martedì 17 agosto 2010
Rocco Rispoli ha denunciato i suoi strozzini: «Non sono un eroe, ho fatto solo il mio dovere». Il sindaco di Locri: «Ha rotto il muro dell'omertà, un segno forte contro le cosche. Così abbiamo pensato di premiarlo». Ieri la cerimonia, nel capoluogo della Locride.
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«Io non mi sento una star, ma una persona normale. Tutti mi parlano di questo coraggio, ma io ho fatto solo quello che era giusto fare». Te le dice così, Rocco Rispoli, quelle parole che potrebbero cambiare il senso della lotta alla mafia in Calabria. E cioè denunciare i suoi aguzzini, usurai che lo stavano «consumando dentro», come spiega ad Avvenire. Nel 2007 Rispoli segnala cinque persone, ma saranno in tutto venticinque, nel settembre 2009, a finire dietro le sbarre. Uomini legati al clan Cordì, una delle ’ndrine dominanti nella Locride. Usura, estorsioni, riciclaggio: è l’operazione "Shark" coordinata dalla Dda di Reggio Calabria.È quel che segue, però, ad avere un carattere straordinario. Perché Rispoli, ormai senza più un lavoro, è stato assunto ieri dal Comune di Locri. Un’assunzione per chiamata diretta e che si è concretizzata facendo di Rispoli un soggetto appartenente alle categorie protette. Una prima assoluta, possibile grazie alla collaborazione tra la Prefettura di Reggio Calabria e il Comune di Locri.La stipula del contratto è avvenuta nel corso di una cerimonia in Comune, presente anche il vescovo di Locri-Gerace, monsignor Giuseppe Fiorini Morosini. È il sindaco del capoluogo, Francesco Macrì, a spiegare ad Avvenire come è nata una decisione così fortemente simbolica: «Rispoli andava aiutato, premiato: ha rotto il muro dell’omertà denunciando i propri usurai. Così abbiamo pensato di assumerlo: un segnale forte contro la criminalità organizzata».L’ingresso di Rispoli in Comune, in forza all’ufficio tecnico, avverrà il primo settembre. Ovvero proprio il giorno in cui inizierà a Reggio Calabria il processo contro i suoi ex aguzzini. Rispoli non vede l’ora di ricominciare una vita che a un certo punto gli sembrava un incubo: «Investendo un milione di euro avevo aperto con un socio un agriturismo – racconta –. Ma i soldi non bastavano e mi sono rivolto agli usurai. Mi hanno portato via tutto, ero depresso, così ho chiesto aiuto alle forze dell’ordine».Una decisione che nella terra dell’omicidio Fortugno è tutt’altro che scontata. E che però, proprio dopo il caso Rispoli, è più frequente. «Il suo esempio è positivo, altri stanno denunciando», rivela il sindaco Macrì. Tanto che Rispoli dovrebbe in futuro occuparsi anche di uno sportello antiracket. «A Bovalino sette commercianti hanno di recente denunciato due persone – racconta Rispoli – La gente ha capito che è il momento di reagire». «La ’ndrangheta si mangia tutto – dice ancora – Sai chi sono, li vedi. Eppure, dopo la denuncia, io non volevo andar via, a vivere da solo nell’anonimato: sarebbe stato come il carcere».Grazie alle istituzioni, Rispoli resterà qui. Con un lavoro vero e senza la scorta, che non ha voluto. «Nonostante il dramma vissuto mi ritengo una persona fortunata – conclude – Le istituzioni mi sono state vicine. Ora ho davanti a me il processo, dovrò rivedere quella gente. Ma soprattutto potrò continuare a vivere nella terra in cui sono nato. E dove cresceranno anche i miei figli».
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