martedì 4 marzo 2014
Oggi l’Italicum alla Camera. Il premier: in settimana si chiude.
Schifani: «La proposta D'Attorre ingenera il caos, il Pd non cambi linea»
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Non molla Matteo Renzi. La legge elettorale è uno dei suoi punti fermi, su cui ha messo la faccia, ma ancora una volta il premier si scontra con i veti incrociati di alleati e avversari e l’Italicum oggi alle 16 arriva in aula nuovamente emendato, ma senza nessun accordo. E allora il premier, che ieri avrebbe dovuto trovare una sintesi con i suoi in una riunione del gruppo del Pd, rinvia ancora. Ma convinto che entro la settimana la riforma può arrivare al primo giro di boa.Insomma, il leader democratico cerca di far capire ai suoi la portata della svolta. Renzi è certo che sulla legge elettorale e la capacità di trovare un’intesa si misurerà buona parte del suo operato. Tanto che ieri – nel pieno della crisi internazionale – ha voluto comunque condurre in prima persona la trattativa. A partire dalla delegazione di Forza Italia, guidata da Denis Verdini, fino al vertice a tre con i capigruppo del suo partito Roberto Speranza e Luigi Zanda (nell’impossibilità di trovare una linea comune con l’intero gruppo di Montecitorio).«Siamo alla stretta finale, possiamo davvero portare a casa la legge elettorale entro la settimana», dice in serata ai suoi. E conferma che l’accordo è «alla portata», ma aggiunge che si devono «superare ancora varie difficoltà». Di fatto, lo scoglio resta però solo quello dell’entrata in vigore della nuova legge elettorale, con Berlusconi che continua a premere perché, una volta fatta la riforma, si vada al voto.Una prospettiva che allarma Ncd, la composita minoranza democratica ma anche gli altri partiti più piccoli della maggioranza, che – con modalità diverse – sono pronti a legare l’entrata in vigore della riforma alla modifica del Senato. Continuano così a proliferare le proposte per procrastinare la svolta elettorale. Al "Lodo Lauricella", che rende la normativa applicabile solo dopo la riforma istituzionale, si aggiunge e prende corpo il "Lodo D’Attorre" (cancellare dall’Italicum le norme sul Senato), mentre resistono il "Lodo Pisicchio" (entrata in vigore dopo un anno o 18 mesi) e il "Lodo Balduzzi" (gennaio 2016).Tutte ipotesi che per Berlusconi rappresentano la rottura del patto lineare stipulato con l’ex sindaco di Firenze. E allora Fi non vuole saperne e teme che Renzi «ceda alle pressioni». Gli azzurri si dicono pronti a discutere modifiche non sostanziali, ma continuano a temere la possibilità di un’intesa in extremis Renzi-Alfano, che potrebbe partorire una riforma elettorale targata con le sole sigle della maggioranza. Renzi però continua a tenere aperto il dialogo. Ma cerca nei suoi il baluardo di una linea strategica che dovrebbe comunque premiare il Pd. E oggi che sarà a Tunisi, nel giorno della ripresa delle votazioni, mentre Berlusconi scenderà a Roma, chiede ai capigruppo di fare gioco di squadra e non lasciare il pallino nelle mani dell’avversario.
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