mercoledì 25 maggio 2011
Il ministro: «La Camera lo approvi al più presto». Le questioni eticamente sensibili e la demografia, i giovani e il lavoro: una panoramica dell’agenda politica del Paese in una fase di transizione, rileggendo la prolusione del presidente della Cei.
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Molti non sembrano accorgersene, ma a guardar bene il passaggio che affronta il Paese è davvero decisivo. «Vedo un’Italia al bivio tra nichilismo giacobino e vitalità economica e sociale che ha come presupposto il valore della vita». Sulla prolusione del cardinale Bagnasco all’assemblea della Cei, lunedì, il ministro del Welfare Maurizio Sacconi ha sottolineato soprattutto i passaggi su fine vita, giovani e lavoro. Scorgendo un’impalcatura che li lega. «Da un lato – spiega – c’è una grande maggioranza popolare orientata a conservare i valori della tradizione, patrimonio di una comunità ben più vasta di quella cristiana; dall’altro ci sono parti delle borghesie e delle tecnocrazie che muovono dalla presunzione dell’autosufficienza della razionalità tecnoscientifica, cercano d’imporre la loro visione operando con abilità attraverso i media e una cattiva informazione e adoperandosi per condizionare i percorsi della politica. In questo Paese al bivio il tema della vita è prepotentemente al centro dell’agenda istituzionale».La legge sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento – le «Dat» – fatica a giungere al traguardo. C’è il rischio che finisca insabbiata?«Non dimentichiamo che nasce dall’esigenza di impedire l’ingresso dell’eutanasia – oltretutto surrettizio – nel nostro ordinamento, dopo il caso Englaro. Allo stesso tempo, vuole garantire la tutela della persona contro l’accanimento terapeutico e assicurare le esigenze vitali in qualunque condizione di fragilità. Una legge simile è bene che venga approvata al più presto. Sono convinto che il suo varo possa essere favorito da un testo che si discosti il meno possibile da quello approvato dal Senato, fino sostanzialmente a coincidere, e da un iter che si esaurisca nel tempo più breve.La legge sulle Dat è sin troppo esposta agli umori altalenanti e imprevedibili della politica...Ogni volta che si è cercato di affrontarla, chi questa legge non la vuole ha seguitato a dire che non è mai il giorno giusto per votarla. Ci manca solo che ora si sollevino problemi di interferenza con le elezioni del 2013... Lo dico con estrema chiarezza: adesso le chiacchiere sono ridotte a zero, si voti e basta. Il Parlamento ha il dovere di esprimersi, visto che alcuni magistrati hanno pensato di sostituirsi alla volontà parlamentare.Eppure c’è chi dice che sarebbe una legge liberticida. Lei cosa risponde?In Italia tutti – tranne uno – hanno curato e curano amorevolmente le persone in stato vegetativo persistente, spesso a casa loro. Non basterà approvare la legge: bisognerà riordinare ovunque il nostro sistema socio-sanitario integrandolo con la dimensione assistenziale, specie là dove è ancora "spedale-centrico". Quest’anno 240 milioni di euro sono destinati alle condizioni di massima fragilità.Una legge fermerà le tentazioni eutanasiche?La legge dev’essere solo la base di una grande battaglia culturale nel Paese. Oggi temo in particolare forzature municipali: ho letto alcune dichiarazioni del candidato sindaco di Napoli De Magistris che destano grande preoccupazione, così come c’è la possibilità che si voglia fare di Milano la capitale dell’eutanasia in Italia, grazie alla saldatura di un certo scientismo con una politica ideologizzata in cerca di vittorie simboliche. Provocazioni nell’amministrazione di queste città potrebbero realizzarsi anche sul fronte della famiglia per operazioni ancora una volta ideologiche. Queste iniziative fraintendono i diritti e le libertà, confusi con i desideri. La politica oggi deve considerare laicamente questi come i temi basilari sui quale edificare le stesse politiche economiche e sociali per la crescita.Inclusa quella per un rilancio della natalità?Il riequilibrio demografico deve muovere dalla cultura dell’accoglienza della nuova vita. Cultura che si afferma se c’è il riconoscimento di qualunque vita, specie di quella più vulnerabile. In questo contesto possiamo sperare che nelle stesse aziende venga incoraggiata la procreazione considerandola un compimento della persona e non un limite al suo sviluppo o alla carriera. Chi torna al lavoro dopo la maternità o la paternità è una persona più formata, più completa e dunque più produttiva. La considero una battaglia di laicità matura.Sembra invece che nella politica non pochi stiano lavorando per rafforzare le più disparate istanze soggettive. Come si arginano efficacemente queste pretese?Attorno a operazioni politicamente e mediaticamente strumentali si cerca di aggregare il consenso dell’elettorato. Deve interessare, e non poco, cosa un candidato sindaco pensa rispetto alla vita umana e alla famiglia. De Magistris a Napoli e Pisapia a Milano hanno mostrato disponibilità al riconoscimento pubblicistico di relazioni affettive diverse da quelle tra un uomo e una donna: questo non può lasciare indifferente chi si riconosce in un modello di famiglia funzionale alla procreazione e alla continuità della società. Si tratta di finti matrimoni, che confondono altri tipi di relazione affettiva con la famiglia descritta dalla Costituzione.Ad angosciare le famiglie spesso è «il lavoro che manca, o è precario», secondo le parole di Bagnasco. Che futuro stiamo costruendo per l’Italia e i suoi giovani?Condivido l’impostazione del cardinale sul tema del lavoro, e sottoscrivo quanto ha dichiarato Stefano Zamagni ieri ad Avvenire spiegando che occorre impegnarsi per la continuità occupazionale delle persone investendo sulle loro competenze e su ciò che oggi le rende realisticamente occupabili. Il mercato del lavoro è affollato di competenze deboli e di lavori rifiutati. Ogni lavoro, quand’è regolare, è dignitoso.La legge sul fine vita può diventare un messaggio forte al Paese nella direzione della tutela della persona?Rivolgo un appello a molti non credenti del Parlamento perché riflettano su quanto sia importante promuovere, in questa incerta transizione, il valore della vita evitando una frettolosa rottamazione della fragilità umana, sinonimo di una società che perde il senso della dignità umana. E così facendo si condanna al suicidio.
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