mercoledì 29 luglio 2009
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Treu: investire davvero sul lavoro per abbattere radicalmente la recidiva Uno degli aspetti su cui insiste con più forza è «la necessità di svolgere un’attività lavorativa seria all’interno delle carceri. Che favorisca un’effettiva riqualificazione delle persone detenute». Emergenza carceri e lavoro. Per Tiziano Treu,Tiziano Treu, presidente della Commissione parlamentare Lavoro e membro dell’intergruppo parlamentare per la sussidiarietà, una delle possibili soluzioni per affrontare l’emergenza carcere è puntare sulla qualificazione professionale. Un investimento sicuro, dal momento che permette di abbassare notevolmente la recidiva: chi esce di prigione e ha imparato un mestiere, infatti, più difficilmente tornerà a delinquere.Quali sono le attività che si possono svolgere in carcere?Penso ad alcune esperienze, come quelle di Opera o di Padova. Qui i detenuti fanno un vero lavoro, acquisiscono una professionalità grazie all’assistenza di figure qualificate. Ben diverso dalle attività che solitamente si svolgono negli istituti di pena, come spazzare le scale o distribuire il vitto. Quello non è lavoro, nel migliore dei casi è un modo per passare il tempo.Come replicare queste esperienze?All’interno dell’intergruppo sussidiarietà abbiamo presentato un disegno di legge bipartisan che mira a rendere più facile la diffusione di queste esperienze virtuose in altre carceri. Lavorare all’interno di un istituto di pena infatti non è semplice, bisogna superare tanti ostacoliQuali agevolazioni prevede il ddl?Innanzitutto contributi a cooperative, imprese private o enti pubblici che vogliono lavorare in carcere. Ad esempio attraverso una significativa riduzione delle imposte o dei contributi. Poi agevolare l’accesso nelle carceri di chi vuole impiantare un laboratorio.Quanto incide il sovraffollamento sulla possibilità di lavorare in carcere?Le attività di cui stiamo parlando necessitano di spazi appositi, laboratori o mini reparti. Che sono più difficili da reperire all’interno di strutture sovraffollate.Quali altri provvedimenti si possono adottare per ridurre l’affollamento?Da una parte bisogna creare altri spazi, se necessario, e ridurre le permanenze indebite per la lunghezza dei processi. Ci sono carceri piene di persone in attesa di giudizio, un fenomeno dovuto a una distorsione del sistema. Risolvere questa situazione sarebbe un atto di giustizia.
Toccafondi: un indulto non è auspicabileoccorre ripensare l’intervento educativo«Non è solo un problema di coscienza. Si tratta di vite vissute in maniera non dignitosa: nelle carceri italiane abbiamo visto situazioni non accettabili, ma un nuovo indulto non sarebbe auspicabile per affrontare la situazione». Un no deciso, quello di Gabriele Toccafondi, deputato del Pdl e membro dell’intergruppo parlamentare per la sussidiarietà.Far scontare la pena ai detenuti stranieri nei Paesi d’origine può essere una soluzione?Si tratta di una proposta che richiede accordi bilaterali con i paesi di provenienza. E servono anche accordi che garantiscano condizioni di vivibilità di queste persone nei Paesi d’origine. Questa proposta, come l’uso del braccialetto elettronico, sono strumenti che aiutano a diminuire l’affollamento. Ma noi pensiamo che se veramente si vuole affrontare la questione, la chiave di volta di ogni intervento non può che essere un intervento educativo.In che modo?Dando a chi sta in carcere la possibilità di imparare un mestiere, un lavoro vero. Solo in questo modo è possibile abbattere la recidiva e mettere in pratica quello che recita l’articolo 27 della Costituzione: “Le pene devono tendere alla rieducazione del condannato”.Si tratta di un progetto a lungo termine, quindi?No, affatto. Nel carcere di Padova, ad esempio, opera da diversi anni un consorzio di cooperative: è un modello che già funziona, che ha permesso di abbattere la recidiva dal 90% al 5%. Un’esperienza che è possibile esportare in altre parti d’Italia.Quali benefici comporta l’abbattimento della recidiva?Oltre all’aspetto educativo, che per noi resta quello prevalente, bisogna tenere in considerazione anche il fattore economico. Per mantenere un detenuto si spendono 300 euro al giorno: ridurre il numero di quanti, dopo aver scontato la pena, ritornano in carcere vuol dire anche ridurre le spese di gestione.Che effetto le ha fatto visitare carcere?Ci si entra con pregiudizio, ma quando si è lì si conoscono persone che chiedono di poter fare qualcosa di utile e di positivo. Non è così per tutti, ma la maggior parte delle persone vorrebbero migliorare la propria situazione anche in vista del loro fine pena.
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