venerdì 3 dicembre 2021
Via libero definitivo e all’unanimità della norma che vieta investimenti in aziende estere che ancora producono mine antipersona e bombe a grappolo
Un agente di polizia mostra una mina antiuomo disinnescata

Un agente di polizia mostra una mina antiuomo disinnescata - Ansa foto d'archivio

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Sul tabellone dei voti nell’aula di Montecitorio il numero dei «presenti e votanti 383» coincide perfettamente con quello dei «favorevoli 383». Taglia il traguardo così, con un voto all’unanimità, la proposta di legge 1813 che vieta investimenti finanziari all’estero nelle industrie che all'estero ancora producono mine anti-persona e bombe a grappolo. Un iter faticoso, con una sosta di un anno in commissione Bilancio alla Camera, per un parere del ministero delle Finanze che non arrivava mai. Chiuso definitivamente ieri, a 10 anni dal suo avvio. Ora manca solo la promulgazione del Presidente della Repubblica.

Era stato proprio un difetto di costituzionalità a costringere Sergio Mattarella a rinviare alle Camere la legge, approvata nel 2017. Quattro anni per correggere un vulnus. O forse anche per dribblare le pressioni di ambienti finanziari che non hanno gradito la chiusura di un lucroso canale di investimenti per fondi pensione e assicurazioni.

Secondo il Land mine monitor in quattro anni sono stati oltre 31 i miliardi di dollari investiti nel settore e sono 110 le istituzioni finanziarie che finanziano la produzione di armi che continuano a smembrare e uccidere civili anni dopo la fine dei conflitti. Nonostante i trattati internazionali di Ottawa e Oslo, infatti, nel mondo almeno sette aziende ancora producono mine anti-persona in Brasile, India, Cina e Corea del Sud.

«Il Parlamento ha recuperato la sua centralità», commenta soddisfatto Giuseppe Schiavello, presidente della Campagna italiana contro le mine, da anni in prima linea per portare al traguardo la legge. «Prima che festeggiare l’approvazione di questa legge, che deve attendere la firma del Presidente della Repubblica - ricorda prudente Schiavello - festeggiamo il coraggio, la costanza e la caparbietà con i quali il Parlamento ha rivendicato il suo ruolo, riscrivendo una pagina di virtù e orgoglio politico». La Campagna ringrazia tutti i parlamentari «che si sono battuti instancabilmente e particolarmente l’ex-senatrice Silvana Amati (Pd), prima firmataria della proposta nella precedente legislatura», assieme «all’impegno del relatore della legge, Massimo Ungaro di Italia Viva, e di Graziano Delrio del Pd». Un grazie anche a Fdi «che prima aveva optato per l’astensione e stavolta ha espresso parere favorevole».

Plaude anche Rossella Miccio, presidente di Emergency: il fondatore Gino Strada denunciò l’orrore dei bambini dilaniati da questi ordigni infidi. «Sono passati oltre vent’anni - ricorda Miccio - da quando Strada ha parlato degli effetti di questi “Pappagalli verdi” sui bambini in Afghanistan (il titolo del suo libro ispirato dall’aspetto delle mine simili a giocattoli ndr), e noi ancora ne vediamo le conseguenze». Miccio ricorda come «dodici Paesi, tra cui Stati Uniti, Cina e Russia, non hanno ancora ripudiato la futura fabbricazione di mine. Disincentivare i finanziamenti per la produzione è cruciale».

Grande la soddisfazione del relatore Massimo Ungaro (Iv): «Finalmente la Camera ha approvato in via definitiva, dopo un iter molto travagliato di oltre 11 anni e ben 4 passaggi parlamentari, la proposta di legge che introduce il divieto di finanziamento», attribuendo «nuove funzioni agli organi di vigilanza: Banca d’Italia, Ivass, Covip e il Mef».

«Il divieto di finanziamento è totale per tutte le società, in Italia o all’estero, che, direttamente o tramite società controllate o collegate» abbiano a che fare in qualsiasi modo con «mine anti-persona e submunizioni cluster», sottolinea Federico Fornaro (Leu). «Un crimine contro l’umanità che in Italia non si può più finanziare», fa eco Laura Boldrini (Pd). Concorda Galeazzo Bignami (Fdi), precisando che il voto «non deve però essere un affondo all’industria della Difesa».

Studiate e costruite per straziare​

Si chiamano "cluster bomb": sono le bombe a grappolo o munizioni a grappolo. Si tratta di ordigni, in genere sganciati da velivoli o elicotteri e talvolta con artiglierie, razzi e missili guidati, contenenti un certo numero di submunizioni. Il tipo più comune è progettato per colpire su un’ampia area persone e veicoli. Molte submunizioni però, spesso restano a terra inesplose. Con conseguenze analoghe a quelle delle mine antipersona.

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