domenica 28 febbraio 2010
Il caso del senatore Pdl con preferenze sembra decise dalle cosche calabresi e quello delle presunte irregolarità avvenute in Australia per l’elezione dei rappresentanti al Parlamento italiano dei residenti all’estero apre il dibattito sulla riforma della norma che stabilisce le regole per questo tipo di consultazioni.
  • Randazzo: «Voto in Australia, il sistema fa acqua»
  • Voto all'estero, è scandalo. Preferenze in cambio di voli
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    Proposta di Buttiglione: facciamo come negli Usa DA ROMA ANGELO PICARIELLO I ntervenire, incisivamente e al più pre­sto, sul meccanismo di voto degli ita­liani all’estero. Basta pacchi di sche­de in bianco funzionali all’intervento di intermediari senza scrupoli, e basta an­che agli sprechi di risorse come quelli che sembrano emergere dal nuovo caso evi­denziato da Avvenire nella circoscrizione australiana. Con ' viaggi premio' per gli elettori e con l’intervento poco traspa­rente dell’associazione degli immigrati. «Trovo ingeneroso – premette Fabio Gra­nata vicepresidente della commissione Antimafia, fra i politici più vicini a Gian­franco Fini – che si getti la croce addos­so a un galantuomo come Mirko Trema­glia, che sugli italiani all’estero ha con­dotto la battaglia di una vita. Così come non mi pare giusto prendersela con Mar­co Zacchera – altro esponente del Pdl proveniente da An, ndr – come respon­sabile della compilazione delle liste. È proprio il meccanismo del voto di dele­ga che non funziona e va corretto – pro­segue Granata – e mi auguro che si pos­sa intervenire con un segnale chiaro e u­nivoco, molto di più di quanto è avve­nuto, voglio segnalarlo, nella legge che vieta e punisce il coinvolgimento nella campagna elettorale di sorvegliati spe­ciali per mafia, che ha fatto registrare ben 37 defezioni all’interno del mio partito » . « E dire – interviene Marco Minniti , del Pd, ex ministro ombra dell’Interno e pro­motore della fondazione di analisi stra­tegica internazionale Icsa – che si tratta­va appena di concordare su un fatto pic­colo piccolo, perché è presumibile che la mafia usi mezzi ben più nascosti per far­si campagna elettorale che il coinvolgi­mento di sorvegliati speciali, con sen­tenza passata in giudicato: Eppure, vor­rei ricordarlo, con le 135 assenze regi­stratesi nei ranghi del Pdl ( oltre ai voti in dissenso) questo provvedimento non sa­rebbe passato » , denuncia Minniti. « Ma torniamo al punto. Qui, con il voto degli italiani all’estero per come funzio­na ora, siamo di fronte non alla mafia che si infiltra nel voto, ma alla mafia che vo­ta direttamente, che prende le schede e le compila. È un sistema che fa acqua da tutte le parti. E allora, come siamo stati d’accordo tutti nell’introdurre il principio ora è nostro dovere concordare un sistema che consenta di salvarlo. Avevamo adottato questo – ricorda Min­niti – perché Tremaglia, e non solo lui, temeva che un sistema più complicato avrebbe pro­dotto un basso numero di voti, rischiando di svuotare la pre­visione. Purtroppo, però, è ac­caduto proprio il contrario: ne abbiamo trovato uno troppo facile che ora, se non corretto, delegitti­ma e rischia di portare alla soppressione del diritto » . Per l’appunto, un diritto. Dopo tutto quello per gli italiani all’estero, più che un diritto/ dovere, è un diritto e basta, per e­sercitare il quale un sacrificio può anche essere compiuto. « Anche dall’inchiesta di Avvenire emerge un altro spaccato di malcostume che va assolutamente cor­retto – insiste Granata – non può più e­sistere il metodo della delega, si può pen­sare al voto nei seggi, nei consolati, nel­le ambasciate, ma di sicuro il voto deve essere espressione diretta dell’elettore » . « Tutt’al più – aggiunge Minniti – per ren­dere più effettivo questo diritto si può puntare a migliorare i meccanismi di informazione circa la situazione politica e sociale in Italia, e aumentare i giorni in cui esso può essere esercitato. Ad esem­pio, una settimana » . Anche Franco Narducci, deputato del Pd eletto all’estero nella circoscrizione Eu­ropa ( ed ex vicepresidente delle Acli) so­stiene che sia necessario andare a « un si­stema di voto che preveda la predisposi­zione di seggi veri e propri come avvie­ne dentro i confini nazionali. Seggi – ag­giunge Narducci – che siano controllati da un servizio di sicurezza, per rendere effettivo l’esercizio di questo diritto » . C’è però chi affaccia anche un’altra idea. Per il vicepresidente della Camera, e presi­dente dell’Udc, Rocco Buttiglione «si può anche guardare al sistema americano, che prevede la possibilità di votare per corrispondenza, all’interno di un altro Stato degli Usa, o dagli altri Paesi » . Un si­stema, quindi, che porterebbe ad aboli­re le circoscrizioni estere, ma consenti­rebbe anche agli italiani all’estero di con­tribuire – dall’estero – all’e­lezione di deputati e sena­tori del proprio collegio di origine. Per corrisponden­za, ma non per delega. « Negli Stati Uniti funziona così e non ci sono mai sta­ti problemi. Però – concor­da Buttiglione – ritengo an­ch’io che ora bisogna in­tervenire con coraggio. An­che dalla vostra inchiesta emerge, ancora con più chiarezza, che questo sistema così com’è non tiene, e non è più credibile davanti ala pubblica opinione » . « Tanto più in questi tempi di crisi – conclude Granata – che cosa deve pensare la gente nel vedere ostentati que­sti sprechi e queste immoralità della po­litica? » . Operazioni di spoglio dei viti degli italiani all’estero
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