lunedì 18 luglio 2022
Accordo Fico-Casellati: mercoledì "comunicazioni fiduciarie", si inizia dal Senato. M5s verso nuova scissione. Fi-Lega: avanti solo senza di loro.
Matteo Salvini, Mario Draghi e Giuseppe Conte

Matteo Salvini, Mario Draghi e Giuseppe Conte - Ansa

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Mario Draghi oggi è lontano da Roma: il premier, in visita ad Algeri per un vertice intergovernativo, rientrerà in serata portando come dote i nuovi accordi sul gas decisivi per affrancarsi dal metano russo. Potrebbe essere – il condizionale è d’obbligo – l’ultima missione internazionale del presidente del Consiglio. Ed esprime in qualche modo anche uno stacco, uno iato, tra le urgenze del Paese – mettersi al riparo da un autunno e da un inverno “freddo” a causa della crisi energetica – e la crisi di governo in corso.

Non è dunque Mario Draghi il protagonista diretto di questa giornata, che segna il “meno due” dalla verifica parlamentare prevista mercoledì alla Camera e al Senato. La riunione dei capigruppo della Camera ha chiarito che quelle del premier saranno "comunicazioni fiduciarie", quindi con un voto da parte dei gruppi. La conferma viene anche dal presidente di Montecitorio, Roberto Fico. Domani si riunirà anche l'ufficio di presidenza del Senato, ma il nodo del "dove" Mario Draghi terrà le prime comunicazioni è stato risolto da una telefonata Fico-Casellati: si inizierà dal Senato, e quindi sarà Palazzo Madama per prima a votare la fiducia. Non è un tecnicismo: Pd, Ipf e "governisti" di M5s hanno provato a far partire la verifica dalla Camera, dove i pentastellati non contiani sono in folto numero. Lega, Fdi e Fi si sono opposti e alla fine si è deciso che fosse il Senato, dove M5s giovedì non ha partecipato alla fiducia sul decreto-Aiuti, ad ascoltare per primo il presidente del Consiglio. A Palazzo Madama, come noto, i gruppi pentastellati sono composti in modo prevalente da senatori favorevoli alla "linea dura" verso l'esecutivo.

IL CALENDARIO

Al Senato Draghi andrà mercoledì mattina, alle 9.30. Dopo 5 ore di discussione generale, ci saranno le repliche fino alle 16.30. Alle 18.30 si svolgerà la prima chiama per il voto di fiducia. Alla Camera Draghi andrà invece giovedì mattina: dalle 9 alle 11.30 ci sarà la discussione generale e alle 11.30 la replica di Draghi.

LE POSIZIONI DEI PARTITI

​Al centro della scena, dunque, i partiti, le cui posizioni sembrano essersi cristallizzate. I fari principali sono puntati sul Movimento cinque stelle e su Giuseppe Conte. I pentastellati vivono un momento decisivo, segnato da tensioni estreme: sono ore, giorni che il Consiglio nazionale M5s è riunito. Sedute fiume, dai toni accesissimi, si alternano a lunghe pausa in cui il leader sente invece i gruppi parlamentari di Camera e Senato. La battaglia tra chi vorrebbe restare nel governo e in maggioranza, e chi invece, vuole stare all’opposizione, è durissima. Nemmeno l’ipotesi di un voto on line sulla posizione da assumere verso Draghi potrebbe essere sufficiente a evitare una nuova pesante scissione interna. La stessa posizione da leader di Giuseppe Conte è in bilico, nel momento in cui la “linea dura” fosse sconfessata dai gruppi. E mentre per i governisti c’è il richiamo di Luigi Di Maio e di Enrico Letta, pronti ad accoglierli per non indebolire l’asse “progressista” delle larghe intese, agli “ortodossi” arrivano i messaggi in codice, dalla Russia, dove si trova per un reportage giornalistico, di Alessandro Di Battista. Nelle ultime ore, i "contiani" hanno messo nel mirino il capogruppo M5s alla Camera, Davide Crippa, "colpevole" di aver provato a far partire la verifica dalla Camera dei deputati. E se i governisti si aspettano un intervento di Grillo per correggere la rotta di Conte, lo stesso Grillo li delude postando sui suoi social la foto di una colla, interpretata come una presa di distanza dai parlamentari che vogliono proseguire la legislatura. Una foto che è servita anche a smentire le voci di una "irritazione" del garante rispetto a Giuseppe Conte.

Per quanto riguarda Fi e Lega, la linea sembra essersi assestata: o un nuovo governo e una nuova maggioranza senza M5s, o il voto. Salvini ha anche rincarato la dose: "mai più in maggioranza con i fannulloni". Mentre Giorgia Meloni, Fdi, accusa la "sinistra" di "scappare dal voto". Il Pd, in questo scenario, fa da ago che cuce: mentre continua ad appellarsi a “tutto” M5s e allo stesso Conte per uno scatto di responsabilità, ha ormai digerito l’idea che a sostenere l’esecutivo Draghi possa anche essere una “parte” di pentastellati, quasi auspicando una nuova scissione nel caso in M5s prevalesse la linea dell’opposizione al governo. In generale, sono segnali che non lasciano presagire, al momento, una soluzione della crisi nel segno della continuità di Mario Draghi.

​VOTO, NUOVA MAGGIORANZA O "TREGUA": I TRE SCENARI


Gli scenari della crisi, quindi, restano sostanzialmente tre, in ordine di “realismo”:

1 – il presidente del Consiglio Mario Draghi, dopo le dichiarazioni alle Camere, constatato che non vi è un rientro di M5s nei ranghi della maggioranza, conferma le proprie dimissioni e le mette nelle mani del capo dello Stato Sergio Mattarella. Anche se alle Camere si svolgeranno "comunicazioni fiduciarie", quindi che prevedono un voto di fiducia finale, il premier potrebbe, dopo il dibattito, annunciare alle aule l'imminente salita al Colle per confermare le proprie dimissioni. Negli ultimi giorni, dal Colle sono arrivati segnali chiari: in questo caso, con Draghi indisponibile a continuare, si procederebbe allo scioglimento delle Camere e alle elezioni anticipate tra fine settembre e inizio ottobre. Draghi, che non è stato sfiduciato dalle aule, resterebbe in carica per gli affari correnti: potrebbe, in teoria, emanare decreti urgenti e anche continuare nell’attuazione delle riforme, ma il cammino in un Parlamento balcanizzato sarebbe complesso.

2 – M5s vive una profonda scissione interna, tale da poter essere interpretata, politicamente, come la “sconfitta” della linea di Conte e dei barricaderi. In tal caso, tali valutazioni politiche potrebbero spingere Mario Draghi ad andare avanti con una maggioranza formata da Lega, Fi, Iv, centristi, Pd, Ipf ed ex 5s, che andrebbero a distribuirsi tra Ipf, Misto e anche Pd, ancora in funzione di “riequilibrio” rispetto alla forza del centrodestra di governo. In questo scenario, inizierebbe una partita nella partita relativa al futuro di M5s e della leadership di Conte. Se accettasse questa opzione, Draghi dopo il confronto alle Camere ritirerebbe le dimissioni, procederebbe a un rimpasto per sostituire i ministri che scegliessero l’opposizione e si ripresenterebbe alle Camere per una nuova fiducia.

3 – l’ultima ipotesi, la meno realistica, è un ritorno “pieno” di M5s in maggioranza e nel governo, alla luce di quanto dirà Draghi mercoledì alle Camere. A quel punto, però, andrà valutato quale sarà la posizione di Lega e Fi, che nelle ultime ore sono state nette: o maggioranza senza pentastellati o voto.

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