta Maroni. L’irritazione del ministro, nella maggioran­za diventa ira funesta. Mario Borghezio del­la Lega tuona: «Cosa ci stiamo a fare in que­sta Ue?». Maurizio Gasparri del Pdl grida: «Sbaglia l’Europa, non l’Italia». E Isabella Bertolini boccia i giudici autori di «un pas­so indietro sulla sicurezza e la legalità». Plau­de l’opposizione. «Maroni patetico nel suo continuo lamento con la Ue», dice Livia Tur­co per il Pd. «Messa a nudo la violazione dei diritti umani», chiosa Rosy Bindi. «Giudici comunisti?», ironizza Pier Ferdinando Ca­sini dell’Udc. «Dittatura strisciante», tuona Antonio Di Pietro dell’Idv. «Era una norma demagogica», sostiene Benedetto Della Ve­dova di Fli. Per la portavoce dell’Unchr Lau­ra Boldrini «nessuna meraviglia: ora l’Italia recepisca la direttiva sui rimpatri». «Sen­tenza attesa», commentano gli avvocati del­l’Unione delle camere penali. «È una decisione che mi lascia insoddisfatto», dice dunque a denti stretti Maroni. «Per­ché ci sono altri Paesi europei che prevedo­no il reato di clandestinità e non sono stati censurati, e perché l’eliminazione del reato accoppiata a una direttiva europea sui rim­patri rischia di fatto di rendere impossibili le espulsioni». La Commissione europea a­veva scritto a gennaio all’Italia e ad altri ven­ti Stati membri che non avevano recepito la direttiva comunitaria sui rimpatri entro la scadenza fissata, il 24 dicembre 2010. Secondo il ministro dell’Interno «il rimpa­trio così concepito trasforma le espulsioni in una semplice intimazione ad abbando­nare l’Italia entro sette giorni. Ciò rende as­solutamente inefficace – scandisce – il con­trasto all’immigrazione clandestina». Ma­roni si sfoga: «L’Europa non ha dato una ma­no, ma anche oggi, come si vede, ci complica la vita». Perché, chiede il Viminale, «se la prende solo con l’Italia?». Poi si sforza di rientrare nel ruolo istituzionale: «Nei pros­simi giorni mi riservo di valutare le conse­guenze di questa sentenza e vedere come porvi rimedio». L’uscita contro Bruxelles dà il la - ammesso che ce ne fosse bisogno - all’antieuropei­smo del Carroccio. «Tutto il mondo civile, U­sa in testa e vari paesi europei, sanziona pe­nalmente l’immigrazione clandestina», at­tacca l’eurodeputato Mario Borghezio. Ma la Corte «sanziona esclusivamente» l’Italia. Come mai? «Forse perché l’Italia non con­ta un c... E allora che ci stiamo a fare in que­sta Ue?». I Giudici della Corte europea «vi­vono sulla luna», incalza l’eurodeputato Matteo Salvini: «Chi se ne frega dell’enne­simo pronunciamento a favore dei clan­destini – taglia corto – e si vada avanti con espulsioni e arresti. Invece delle bombe, Berlusconi ridiscuta i 14 miliardi che man­diamo a Bruxelles ogni anno». Stessa linea del senatore Paolo Franco: per la Corte eu­ropea, «che ci impone di tenerci gli immi­grati, pare proprio che gli italiani valgano meno dei clandestini». Un altro leghista, il governatore del Veneto Luca Zaia, parla di «intervento a gamba tesa» e «tempismo sospetto che avvalora la mia considera­zione di un’Europa sorda alle nostre ri­chieste ». Insomma: «Oltre al danno la bef­fa, siamo stati lasciati soli ora veniamo an­che penalizzati». Nella maggioranza si distingue invece il sot­tosegretario Carlo Giovanardi, che ricorda come fin dal 2008, alla vigilia cioè dell’in­troduzione del reato di clandestinità, aveva definito la norma «dannosa e ingestibile» perché avrebbe intasato il circuito penale.
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