martedì 14 novembre 2023
Beppe Grillo anche stavolta ha fatto centro negli ascolti col suo monologo. Penalizzato però dalle non ammissioni fatte sull'utilizzo della politica e degli attacchi ad esponenti di altri partiti
Beppe Grillo, il garante del Movimento Cinque Stelle

Beppe Grillo, il garante del Movimento Cinque Stelle - ANSA

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Personaggio “forte” e divisivo come pochi, Beppe Grillo anche questa volta ha fatto centro. Non certo per l’impatto sui media, che lo hanno massacrato, ma per il riscontro in termini di ascolti (che sono sempre stati la sua forza): il programma di Fazio ha toccato con lui, tornato in tvdopo 9 anni per quella che doveva essere un’intervista ma è stato un monologo, uno “share” del 12,1% e picchi vicini ai 3 milioni di spettatori. Gli stessi detrattori, tuttavia, con i loro commenti lo hanno reso protagonista, confermando al comico che fondò un partito quella centralità che non può essere confinata nelle categorie stantie usate per altri personaggi. Istrione e visionario, fuori dagli schemi (come quando ha ricordato che «senza Dio non ci sarebbe la cultura europea») e dal fare arrogante, Grillo si è conferma-to uno showman imprevedibile. Lo è stato nel male, come per lo scivolone (stoppato saggiamente dal conduttore) del tirare in ballo l’avvocato Giulia Bongiorno, controparte del figlio in una vicenda processuale di presunta violenza che non doveva entrare in quel contesto. Ma lo è stato anche nell’aver riconosciuto subito domenica sera, ora che è «confuso e anziano», che fondando il M5s ha «peggiorato l’Italia». Un espediente retorico, si è detto. Probabilmente sì, ma anche un’ammissione che lui comunque ha fatto, unico fra tanti leader che non hanno contribuito a migliorarlo, questo Paese. Un’unicità che fa parte di quelle caratteristiche che ne hanno fatto, in ogni caso, il primattore della più incredibile saga politica di uno Stato europeo negli ultimi 20 anni; e il coautore di due misure - il Reddito di cittadinanza e il Superbonus - che come poche hanno segnato l’Italia, pure qui nel bene come nel male. Una vicenda che, in fondo, racconta molto di questo Paese e dei suoi vizi. Facile dire oggi che i suoi «vaffa» hanno prodotto soprattutto macerie ed errori, ma alla base di tutto c’era quel distacco fra certa classe dirigente e gli elettori che oggi ha assunto altre forme. A Grillo va riconosciuto però di aver anche svelato indirettamente che - per così dire -“il popolo è nudo”, nel senso che i rappresentati non sono poi troppo dissimili dai loro rappresentanti in Parlamento: come quel Di Maio «la cartelletta», ora oggetto dell’ironia del comico perché si sarebbe dimostrato per primo troppo attaccato al potere; o lo stesso Conte ora a capo del Movimento, malgrado un «bel litigio» all’inizio (che peraltro era noto). Più che altro, Grillo ha perso l’occasione per un paio d’ammissioni in più: come quella che egli stesso ha fatto un danno alla politica strumentalizzandola come la fonte di un lauto “contratto di consulenza” di cui certo non aveva bisogno; e che, come gli ha ricordato Maria Elena Boschi (di Iv), a diffondere violenza verbale non si sa dove si finisce. «Se il mondo entra nella tua famiglia, il mondo te la sfascia», ha detto Grillo, tornando, con amarezza, alla sua vicenda familiare. Demolire anzichè costruire dovrebbe essere un concetto aborrito da tutti. E una lezione per quei politici che, per di più, fanno ridere meno di un Grillo.



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