sabato 17 luglio 2021
L’ammiraglio Agostini e altri ufficiali del comando di "Irini" da mesi attendono di potere andare a Tripoli. La missione Onu invita gli Stati che sostengono i guardacoste a rivedere le loro politiche
La protesta di Medici senza frontiere contro il rifinanziamento della Guardia costiera libica, che ormai di fatto è controllata dalla Turchia

La protesta di Medici senza frontiere contro il rifinanziamento della Guardia costiera libica, che ormai di fatto è controllata dalla Turchia - Ansa / Medici senza frontiere

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«La cooperazione dell’Italia con la Guardia costiera libica andrà ora trasferita gradualmente alla missione europea Irini», spiegano dalla maggioranza di governo per placare i molti mal di pancia nella base del Pd. Il problema è che la Libia di Irini non vuol saperne. A tal punto da non voler concedere il visto d’ingresso neanche al comandante dell’operazione navale europea, il contrammiraglio Fabio Agostini.

«Sto cercando di andare in Libia da prima di Pasqua, ma le autorità libiche non mi hanno ancora concesso il visto, chissà per quale motivo», ha detto poche ore dopo il voto nel corso di un incontro pubblico.

Insieme ad altri funzionari di Irini, Agostini è stato costretto a rimandare una visita in Libia per la mancata concessione del permesso di entrata nel Paese. Non solo, come riportato da Avvenire, il comandante Agostini conferma che le forze europee non hanno più alcun controllo sul naviglio militare libico.

«Fino a marzo 2020, "EuNavFor Med Sophia" ha garantito l’addestramento di 500 militari della Marina e della Guardia costiera libica, incentrato sulla formazione anche dei principi di rispetto dei diritti umani, delle questioni di genere e con un’attenzione verso i minori», ha ricordato Agostini in una dichiarazione riportata dall’agenzia Nova. Nonostante questo le Nazioni Unite e la procura della Corte penale internazionale dell’Aja non hanno mai smesso di denunciare crimini contro i diritti umani.

Tuttavia, «da un anno e mezzo» le cose sono cambiate. In peggio. «Irini non addestra più la Guardia costiera e la Marina libica, anche perché - ha spiegato il contrammiraglio - l’operazione ha avuto immediatamente grosse difficoltà politiche sia sul piano internazionale, sia con la stessa Libia, tirata per la giacchetta dagli attori principali come Russia e Turchia». E allo stato attuale «non ci è stato possibile riprendere quel tipo di addestramento e possiamo dire che, forse, i risultati li abbiamo visti in mare», ha proseguito alludendo anche alle ripetute aggressioni delle motovedette libiche.

Il prolungato diniego libico all’ingresso del comando navale di Irini era noto al governo italiano già prima del voto alla Camera. Non bastasse, mentre in Parlamento veniva richiesto il via libera al rifinanziamento dei guardacoste, il capo delle missione Onu a Tripoli (Unsmil) spiegava al Consiglio di sicurezza perché, al contrario, occorre interrompere ogni forma di supporto.

«Gli Stati membri che sostengono le operazioni di rimpatrio delle persone in Libia dovrebbero rivedere le loro politiche: i migranti e i rifugiati continuano ad affrontare un rischio molto reale di tortura e violenza sessuale, se rimpatriati sulle coste libiche», ha detto Jan Kubis.

«Coloro che forniscono sostegno alle agenzie di sicurezza libiche che si presume siano coinvolte in queste violazioni - ha puntato il dito Kubis - dovrebbero assumersi le proprie responsabilità e prendere tutte le misure possibili per prevenire una condotta così vergognosa». Incurante dello smacco al comandante italiano di Irini e dell’accusa Onu, poco dopo è arrivata la risposta del parlamento italiano.

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