giovedì 10 aprile 2014
​L’ultima mossa di Berlusconi. Oggi il Tribunale decide. Resta l’alternativa domiciliari. Nella memoria difensiva inviata ai magistrati l’ex-premier rivendica l’atteggiamento collaborativo e chiede tempo per poter ristrutturare lo stabile.
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L’ultima contromossa di Sil­vio Berlusconi. Nelle 10 pagine di memoria difen­siva consegnate lunedì al collegio del Tribunale di Sorveglianza chia­mato a decidere in camera di con­siglio nella giornata di oggi sul re­gime di detenzione (per la con­danna a un anno al netto del con­dono sui diritti Mediaset) il leader di Forza Italia si dichiara disponibile ad assistere anziani, disabili fisici e mentali, che «rinunciano all’aiuto terapeutico ospedalizzato» consa­pevoli della loro condizione, dun­que interessati a un percorso di as­sistenza da lungodegenti in una struttura privata. Ma nella minu­ziosa relazione di Berlusconi - e qui sta la vera novità - al di là delle ipo­tesi di cui si parla in queste ore, re­lative a strutture del settore in Brianza (una a Seregno del Piccolo Cottolengo Don Orione e un’altra, L’Arca, nella stessa Arcore), il lea­der di Forza Italia darebbe la sua di­sponibilità ad allocare in una ca­scina di sua proprietà quest’opera di assistenza in cui dovrebbe recarsi periodicamente. Cascina però che andrebbe ristrutturata alla bisogna e questo potrebbe richiedere tem­po, scavallando - negli auspici dei legali di Berlusconi, che proveran­no a convincere i magistrati - i problemi di agibilità politica legati a questa fase di campagna elettora­le, in vista del voto europeo del 25 maggio.  Berlusconi viene descritto teso e di pessimo umore. Non riesce a solle­varlo neanche la decisione annun­ciata dalle parlamentari azzurre Deborah Bergamini ed Elena Cen­temero e dalla legale spagnola Ana Palacio di ricorrere in appello con­tro la corte dei diritti umani di Stra­sburgo, che non ha sospeso gli ef­fetti della sentenza in vista delle Eu­ropee. Nella dettagliata richiesta di Berlusconi al Tribunale viene an­che prevista l’alternativa degli ar­resti domiciliari, contemplata nel­la stessa relazione che l’Uepe, l’Uf­ficio esecuzione penale esterna, ha depositato al Tribunale di Sorve­glianza chiamato oggi a decidere. Nella lunga lettera inviata ai magi­strati Berlusconi entra nel merito dell’atteggiamento corretto e col­laborativo che sostiene di aver mantenuto a sorreggere la scelta auspicata di affida­mento in prova ai servizi sociali. L’ex premier, che in queste ore ha prati­camente interrotto ogni contatto con i suoi parlamentari tutti col fiato sospe­so a Roma in attesa della decisione, concentrato unica­mente sulla sua vi­cenda giudiziaria, ricorda di aver ottemperato alle «statuizioni civili» della sentenza Mediaset restituen­do all’erario le somme dovute. Un riferiemento anche alla sua cam­pagna anti-magistrati: in realtà ­prova a spiegare il Cavaliere - fina­lizzata a condurre una battaglia po­litica e destinata al suo elettorato, senza mai aver mancato di rispet­to ai magistrati nell’esercizio delle sue funzioni nel suo ruolo di inda­gato, di imputato e ora di condan­nato. E ci sarebbe anche una terza ipotesi, più blanda, fra quelle mes­se in campo dalla difesa di Berlu­sconi, che prevede unicamente col­loqui rieducativi con i servizi so­ciali, con periodicità da definire.  Oggi in ogni caso dovrebbe essere il giorno della verità. Si ipotizza in­fatti un pronunciamento veloce, ma la pubblicazione della senten­za con relative motivazioni va fatta entro cinque giorni dall’udienza, termine peraltro non tassativo, tan­to più in un caso come questo con implicazioni del tutto particolari. A decidere sarà un collegio composto dallo stesso presidente del Tribu­nale di Sorveglianza Pasquale No­bile De Santis, dal giudice Beatrice Crosti e da due esperti esterni, di cui trapelano i nomi. Sarebbero due donne: la penalista Federica Bru­nelli e la criminologa Livia Guida­li. In aula ci saranno poi un sostituto pg Antonio Lamanna e gli avvoca­ti Franco Coppi e Niccolò Ghedini che - a completare la tempistica ­avranno altri 10 giorni per definire le modalità con cui il condannato intende ottemperare alle decisioni dei magistrati.

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