giovedì 25 giugno 2009
Il direttore dell'organismo Cei, don Nozza, annuncia le startegie per combattere la crisi e punta il dito contro i ritardi: «Oggi è più difficile operare». Un virus nel Paese: il silenzio della ragione.
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Non è facile trovare le stelle nella notte che stiamo attraversando, metafora scelta dalla Caritas italiana per questo 33° convegno na­zionale che si chiude oggi al Lingotto di Torino con l’intervento del cardinale Rodriguez Maradiaga, pre­sidente di Caritas Internationalis. Tuttavia la Cari­tas riparte da Torino dai nodi emersi dal confronto tra le antenne sul territorio delle 193 diocesi. Anzitutto preoccupa il clima che si respira. «Oggi per noi è più difficile operare - denuncia il direttore, il sacerdote Vittorio Nozza - non abbiamo mai ricevuto tante lettere di critica per le nostre posizioni sul­l’accoglienza dei migrantes. C’è qualcosa di strano in tutto questo: è come se il nostro Paese fosse stan­co e appesantito, colpito da un virus che provoca il silenzio della ragione e il trionfo del parlare e dell’a­gire contro. Si afferma l’idea che i problemi plane­tari - la povertà, la fame, l’ingiustizia, la guerra, la società multietnica - non richiedano impegno du­ro e faticoso per raggiungere soluzioni reali, ma sia preferibile rimuoverli. Ad ostacolare un autentico clima di pace e sicurezza sociale è l’eccessiva disu­guaglianza nei diritti e doveri. Si tratta di collocare le nostre società dentro una prospettiva che garan­tisca a tutte le persone, oltre la sicurezza e la lega­lità, eguale dignità di vita e di speranza. Invece i ta­voli nazionali sulle politiche sociali non vengono convocati da tempo dal governo». Poi la crisi, della quale non si intravede la fine. «A maggio – prosegue il direttore della Caritas – in mol­te diocesi i centri di ascolto avevano già esaurito la dotazione di un anno. Siamo preoccupati, non si può continuare a lungo. In tre mesi sono stati persi 204 mila posti. Crollano autonomi e piccoli im­prenditori. In Italia la questione centrale resta la lot­ta alla povertà che riguarda milioni di cittadini e fa­miglie, che sempre più si trovano in situazione di precarietà, o rischiano di cadervi, soprattutto le fa­miglie con figli». Nozza indica gli strumenti che met- terà in campo la Caritas dopo il Lingotto. «Si tratta di rafforzare anzitutto le funzioni di coor­dinamento locale rendendo visibile uno stile eccle­siale sobrio, credibile ed efficace di intervento. Oc­corre poi sviluppare forme nuove di interventi con­creti, realizzabili attraverso Fondi straordinari nelle diocesi – alimentati da offerte dei fedeli oltre che da altre risorse – e forme di sostegno a famiglie in dif­ficoltà da parte di famiglie più abbienti. In partico­lare si potranno avviare interventi di integrazione al reddito delle famiglie per chi è in cassa integrazio­ne, per chi lavora a settimane alterne o è precario. Ancora, forme di sostegno alle spese scolastiche per chi ha il padre o la madre che perde il lavoro, alle coo­perative che danno lavoro soprattutto ai soggetti più deboli, al mondo artigianale e del commercio in ri­ferimento soprattutto a mancati pagamenti che pos­sono mettere in crisi l’attività, alle forme di sosten­tamento finanziario eticamente valide. Quindi dife­sa della famiglia e della casa soprattutto per le fa­miglie numerose o con portatori di handicap o an­ziani, assumendo con cura la scelta della Cei attra­verso la valorizzazione del prestito della speranza». Resta infine l’emergenza post terremoto in Abruz­zo. «Finora le Caritas hanno impiegato 600 volonta­ri. Abbiamo raccolto con la colletta del 19 aprile, 20 milioni e i conti non sono ancora completati, a lu­glio sarà inaugurata a Coppito la nuova sede della Caritas diocesana aquilana, dove è ospitato anche il Centro di coordinamento nazionale. Tutte le Dele­gazioni regionali hanno messo in cantiere un piano di intervento e attivato presenze stabili. Sono già in cantiere opere di ricostruzione: centri di comunità, scuole, edilizia abitativa per soggetti fragili».
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