giovedì 21 marzo 2019
Il vescovo di Padova, Claudio Cipolla: contrastare ogni forma di illegalità partendo da uno stile di vita puro
È iniziata ieri sera con la veglia nella Basilica di Sant’Antonio da Padova la XXIV Giornata della Memoria promossa da Libera e don Luigi Ciotti. Oggi il corteo con la lettura dei nomi di tutte le vittime (FOTO: Boato)

È iniziata ieri sera con la veglia nella Basilica di Sant’Antonio da Padova la XXIV Giornata della Memoria promossa da Libera e don Luigi Ciotti. Oggi il corteo con la lettura dei nomi di tutte le vittime (FOTO: Boato)

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Oggi a Padova si svolgerà la XXIV Giornata della Memoria e dell’Impegno che ricorda di tutte le vittime innocenti delle mafie. Un appuntamento promosso da Libera e da don Luigi Ciotti e che ha avuto il convinto sostegno della diocesi perché, sottolinea il vescovo, monsignor Claudio Cipolla, «riguarda anche noi, anche il Veneto».

Come riguarda il Veneto?
Penso soprattutto alle vittime che non sono state riconosciute come vittime di mafia, a quelli che si sono tolti la vita, silenziosamente.

Il drammatico fenomeno dei suicidi di tanti imprenditori, proprio nella vostra regione.
Esatto. Ma penso anche a famiglie che sono state devastate da comportamenti frutto di illeciti, di illegalità, di ingiustizie. Quante sono le nostre case che hanno sofferto! Qualcuno è arrivato a gesti estremi, altri non hanno avuto nemmeno questa reazione e hanno accettato di ritirarsi nel silenzio.

Cosa può fare la Chiesa per loro e più in generale per tutte le vittime?
Vorrei offrire la spalla delle co- munità cristiane e di ogni cristiano come luogo privilegiato a cui appoggiarsi per condividere questo dolore e le sue lacrime, dove non sentirsi soli e potersi unire gli uni agli altri per aprirsi alla speranza, come miracolo della fraternità. Non le frasi fatte recitate a memoria, ma il coraggio del silenzio, del contatto, dell’ascolto e dell’accoglienza di fronte al loro dolore. Per continuare a impegnarsi per un Paese che cammina in avanti, nella giustizia, nella pace. La Chiesa che presiedo da tempo ha scelto di camminare con gesti concreti con uno stile puro rispetto a ogni mafia e illegalità.

Come sta affrontando la Chiesa padovana la 'scoperta' che la mafia c’è anche in Veneto?
Non è veramente una scoperta. È una percezione che c’era già da tempo e che io stesso ho raccolto e verificato a partire dalla mafia del Brenta. Questo ci dice che c’è un tessuto che in qualche modo si riconosce in queste attività criminali. Così l’impegno per contrastare forme di malavita, come diocesi lo portiamo avanti contrastando ogni forma di illegalità a partire dal nostro stile di vita, favorendo il più possibile la trasparenza. Il nostro modo di operare nelle realtà ecclesiali è proprio dettato dal desiderio e dall’intenzione di rispettare tutte le normative soprattutto nel campo della contabilità e della gestione economica. Già da tre anni pubblichiamo il bilancio della diocesi affinché tutti possano vedere come utilizziamo i nostri soldi e quali sono i nostri soldi. È un cammino che abbiamo fatto consapevolmente sapendo di essere in questo anticipatori di uno stile che immaginiamo possa diventare di tutta la Chiesa.

E verso l’esterno?
Chiediamo a tutti noi di essere più attenti a tutte quelle forme non facilmente visibili e non facilmente individuabili per contrastare le mafie. Già da tempo alcuni nostri sacerdoti sono impegnati espressamente in Libera. Un impegno che abbiamo approvato e favorito.

Riconoscere la presenza delle mafie è anche riconoscere delle debolezze che aiutano, che favoriscono l’infiltrazione. Più un fatto culturale, di educazione, che solo giudiziario.
È un lavoro culturale che ha bisogno di un supporto da parte delle famiglie e delle agenzie educative di base, e credo che sia quello principale. Dobbiamo assolutamente insistere. Forse abbiamo perso un po’ il contatto capillare con tutte queste realtà che sono in grado di educare ad una valorizzazione nuova e più significativa della legalità, proprio come stili di vita.

Legalità strettamente legata alla giustizia che non è solo la giustizia dei tribunali.
È sentirsi parte di una collettività della quale ciascuno si sente responsabile e alla quale ciascuno deve dare il proprio contributo. Legalità che è dunque parte di una società complessa e di una collettività che ha bisogno dell’apporto di ciascuno perché solo l’apporto di ciascuno crea la giustizia.

Quindi la Giornata della memoria è anche un momento di riflessione su se stessi, sulla propria comunità?
Certamente. Io la vivo per dire che noi come Chiesa siamo dalla parte di coloro che hanno sofferto e sono vittime di queste forme mafiose, siamo dalla parte della legalità e vogliamo legalità e giustizia per la quale noi ci sentiamo debitori. Anche noi dobbiamo dare tutto quello che è possibile, a partire dal nostro stile di vita ecclesiale.

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