sabato 13 marzo 2010
«Con la sentenza del 2009 – scrivono i giudici costituzionali – è già stata stabilita una deroga al divieto generale di crioconservazione» basata sulla valutazione dello stato di salute della donna.
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La Consulta ha ritenuto inammissibili le questioni di legittimità costituzionale di alcune norme della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, sollevate dal Tribunale di Milano nel discutere i ricorsi di due coppie che chiedevano di poter effettuare la diagnosi preimpianto in quanto portatori di malattie genetiche. La Corte ha emesso un ordinanza (n. 97 del 2010) in cui si limita a ribadire che l’unica «deroga» al divieto di crioconservazione è quella stabilita dalla precedente sentenza 151 del 2009, che aveva abrogato il limite della produzione di tre embrioni da trasferire con un unico impianto. Nonostante dunque alcune associazioni che hanno promosso le cause davanti al Tribunale di Milano abbiano commentato favorevolmente l’ordinanza, come se la Consulta avesse stabilito un «diritto alla diagnosi preimpianto», le norme in vigore (articolo 13) continuano a prevedere un divieto della selezione eugenetica degli embrioni.La questione sollevata davanti alla Consulta dal Tribunale di Milano riguardava due coppie infertili (a rischio di trasmettere anomalie genetiche), che ritenendo violati gli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione, chiedevano di abolire alcune parti della legge 40, per poter effettuare la diagnosi preimpianto. In particolare le coppie volevano abolire l’articolo 6 comma 3 e gran parte dell’articolo 14. Il primo prevede che «la volontà di entrambi i soggetti di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita... può essere revocata da ciascuno dei soggetti indicati dal presente comma fino al momento della fecondazione dell’ovulo». L’articolo 14, che stabilisce limiti all’applicazione delle tecniche sugli embrioni, vieta la crioconservazione degli embrioni, stabilisce che non deve essere creato un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario e prevede che se il trasferimento in utero degli embrioni non è possibile per motivi di forza maggiore relativi allo stato di salute della donna, si possa rimandare tale trasferimento non appena sia possibile.La Corte costituzionale ha riunito in uno solo i due giudizi perché svolgevano argomentazioni analoghe e ha ricordato di essere già intervenuta sulla costituzionalità della legge 40 con la sentenza 151 del 2009, con la quale aveva dichiarato incostituzionale una parte del comma 2 dell’articolo 14 in cui si poneva a tre il limite di embrioni da produrre e trasferire. Tale decisione, ripete la Consulta (riunitasi per decidere lo scorso 8 marzo sotto la presidenza di Ugo De Siervo, redattore Alfio Finocchiaro), ha introdotto «una deroga al principio generale di divieto di crioconservazione» che comporta la possibilità di ricorrere «alla tecnica del congelamento con riguardo agli embrioni prodotti, ma non impiantati per scelta medica». Pertanto senza andare oltre la sentenza del 2009, la Corte respinge le eccezioni di costituzionalità sollevate agli articoli 6 e 14.Alcune associazioni che hanno promosso i ricorsi al tribunale (Cittadinanzattiva, Hera e Sos infertilità) invece ritengono che l’ordinanza della Consulta rappresenti una «nuova bocciatura della legge 40». Gli avvocati Maria Paola Costantini e Marilisa D’Amico sostengono che «i cittadini hanno diritto alla diagnosi preimpianto e alla crioconservazione». Ma i ricorsi in realtà sono stati respinti e di tale diritto non si trova traccia: la motivazione della sentenza 151 faceva riferimento a valutazioni mediche sulla salute della donna come norma per stabilire il miglior trattamento.
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