giovedì 18 maggio 2023
In una «nota tecnica» di 9 pagine, che anticipiamo in esclusiva, le raccomandazioni inviate al governo dall’organismo Onu per i rifugiati, che esprime «profonda preoccupazione» per alcune norme
Il naufragio di Cutro

Il naufragio di Cutro - .

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Alcune norme del cosiddetto decreto Cutro, convertito il 5 maggio dalle Camere nella legge numero 50, suscitano «profonda preoccupazione» nell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Ci sono disposizioni che presentano diverse «criticità», rispetto alla compatibilità con «la normativa internazionale sui rifugiati e sui diritti umani», in merito «alla fattibilità delle misure previste», al potenziale «impatto sul sistema d’asilo» e allo «spazio di protezione garantito a richiedenti asilo, rifugiati e persone apolidi». Osservazioni contenute in una «nota tecnica» di 9 pagine inviata dall’Acnur al governo. Il documento, che Avvenire può anticipare in esclusiva, contiene una decina fra raccomandazioni e osservazioni. Nel pronunciarsi, l’organismo si muove nell’alveo della prassi e delle proprie competenze. Le sue «raccomandazioni», si legge, sono infatti «elaborate sulla base del mandato conferito dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite di protezione internazionale dei rifugiati, e delle altre persone sotto la propria responsabilità» e «di assistenza ai Governi nella ricerca di soluzioni durevoli».

La lettera a Piantedosi. Durante l’iter di conversione del dl Cutro, l’Acnur aveva scritto al governo, cercando un dialogo rispettoso dell’attività legislativa in corso. «Avevamo rappresentato diverse criticità, confidando che nel procedimento legislativo alcuni correttivi potessero essere apportati», spiega ad Avvenire Chiara Cardoletti, dal 2020 rappresentante dell’Acnur per l’Italia, la Santa Sede e San Marino. E l’esecutivo ha risposto? «No», fanno sapere dall’organismo Onu, che tuttavia non è interessato a sollevare polemiche, ma solo - giacché il testo è diventato legge - a rendere note le osservazioni alla pubblica opinione. Ieri, per correttezza istituzionale, l’Acnur ha inviato al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi una lettera per informarlo che oggi il documento sarà pubblicato.

I nodi critici. Nelle 9 pagine, affiora il timore che alcune «criticità» delle norme possano, nell’applicazione, finire per porsi in contrasto col quadro internazionale di tutela dei diritti umani e delle persone rifugiate. Per esempio - pur concordando con l’istituzione di procedure di frontiera più efficienti - si raccomanda di introdurre «misure per la individuazione dei bisogni dei richiedenti asilo, dei minori e delle altre persone con esigenze particolari». E si ricorda come i «luoghi di trattenimento» debbano rispettare quanto prevede la Direttiva accoglienza: «Disponibilità di spazi aperti, possibilità di comunicare e ricevere visite (da personale Acnur, familiari, avvocati, consulenti legali e rappresentanti di ong) e il diritto di essere informati delle norme vigenti nel centro». Inoltre, anche nel caso di domande di protezione internazionale «manifestamente infondate» (perché di persone provenienti da Paesi ritenuti “sicuri”) si chiede di vagliare prima se la persona invoca «gravi motivi per ritenere che, nelle sue specifiche circostanze, il Paese non sia sicuro». Un inciso riguarda pure la stretta alla protezione complementare. «Le nuove disposizioni eliminano il riferimento alla vita privata e familiare», rammenta il documento, auspicando procedure veloci per identificare gli apolidi e la necessità di garantire una protezione complementare a persone che, se rispedite nel proprio Paese «rischino una violazione dei propri diritti fondamentali».

Serve «corridoio lavorativo». In apertura, il documento riconosce alcuni «sforzi compiuti dalle autorità italiane nell’individuare soluzioni per rispondere alla pressione migratoria». Fra questi, la «gestione efficace e trasparente del sistema di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale» o le «misure relative alla gestione dell’hotspot di Lampedusa», fra cui «l’attivazione di una postazione del 118 sull’isola e il rafforzamento dei trasferimenti dai punti di crisi». C’è «apprezzamento» pure per la disposizione che introduce «una quota d’ingressi per lavoro per rifugiati e apolidi» nell’ambito del Decreto flussi, e «per la loro inclusione» negli ingressi “extra-quota” dopo la formazione professionale. L’Acnur «raccomanda che già dal prossimo Decreto flussi sia assegnata una specifica quota riservata» per favorire un «corridoio lavorativo» a beneficio di apolidi e ai rifugiati residenti in Paesi di primo asilo o di transito.

Il taglio “punitivo” dei servizi. Ma soprattutto l’Acnur esprime «profonda preoccupazione» per la norma che elimina servizi ai profughi come «supporto psicologico, informazione legale o corsi di lingua italiana». Così, ragiona Cardoletti, non si facilita «lo sviluppo di percorsi di autosufficienza e autonomia dei richiedenti asilo» e si rischia «una loro completa dipendenza dal sistema di accoglienza». Il risultato? Visto che l’esame della domanda d’asilo può durare un anno anche solo in prima istanza, il richiedente resta a lungo in una struttura senza accedere a servizi cruciali. «Forse vorrebbe disincentivare gli arrivi - osserva la funzionaria Onu -, ma rischia di essere più una “punizione” per quanti potrebbero essere avviati verso cammini di autonomia». L’Acnur «ribadisce la disponibilità a collaborare con le autorità italiane» per «elaborare le migliori soluzioni normative od operative, a partire dalle raccomandazioni qui contenute». Ma davvero, chiediamo, vi aspettate che il governo interloquirà? «Ci speriamo - conclude Cardoletti -. In fondo, le nostre raccomandazioni individuano possibili aggiustamenti non particolarmente complicati da realizzare».

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