mercoledì 29 maggio 2024
Martedì, nella città toscana, la testimonianza della mamma di Willy Monteiro, ucciso nel 2020. "Capire la sofferenza degli altri dà forza inaspettata". Tanti i messaggi di pace
Testimonianza delle donne di pace in piazza a Livorno

Testimonianza delle donne di pace in piazza a Livorno

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La necessità di manifestare una larga volontà popolare contraria alla guerra, l’evidenza delle dolorose ferite lasciate dai conflitti anche dopo la fine delle ostilità, la logica del più forte e l’arroganza e la sopraffazione che investe la convivenza nelle città, nelle periferie, le alternative alla "logica" dello scontro, data per inesorabile, sono risuonate a Livorno, martedì, nella Giornata cittadina per la pace, attraverso la voce di donne, come la mamma di Willy Monteiro, che, a diverse latitudini, sulle ferite della propria esperienza o del proprio Paese, non hanno fatto crescere la vendetta, ma l'hanno contrastata con coraggio, dignità e fermezza.
L’iniziativa promossa da Sant’Egidio, in collaborazione con il Comune, la Diocesi e Istoreco, nel giorno dell'anniversario dei bombardamenti che colpirono Livorno durante la guerra mondiale, ha visto una grande partecipazione lungo le tappe del percorso di pace da piazza del Municipio fino agli Scali d'Azeglio, dove hanno trovato "sepoltura" centinaia di persone tra le macerie delle Cantine per effetto delle bombe. Il vescovo Simone Giusti ha richiamato l’inaccettabile corsa al riarmo e alla minaccia atomica e al tempo stesso la necessità di reagire con una forza di bene, mentre l’assessora Barbara Bonciani ha sottolineato: “Non si parla più di pace, e questo è inaccettabile, da tutti i punti di vista”.
Commoventi le testimonianze di Tru sul conflitto tra Etiopia ed Eritrea e di Tamara sulla Bosnia Erzegovina, con l’orrore di Srebrenica e i dolorosissimi postumi del conflitto, vivi ancora oggi. Entrambe hanno scelto, l’una sull’orizzonte cittadino, l’altra sul versante internazionale l’impegno per l’educazione al dialogo.
In piazza Cavour, la tappa sui conflitti cosiddetti “urbani”, a monte dei quali è spesso la droga, così diffusa e così determinante nella crescente violenza che, direttamente o indirettamente, colpisce soprattutto i più giovani. Toccanti, a riguardo, la testimonianza di Lucia Duarte madre di Willy Monteiro, ucciso a Palino il 6 settembre del 2020, e il messaggio inviato da Erika Terreni, madre di Denny Magina. Al termine, l’omaggio alle vittime di tutte le guerre e le violenze presso le cantine degli Scali D’Azeglio, divenute ormai luogo simbolo di una memoria della guerra che ha sostenuto ed educato alla pace almeno due generazioni di livornesi.
"Sono la mamma di un ragazzo meraviglioso - ha detto la madre di Willy - che purtroppo è stato ucciso per la violenza, senza motivo. Ho pensato tanto alle donne che perdono i figli all'improvviso o per la guerra per altri motivi che magari sono sole e abbandonate e non hanno avuto tutto il conforto che ho avuto io. Quando riesci a pensare alla sofferenza degli altri, inaspettatamente trovi in te una forza che ti fa andare avanti,e che fa vivere tuo figlio dentro di te". Dopo quello che è successo, guardando i ragazzi, "penso che la vita è troppo bella per essere votata alla morte... sempre si può trovare una strada per tornare indietro e fare un'altra vita".
Dalla voce di una "bambina" di ieri Mirella Raugi, 93 anni, e di una bambina di oggi, il senso della guerra vissuta e subita e il dovere di garantire futuro è sogni ai giovani. Tàmara Cvetkovic, giovane donna che viene da Milici, un paesino a 40 km da Srebrenica, tristemente famosa per il massacro operato dalle milizie serbe a danno di oltre 8000 ragazzi e uomini bosgnacchi (musulmani bosniaci), nel luglio 1995. Tàmara, aveva sei anni quando è finita la guerra. Era nata da madre musulmana e dal padre serbo ortodosso. Il nonno è stato ucciso a Srebrenica. "Ci sono persone che non vogliono sentire parlare più della pace e noi dobbiamo contrastare tutto questo". Tàmara, che ha studiato a Pisa, è un'attivista per la pace e realizza in Bosnia Erzegovina attività con giovani e donne di comunità rurali.
Tru è invece una delle madri della Scuola della Pace di Livorno, testimone del lungo e feroce conflitto scoppiato tra Etiopia ed Eritrea per questioni di confine, triste eredità dei disegni coloniali sulle frontiere del Corno d’Africa. "Ho visto i ragazzi che venivano costretti a combattere e mandati a morire, mentre i figli degli amministratori e di chi governa andavano a studiare all'estero, li mandavano al sicuro", ha detto dal sagrato del Duomo e, guardando i tanti giovanissimi e loro genitori che partecipavano al corteo, ha aggiunto: "Mandate i vostri figli alle scuole della pace, è importante, anzi necessario, così li proteggerete davvero".
Erika Terreni, la mamma di Denny Magina, precipitato il 22 Agosto 2022 dal quarto piano di un edificio popolare, occupato, di via Giordano Bruno a Livorno è diventata la voce di tante mamme che ogni giorno fanno i conti con la droga che avviluppa la vita dei loro figli. Ha mandato un messaggio al corteo, con un invito ad essere sempre vicini ai propri figli: "La droga può sorprenderti in un attimo. La droga ti rovina la vita, diventa una presenza costante e pericolosa. Quel figlio che si apparta è sempre lui anche quando non ti parla". L'unica guerra da fare "è quella alla droga. Aspetto giustizia. Non c'è pace senza giustizia. Giustizia è pace. E’ dignità". Davanti agli scali d'Azeglio Anna Ajello, della Comunità di Sant’Egidio, ha espresso "forte preoccupazione per la corsa al riarmo e la svolta bellica. L’Europa che fa tanta fatica ad unirsi, si unisce per armarsi, per la prima volta nella sua storia, dopo quasi un secolo, tentata di tralasciare la sua vocazione contemporanea e la sua vera grande opportunità: essere una forza di pace, un luogo di mediazione, l’approdo dei sogni di salvezza e di speranza di tante famiglie, di tante persone in fuga dalle guerre". E allora "la nostra risposta non può mancare". Proprio grazie alla voce di Lucia, di Mirella, Isabella, Tamara e Turu che hanno affrontato con coraggio situazioni di guerra e di violenza "non è vera la lamentela dell’impotenza. Tutti possiamo fare qualcosa" senza fuggire, con modestia, nelle zone confort o difendendo i confini del proprio privato. Manifestare, parlare di pace, educare alla pace, aiutare, costruire una vita migliore a cominciare dalla città, non lasciare che ciò che accade rovini i nostri rapporti umani, vivere con responsabilità questa epoca di guerra. E’ quello che tutti possiamo fare. Non dobbiamo rinunciarci.


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