giovedì 29 settembre 2011
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La scienza non sarebbe stata all’altezza delle sue promesse nell’affrontare la piaga del cancro. E oggi – sostiene un gruppo internazionale di ricercatori – ci troviamo nell’assurda situazione di non riuscire più a pagare cure sempre più costose che non funzionano mai al cento per cento. In un articolo pubblicato su Lancet Oncology 37 medici guidati dall’inglese Richard Sullivan hanno scritto che «i costi per curare il cancro in Occidente stanno crescendo enormemente e sfoceranno presto in una crisi». Il rapporto del team parla di una «cultura dell’eccesso e dello spreco» dove «poche prove confermano la validità dei nuovi trattamenti e tecnologie». Ci sarebbe solo una cosa da fare: tagliare i costi e ridurre le terapie. Ma per il professor Sullivan non si tratta solo di una questione di costi: c’entra anche l’efficacia del trattamento. «A volte – afferma – le cure sono futili, come accade nel caso di tante chemioterapie costosissime quanto inutili». I dati a suo avviso dimostrerebbero che «una quota sostanziosa di spese per le cure anti-cancro si concentra negli ultimi mesi di vita», ma si tratterebbe in molti casi di cure «inutili o contrarie agli obiettivi e alle preferenze di molti pazienti» che le rifiuterebbero «se fossero adeguatamente informati». Per gli estensori dell’articolo in molti casi sarebbe più indicato concentrare gli sforzi dei medici sulle cure palliative invece che dedicarsi a nuove terapie non sperimentate. Bastano questi argomenti per rendersi conto che l’idea sottesa all’articolo – ospitato da una prestigiosa rivista scientifica – potrebbe essere usata come pretesto per giustificare i tagli alla spesa sanitaria resi sempre più necessari dalla crisi, o per alleggerire gli staff sanitari degli ospedali. «Ancora più grave – è il commento di Josephine Quintavalle dell’associazione pro-life Core – è il fatto che si finirebbe col togliere al malato la speranza di farcela. È un dovere del medico, invece, fare il possibile per salvare la vita del paziente. Sono contro l’accanimento terapeutico, ma non bisogna mai sminuire il valore della vita». Tagliare le cure per il cancro, continua Quintavalle, «potrebbe anche scatenare una reazione a catena, con altri reparti che decidono di fare lo stesso. E il dovere di curare il malato diventerebbe una variabile relativa». La notizia della lettera-appello dei medici che vorrebbero risparmiare sui malati terminali ha suscitato reazioni anche in Italia. Per il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella si tratta di un documento insensato: «La situazione va valutata caso per caso – ha spiegato –. Contro l’accanimento terapeutico siamo tutti d’accordo, temo invece che dietro simili dichiarazioni, in un momento così complesso di crisi economica, si cerchi di aprire a possibili tagli futuri su queste cure». Per la Roccella ci sarebbero infatti già gli strumenti per limitare o evitare le cosiddette «cure futili» senza doversi avventurare in distinguo su quel che è necessario o è inutilmente costoso.La Gran Bretagna è stata il primo Paese al mondo a riconoscere la validità medica delle cure palliative e, come spiega la baronessa Ilora Finlay, da sempre leader alla Camera dei Lord della battaglia contro il suicidio assistito e l’eutanasia, «la nostra nazione è stata appena citata sull’Economist come la prima di 40 nazioni Ocse per la qualità delle cure nel fine vita». Nel Regno Unito, continua, «a differenza di altri Paesi, la medicina palliativa è riconosciuta clinicamente da 25 anni. Ci sono reparti di medicina palliativa nella maggior parte degli ospedali: si tratta di reparti specializzati nei sintomi dei malati terminali». Ma «le cure palliative e le cure per una malattia specifica come il cancro sono due cose diverse. Ed entrambe hanno bisogno di fondi propri: non si sostituiscono a vicenda, anche perchè questo diffonderebbe un messaggio sbagliato». Per i 37 medici, tuttavia, le pressioni economiche sono destinate a farsi insostenibili. «Il costo dei trattamenti – sostengono – sarà presto di 286 miliardi di dollari l’anno.Sono 12 milioni le persone cui ogni anno nel mondo viene diagnosticato un tumore, dato destinato ad aumentare fino a 27 milioni entro il 2030. Le cure oncologiche stanno diventando un grande problema economico, con l’aumento della spesa sanitaria. In Gran Bretagna il costo delle cure per i tumori al seno è salito del 10% ogni anno dal 2007. «Di solito gli aumenti sono spinti dalle innovazioni – continua l’articolo apparso su Lancet –. Spendiamo di più perché possiamo fare di più per i pazienti. Il numero delle medicine per il cancro è salito, per esempio, da 35 negli anni ’70 a quasi cento». Eppure, sostengono i ricercatori, pochi trattamenti sono risolutivi, con «costi sostanziosi e benefici limitati». È sufficiente ad abbandonare un paziente terminale al suo destino?
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