venerdì 25 maggio 2018
Una norma analoga della Regione Valle d'Aosta era già stata bocciata. Genova non ha tenuto conto delle norme nazionali e dell'Unione europea.
Il palazzo della Consulta (Ansa)

Il palazzo della Consulta (Ansa)

COMMENTA E CONDIVIDI

Irragionevole, sproporzionata, arbitraria e discriminatoria. Così è per la Corte Costituzionale la legge della Regione Liguria che, per l’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, prevede per i cittadini extracomunitari la regolare residenza «da almeno dieci anni consecutivi nel territorio nazionale». Norma incostituzionale secondo la Consulta, perché raddoppia gli anni previsti dalla legge nazionale che a sua volta recepisce una direttiva Ue. I giudici danno così ragione alla Presidenza del Consiglio che aveva fatto ricorso contro questa norma, esattamente l’articolo 4, comma 1, della legge della Regione Liguria numero 13 del 2017.

La norma, modificata dalla maggioranza di centrodestra, prevedeva in origine, tra le condizioni per partecipare all’assegnazione di alloggi di edilizia pubblica, quella «di stranieri titolari di carta di soggiorno o di stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di permesso di soggiorno almeno biennale che esercitano una regolare attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo». Quella bocciata dalla Consulta stabilisce invece una residenza almeno decennale.

Secondo il ricorso del Governo, che cita le norme nazionali e della Ue, «per effetto della legge impugnata, i soggiornanti di lungo periodo nella Regione Liguria non disporrebbero del medesimo diritto dei cittadini» italiani. Da qui, dunque, sempre secondo il ricorrente, «il carattere discriminatorio della disposizione». Per la Corte il ricorso è fondato. Infatti, si legge nella sentenza n. 106 depositata ieri, «l’accesso a un bene di primaria importanza e a godimento tendenzialmente duraturo, come l’abitazione, per un verso, si colloca a conclusione del percorso di integrazione della persona presso la comunità locale e, per altro verso, può richiedere garanzie di stabilità, che, nell’ambito dell’assegnazione di alloggi pubblici in locazione, scongiurino avvicendamenti troppo ravvicinati tra conduttori, aggravando l’azione amministrativa e riducendone l’efficacia». Ma, avverte la Consulta, questo «più incisivo radicamento territoriale, richiesto ai cittadini di paesi terzi» deve essere «contenuto entro limiti non arbitrari e irragionevoli». Ma così non è stato in Liguria.

Non è la prima volta che la Corte interviene su questa materia. Infatti ricorda di aver già bocciato una legge della Regione Valle d’Aosta che prevedeva l’obbligo di residenza da almeno otto anni. La Liguria ha fatto peggio. «Una tale valutazione di irragionevolezza e di mancanza di proporzionalità (risolventesi in una forma dissimulata di discriminazione nei confronti degli extracomunitari) è tanto più riferibile alla disposizione in esame, la quale – ai fini del diritto sociale all’abitazione che è diritto attinente alla dignità e alla vita di ogni persona e, quindi, anche dello straniero presente nel territorio dello Stato – richiede, per questi ultimi, un periodo di residenza ancor più elevato». Dunque la norma ligure è «costituzionalmente illegittima» e torna in vigore la vecchia legge.

Leggi anche: La Consulta boccia la legge della Regione Veneto sugli asili nido: discrimina le famiglie dei migranti

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: