lunedì 4 dicembre 2023
Le elezioni europee poco si prestano alla tradizionale strategia “marciare divisi per colpire uniti”. E proprio Matteo Salvini ne sa qualcosa...
Matteo Salvini

Matteo Salvini - ANSA

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Le elezioni europee poco si prestano alla tradizionale strategia “marciare divisi per colpire uniti”. E proprio Matteo Salvini ne sa qualcosa. La sua eurocavalcata trionfale del 2019, con il massimo dei voti incassati dalla Lega su scala nazionale e risultati a due cifre persino nel Meridione, fu paradossalmente l’inizio di una parabola discendente. Perché proprio quella netta divaricazione di scelte tra Carroccio e M5s in campo europeo (con i pentastellati che entrarono nella maggioranza Ursula e Salvini che ne rimase orgogliosamente fuori) segnò una frattura politica che nessun equilibrismo avrebbe potuto ricomporre.

Per le alleanze nazionali, remare in direzioni diverse nell’Europarlamento è un problema che non si risolve con qualche artificio retorico. Perciò lo scenario che si sta configurando nelle ultime settimane non è rassicurante per quanto accadrà al governo dopo l’eurovoto di giugno. Alle “tre destre” - quella tradizionalmente innestata nel Ppe di Forza Italia, quella euroscettica ma collaborativa di Fdi e quella sovranista della Lega - potrebbe anche riuscire il giochino interno di occupare più campo elettorale possibile, ma la contraddizione scoppierebbe il giorno seguente. Specie se Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia decidessero di afferrare la mano tesa del Ppe e accettassero di partecipare ad una euromaggioranza a dir poco multicolore, in cui i conservatori italiani potrebbero trovarsi a collaborare sui dossier strategici con i socialisti.

Va detto che proprio Giorgia Meloni e Antonio Tajani rappresentano una sorta di ultima boa che potrebbe consentire a Matteo Salvini di rientrare nel grande risiko della maggioranza europea anche un secondo dopo le urne, grazie alle «garanzie» che la premier e il leader di Forza Italia offrirebbero sul loro alleato. Tuttavia, non è detto che gli stessi Meloni e Tajani consentano a Salvini di condurre una campagna aggressiva (anche) a loro danno per poi offrirgli il beneficio di tenere le mani in pasta a Bruxelles. Perciò questa tripartizione è sin da ora allarmante per le prospettive dell’esecutivo.

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