lunedì 1 gennaio 2024
In centinaia nella città di frontiera hanno trascorso l'ultima sera del tormentato 2023 partecipando alla 56esima Marcia della pace
La Marcia per la pace a Gorizia

La Marcia per la pace a Gorizia - P.L.

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«Non lasciamo solo papa Francesco, unica voce che dice no alla guerra e agli interessi enormi del mercato delle armi. L'unico a chiedere il cessate il fuoco in tutte le guerre, in particolare in Terrasanta e in Ucraina».

È la richiesta, sintetizzata dal consigliere nazionale di Pax Christi don Renato Sacco, delle centinaia di persone che sotto la pioggia nella piccola e incantevole Gorizia hanno trascorso l'ultima sera del tormentato 2023 partecipando alla 56esima marcia della pace. Che verrà ricordata per aver superato i confini indicando la via per trovare la pace nonostante decenni di tragedie e lacerazioni.

Organizzata da Pax Christi, dall'arcidiocesi, dalla commissione episcopale per la pace, il lavoro, i problemi sociali e la giustizia della Cei, da Caritas italiana, Azione cattolica e per il secondo anno dal Movimento dei focolari, incentrata sul tema Intelligenza artificiale e pace, è stata per la prima volta transfrontaliera.

Iniziata al sacrario dei caduti della prima guerra mondiale a Oslavia, ha attraversato i luoghi simbolo dei due conflitti mondiali per varcare l'ex confine sloveno in quello che oggi è territorio comune europeo per concludersi nella concattedrale del Redentore a Nova Goriça, la città gemella edificata dal regime titino nel secondo dopoguerra quando venne tirata sulla carta dagli Alleati una linea di confine che tagliava in due famiglie, strade, vite e persino i cimiteri.

Un momento della Marcia per la pace a Gorizia

Un momento della Marcia per la pace a Gorizia - P.L.

Il messaggio di speranza della marcia della pace del 31 dicembre 2023 è contenuto in una mattonella in mezzo alla piazza Transalpina, una volta divisa in due dal muro del dopoguerra. Indica che di qua stava Gorizia, l'Italia e l'occidente libero, di là l'ex Jugoslavia, il comunismo e l'est slavo. Oggi stanno insieme e saranno capitale della cultura del 2025 grazie a questa storia unica, ma ripetibile. Gorizia ha superato il confine e le lacerazioni della storia grazie all'Unione europea, nella quale la Slovenia indipendente è entrata 20 anni fa e grazie alla capacità delle due comunità di superare le divisioni.

E può riproporre un messaggio di pace con il silenzio commosso davanti alla sinagoga illuminata da centinaia di candele per fare memoria di una comunità ebraica sterminata dai nazisti che occuparono Gorizia e con i canti che invocano oggi pace sulla Terra Santa e su Gaza.

Alla marcia hanno preso parte, oltre all'arcivescovo di Gorizia Carlo Roberto Maria Redaelli, il cardinale Arrigo Miglio, arcivescovo emerito di Cagliari e amministratore apostolico di Iglesias, il presidente di Pax Christi Italia e amministratore apostolico di Altamura Giovanni Ricchiuti, l'arcivescovo di Catania e presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace della Cei Luigi Renna ed Enrico Trevisi, vescovo di Trieste, che nel luglio 2024 ospiterà la settimana sociale dei cattolici italiani. All'avvio della marcia è Ricchiuti a commemorare il vescovo Luigi Bettazzi, morto il luglio scorso a 99 anni che non aveva mai mancato una marcia e che definisce "uomo del futuro perché uomo di pace".

Davanti al centro salesiano di san Luigi, che ospita 80 minori stranieri non accompagnati provenienti dalla rotta balcanica, il neo direttore della Caritas Triestina padre Giovanni La Manna - a lungo responsabile del centro Astalli - ricorda che questi sono vittime delle guerre "E la nostra ignoranza ci porta a dimenticare i conflitti dai quali devono fuggire. Mentre l'arte della diplomazia si è inceppata, a noi interessa solo vendere armi".

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Il filosofo dell'università di Udine Luca Grion affronta nella chiesa di sant'Ignazio il tema difficile, ma ineludibile della marcia. "Dobbiamo fare pace con l'intelligenza artificiale, accettarla come parte di questo tempo. Perché l'uso pro o contro l'umanità dipende da noi e dalla nostra capacita di parpartecipazione democratica ".

La messa conclusiva a nova Goriça si apre con la testimonianza d Giuditta, attivista della campagna "ponti non muri", ultima italiana a lasciare Gaza dove si trovava il 7 ottobre e dove ha visto l'attacco contro Israele e la reazione. "Ci sono quasi due milioni di profughi senza casa che invocano non la tregua, ma un cessate il fuoco duraturo e l'apertura di un dialogo".

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Infine l'arcivescovo di Gorizia Carlo Roberto Maria Redaelli, presidente di Caritas italiana, che ricorda come dal tragico abbraccio di Gorizia a due guerre mondiali e alla divisione della cortina di ferro derivi la lezione per costruire un nuovo anno di pace. "Abbiamo ripercorso i luoghi simbolo e abbiamo celebrato la messa a Nova Goriça sopra un rifugio antiatomico. Occorre superare i confini e guardare lontano, a cominciare dai confini che abbiamo dentro".


Nel 1992 san Giovanni Paolo disse che Gorizia rivestiva la singolare missione di porta dell'Italia che mette in comunicazione mondo latino e slavo. Oggi è una porta di pace.

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