martedì 4 dicembre 2018
Sventati i piani di Settimo Mineo, reggente del mandamento mafioso di Pagliarelli e già ribattezzato “l'erede di Riina”: voleva ricostituire la commissione provinciale delle cosche
Settimo Mineo, 80 anni, al momento dell'arresto a Palermo

Settimo Mineo, 80 anni, al momento dell'arresto a Palermo

COMMENTA E CONDIVIDI

Cosa nostra si rivolge all’'usato sicuro' per rifondare gli assetti di governo, dopo la scomparsa del capo dei capi Totò Riina. Palermo torna 'capitale', ma con una ricostruzione attraverso il rispetto delle vecchie regole: la spartizione territoriale sulla base di confini rigidi, la collaborazione fra mandamenti, la nomina di capi condivisi, il richiamo per chi sbaglia. E gli affari si confermano quelli di sempre: estorsioni, traffico di droga e l’immancabile gioco d’azzardo.

Ecco il quadro della mafia palermitana ricostruito in presa diretta dagli investigatori, che sono riusciti a intercettare gli esiti di un summit di mafia organizzato lo scorso 29 maggio, a sei mesi dalla scomparsa del boss stragista corleonese, e a identificare e arrestare il nuovo capo di Cosa nostra, Settimo Mineo, capomandamento di Pagliarelli ottantenne, e una parte dei componenti della neonata commissione provinciale di Palermo, Francesco Colletti ( Villabate), Filippo Bisconti (Belmonte Mezzagno), Gregorio Di Giovanni (Porta Nuova).

Mineo, ufficialmente gioielliere con un negozio in città, è una vecchia conoscenza della magistratura e delle forze dell’ordine, da quando ne parlò il pentito Tommaso Buscetta. Il giudice Giovanni Falcone l’aveva arrestato nel 1984, ma lui aveva negato tutto. Nemico di Stefano Bontade, il principe di Villagrazia ucciso nella guerra di mafia, era scampato all’agguato che costò la vita ai suoi fratelli Giuseppe e Antonino. Poi nel 2006, il boss finì in carcere assieme al suo padrino, Nino Rotolo, appartenente al triumvirato che comandava Palermo. L’operazione 'Cupola 2.0', coordinata dal procuratore capo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Salvatore De Luca e dai sostituti Maurizio Agnello, Bruno Brucoli, Francesca Mazzocco, Amelia Luise, Dario Scaletta, Gaspare Spedale, con 46 arresti eseguiti dai carabinieri, ha decapitato l’intero gotha.

Fondamentale è stato il resoconto del vertice svoltosi in un luogo segreto, raccolto dai militari che hanno registrato una conversazione in auto fra il boss di Villabate, Colletti, e il suo autista, Filippo Cusimano, poche ore dopo. Vengono confermate le vecchie regole di Cosa Nostra. Colletti racconta che Settimo Mineo ha preso la parola per chiedere ai presenti il rispetto delle regole. Ci sono dei precisi riferimenti ad altri esponenti di spicco, «...si è fatta comunque una bella cosa... per me è una bella cosa questa... molto seria... molto... con bella gente... bella... grande... gente di paese... gente vecchi… gente di ovunque...».

Poi Mineo chiarisce: «... è una regola proprio la prima... nessuno è autorizzato a poter parlare dentro la casa degli altri...». La commissione provinciale, come organismo di vertice di Cosa nostra composto dai capi mandamento e deputato ad assumere le decisioni di maggiore rilievo per l’organizzazione, fu fondata alla fine degli anni ’50, nel Grand Hotel et des Palmes di Palermo, durante una riunione tra i rappresentanti delle famiglie mafiose americane e siciliane. Dopo la seconda guerra di mafia, agli inizi degli anni ’80, la commissione ha mutato fisionomia, a causa del potere incontrastato dei corleonesi, che imposero una sorta di dittatura dominata da Riina.

Con il suo arresto nel 1993, la commissione decapitata ha cessato di funzionare. Bernardo Provenzano, pur assumendo il ruolo di vertice dell’associazione mafiosa e di coordinamento tra i vari mandamenti, non risulta abbia mai presieduto riunioni 'plenarie', fedele alla strategia della sommersioni, con cui ha portato avanti l’organizzazione fine alla sua cattura, nel 2006.

Nel 2008, però, le indagini condotte dal Comando provinciale di Palermo, culminate nell’operazione Perseo, avevano documentato e sventato il tentativo di ricostituire la commissione. Il blitz di ieri ha anche impedito l’esecuzione dell’omicidio di un pregiudicato di Villabate, 'colpevole' di furti ed estorsioni senza l’autorizzazione di Cosa nostra, e ha ricostruito 28 episodi estorsivi (delle quali 9 da subito denunciate spontaneamente dalle vittime) ai danni di commercianti e imprenditori operanti soprattutto nel settore dell’edilizia. Un’operazione importante che dà la sensazione di un viaggio nel tempo nella storia della mafia.

«Ascoltando le intercettazioni di questa indagine sembra di rileggere le dichiarazioni rese dal collaboratore Tommaso Buscetta. Questo vuol dire che Cosa nostra è chiusa e che continua a vivere di quelle vecchie regole – osserva il procuratore capo Lo Voi –. Dalla riunione era emersa l’esigenza di riprendere alcune regole di Cosa nostra, che erano sopite o perse per strada ». Presente alla conferenza stampa anche il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho: «Per anni la commissione di Cosa nostra è stata sbilanciata sulla figura di Riina. Col suo arresto tutto si è fermato, la commissione non ha funzionato più». Anche il comandante provinciale dei carabinieri, Antonio Di Stasio, ha sottolineato l’affermazione delle vecchie regole: «La ’'nuova' cupola, ristabiliva e riscriveva le vecchie regole di mafia, riportandole persino in una 'carta scritta'».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: