sabato 14 agosto 2021
I primi cittadini di San Luca, Locri e Gioiosa Ionica sollecitano l’intervento delle istituzioni: "La Calabria non ha la giusta attenzione. Serve più prevenzione e progetti per la montagna"
Locride, l'atto d'accusa dei sindaci. "Noi, abbandonati e senza mezzi"
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«E' un disastro. Mi viene da piangere perché parte della nostra storia è stata distrutta». «La nostra montagna incontaminata è scomparsa. Una catastrofe ambientale che non doveva succedere. E le conseguenze le vedremo nei prossimi mesi e nei prossimi anni». «Cose mai viste, una situazione apocalittica. Distrutti boschi ma anche casolari, uliveti, pezzi di economia». Così parlano tre sindaci della Locride: Bruno Bartolo di San Luca, Giovanni Calabrese di Locri e Salvatore Fuda di Gioiosa Ionica. Tra i comuni più colpiti dagli incendi. Sono appena tornati dall’incontro col capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio e tutti denunciano come «i sindaci sono senza mezzi per affrontare gli incendi», ma anche come «manchi la prevenzione» e come «la montagna sia abbandonata ». E come «ancora una volta la Calabria si senta dimenticata, sola». «I nostri boschi sono belli e abbandonati.

La prevenzione non c’è stata – accusa Calabrese –. La Calabria ancora una volta si trova impreparata di fronte a un’emergenza. Noi sindaci sulla carta siamo autorità di protezione civile ma non abbiamo né mezzi né risorse». Nel mirino del sindaco anche Calabria verde, l’agenzia regionale per le foreste, «una struttura gestita assolutamente male, con personale male utilizzato, non qualificato, non pronto a questa emergenza». Critiche alla Regione dunque, ma anche al Governo. «La verità è che la Calabria non ha la giusta attenzione. Di fronte a una situazione del genere avrebbero dovuto convocare il comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza, che solitamente si fa a Ferragosto, immediatamente in Aspromonte. Per verificare quello che è successo, con tutti i rappresentanti dello Stato presenti, e per capire come intervenire. Ora si parla di ristori, ma a me sembra una barzelletta. È sempre dopo. E poi per fare cosa? Per sovvenzionare chissà chi e chissà cosa? ». Calabrese ringrazia, invece, «il prefetto di Reggio Calabria, Massimo Mariani, che rimane l’unico riferimento certo per noi sindaci. Se non ci fosse stato il suo intervento saremmo ancora con le fiamme accese».

Non meno duro il sindaco di San Luca. «C’è dolore ma anche tanta rabbia per la grande disorganizzazione. Ci siamo sentiti soli. Gli aiuti sono tardati ad arrivare. Poi sono arrivati tutti. Ma è sempre dopo. Ci vuole prevenzione. Non si fanno più fasce tagliafuoco in montagna. L’altra notte sono saliti dei Bobcat per crearle. Ma adesso le facciamo? Abbiamo un tesoro da difendere. Non lo si può lasciare così in balia di tutto». Anche lui denuncia come «noi sindaci non abbiamo mezzi, non abbiamo niente. Sono stato due notti in montagna. E anche stamattina sono salito alle 6 perché avevo paura per il santuario della Madonna di Polsi. Il fuoco è arrivato molto vicino. Sarebbe stata una catastrofe. Ci ha pensato la Madonna, la nostra mamma, a proteggerci». Ma serve anche la tecnologia. «Bisogna usare i droni per controllare il territorio. Non è più il tempo delle vedette».

Anche Fuda denuncia come «la montagna è fuori controllo da anni. 'Calabria verde' non fa assunzioni dal 1984, sono tutti anziani. Mancano i piani di prevenzione antincendio, le piste tagliafuoco, non c’è nulla. E paghiamo un prezzo». Ma, aggiunge, «dopo l’emergenza dobbiamo aprire una seconda fase, per reinventare il presidio della montagna. Lo spopolamento non aiuta, ma manca anche l’intervento pubblico». E i sindaci da soli non bastano. «Abbiamo fatto quello che abbiamo potuto. Ho un’associazione di protezione civile che ha solo un modulo da 400 litri. Da 4 giorni sono sempre in giro per le montagne, hanno salvato, ma non bastano». Spiega come «un’autobotte per rifornirsi deve fare mezz’ora di strada. Nei punti strategici delle montagna ci vorrebbero riserve di acque e invece non c’è niente. È investimento. O si fa oppure non abbiamo vie d’uscita. Questo fenomeno non è finito». Anche per Fuda «la Calabria è stata come sempre trascurata. Il grido di disperazione di chi ha fermato il fuoco a mani nude è stato ascoltato in ritardo». Ma la disperazione lascia il posto all’impegno. «La montagna si riprenderà, il Creato troverà la sua strada. Ora proviamo sconforto ma non possiamo stare fermi, dobbiamo riscoprire modelli che hanno funzionato, mutuarne da altri, per tutelare il nostro territorio e farlo sentire ancora più appartenente alla comunità».

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