sabato 14 ottobre 2023
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio lancia poi un allarme jihadismo: usano i migranti come strumento di pressione sulla Ue
Mantovano avverte le toghe: giudici applichino le leggi

ANSA

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«La cosa di cui tutti dovremmo preoccuparci è che la gestione di un fenomeno così complesso e delicato come l'immigrazione non può passare per la via giudiziaria e non può accadere, forse questa è la cosa più grave di tutte, con la distorsione del sistema asilo».

Alfredo Mantovano insiste e spiega: «Se un migrante intende entrare regolarmente in Italia c'è il decreto flussi, 400mila unità sono arrivate, non stiamo parlando di residui. Se fugge da una persecuzione ha titolo per ottenere lo status di rifugiato ma non esiste che lo strumento dell'asilo venga dilatato per far entrare in Italia chiunque arrivi irregolarmente: la distorsione delle norme sull'asilo fa male agli stessi richiedenti». Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio non vuole legare il suo ragionamento al caso della giudice Apostolico.

«Non è mai opportuno personalizzare le questioni anche se sono rivelative», dice Mantovano che arriva al punto: «C'é una sorta di egemonia culturale all'interno della magistratura italiana per cui se c'è un vuoto normativo il giudice lo colma e se c'è una legge che non piace il giudice la disapplica». E allora? «Il giudice ha lo strumento dell'eccezione di legittimità costituzionale. E in caso di norma comunitaria anche il ricorso alla Corte. La disapplicazione in presenza di una fonte comunitaria è sempre un caso estremo, quando una norma è evidentemente illegittima ma il capo dello Stato non firma norme illegittime». Mantovano poi lega jihadismo e migranti. «Dal primo gennaio a oggi sono arrivati 180mila migranti in modo irregolare... Non credo che il cambiamento climatico si sia concentrato nel giro di pochi mesi su Mali, Camerun e Burkina Faso.

Cosa è successo quindi? L'incentivazione degli effetti migratori diventa uno strumento di pressione da parte del jihadismo nei confronti dell'Europa, poi l'Italia è la più vicina e la gran parte arriva qua». Secondo Mantovano, «un flusso così consistente consegna all'Italia una massa di soggetti che entrando in modo irregolare vengano attratti da suggestioni criminali ma anche potenzialmente terroristiche dall'altro verso».

Ecco l'allarme. «Oggi la dimensione dell'attacco è, ancora più che nel passato, più complicata da prevenire perché la minaccia può venire da singoli che non frequentano moschee ma si indottrinano online e poi decidono di passare all'azione... In Italia tutto questo viene monitorato. Ci sono articolazioni del sistema sicurezza che seguono l'apologia online del terrorismo; però tutti noi comprendiamo che si tratta di un lavoro difficile perché non si affronta un fiume in piena ma mille rivoli d'acqua e qualcuno può anche sfuggire. È un lavoro complesso che oggi vede ancora più concentrate le forze di polizia e l'intelligence su questo obiettivo». Il sottosegretario si concentra sulla guerra Hamas-Israele.

«L'attacco terroristico sferrato da Hamas non ha come obiettivo soltanto Israele, che già è una cosa grossa. La posta in gioco è più elevata: essere apripista del jihadismo», dice Mantovano che spiega: «L'errore è stato quello di ritenere che dopo la sconfitta dell'Isis, nel 2017, la partita fosse finita. Ecco perché non possiamo avere l'atteggiamento di chi dice "non sono fatti miei". Se vuoi il monopolio del jihadismo fai un appello che non conosce confini. La solidarietà a Israele è qualcosa che va oltre la vicinanza. La guerra si combatte su confini molto più ampi». Secondo Mantovano, lo sforzo per difendere Israele, quindi, ci riguarda molto da vicino.

Ma c'erano avvisaglie rispetto a quello che Israele stava per subire? «Errori ce ne sono stati tanti. Ci siamo dimenticati del jihadismo fino a una settimana fa. C'è stato un colpevole silenzio. Di solito il silenzio si accompagna al sonno delle opinioni pubbliche. Ora il risveglio è stato molto brusco, ma l'auspicio è che sia un risveglio completo. L'attacco non è come tutti gli altri, ha una matrice religiosa. Forse varrebbe la pena recuperare quella lezione che Benedetto XVI tenne a Ratisbona: ha ancora tanto da dirci». E qual era il messaggio cardine di quella lezione? «Che non esistono steccati invalicabili, si può trovare un radice comune nella ragionevolezza. La fede non si impone con la spada. Molti dei paesi che oggi hanno una prevalenza di confessione islamica non sono distanti da questa prospettiva, Tutto questo va coltivato».











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