sabato 28 gennaio 2023
Spunta un video sul covo di Campobello di Mazara. Intanto la Commissione Antimafia nella sua relazione conferma: Cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra partner sulle scommesse
Le perquisizioni dei giorni scorsi a Campobello di Mazara, nel Trapanese

Le perquisizioni dei giorni scorsi a Campobello di Mazara, nel Trapanese - Fotogramma

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Una casa ordinata, i quadri alla parete, due leoncini di peluche, un divano marrone, una stanza adibita a palestra: l'appartamento in cui il boss Matteo Messina Denaro ha trascorso gli ultimi mesi della latitanza potrebbe essere l'abitazione di un uomo qualunque. Il filmato con le immagini del covo è stato girato dai carabinieri del Ros che, il 16 gennaio, hanno arrestato il capomafia trapanese, risalendo al suo rifugio a Campobello di Mazara. Ed è stato diffuso ieri. Nel salotto una tv, i libri disposti su una mensola, i quadri alle pareti con riproduzioni di dipinti famosi, come i Girasoli di Van Gogh e le foto dei protagonisti del film il Padrino e di Joker (già diffusi dai media), nella stanza adibita a palestra anche l'asse da stiro, decine di scarpe costose sistemate in una scarpiera: un appartamento come tanti. Intanto – mentre lui, il boss, continua a chiedere cure speciali nel carcere dell’Aquila, dove può parlare solo con i medici – proseguono le indagini sulla rete di fiancheggiatori che ne avrebbe garantito la lunga latitanza.


«La criminalità oggi condiziona irreversibilmente il settore del gioco pubblico d’azzardo e di conseguenza condiziona lo Stato italiano». Lo scrive la Commissione parlamentare Antimafia nella relazione “Influenza e controllo criminali sulle attività connesse al gioco nelle sue varie forme”, approvata a fine legislatura e pubblicata in questi giorni. Un’affermazione confermata dalle notizie che emergono dalle indagini sulla latitanza di Matteo Messina Denaro che sarebbe stata finanziata dagli incassi del ricco affare delle scommesse online, nel quale “U’ Siccu” è da tempo presente, come dimostrato da varie inchieste, citate anche dalla Relazione. « Il gioco d’azzardo - si legge ancora nelle 166 pagine del documento, relatore il senatore Giovanni Endrizzi - rappresenta già da diversi lustri un settore strategico per i gruppi criminali più strutturati. Negli anni tale interesse è divenuto sempre più intenso e pervasivo grazie al dinamismo stesso del settore, in continua espansione economica ed evoluzione tecnologica, tanto da raggiungere, secondo stime prudenziali del 2021, valori che rasentano circa 20 miliardi di euro l’anno».

Da almeno dieci anni il boss di Castelvetrano è presente nell’affare, attraverso in particolare il nipote Francesco Guttadauro (la sorella è l’avvocato di Messina Denaro), che per conto dello zio contattava imprenditori del settore, finiti poi in manette, come in fratelli Giuseppe e Carmelo Placenti, legati al clan catanese Santapaolo-Ercolano, citatissimi nella Relazione in particolare per l’operazione “Doppio gioco” di due anni fa, dove compaiono sia Guttadauro che Messina Denaro. Non estorsione ma vera e propria condivisione. « La criminalità organizzata si è in alcuni casi sovrapposta e in altri affiancata, ai concessionari del gioco legale» scrive la Commissione e spiega: « Lo fa in maniera multiforme: condiziona direttamente la gestione, eventualmente attraverso prestanome, di sale e punti di raccolta inseriti nel circuito “legale” di gioco e scommesse; si è dotata di strutture parallele con le quali esercitare l’offerta illegale: dai centri scommesse mimetizzati come Centri Trasmissione Dati alla realizzazione di siti abusivi per l’offerta di gioco e scommesse online, situati anche all’estero.

L’ampliamento dell’offerta d’azzardo legale, ha determinato l’infiltrazione della criminalità, sempre pronta ad incunearsi nei settori ove vi siano movimentazioni di denaro per acquisirne il controllo». Un affare così importante al punto da far stringere alleanze tra le diverse mafie, come spiegato nella Relazione e come troviamo in alcune delle inchieste che hanno coinvolto gli uomini del “Diabolik” di Castelvetrano. «Sempre più spesso le principali organizzazioni mafiose (Cosa nostra, ‘ndrangheta, e camorra) si riuniscono in partnership per sfruttare il business dei giochi e delle scommesse».

Così «matrici criminali diversissime» hanno messo «in comune disponibilità finanziarie, expertise tecnico-informatiche di imprenditori (parte non affiliati), per manipolare il ciclo delle scommesse e del gioco d’azzardo online ». Il motivo dell’alleanza è ben spiegato dalla Commissione: « La scarsità e la concentrazione di queste competenze, unite all’alta redditività del settore e alle miti pene edittali previste per i reati connessi al gioco d’azzardo» hanno indotto le diverse organizzazioni a «unirsi e creare vere e proprie sinergie criminali. Hanno dunque associato alle proprie disponibilità finanziarie il know-how tecnico-informatico di alcuni imprenditori conniventi creando veri e propri network, fino ad avere un rapporto pienamente sinallagmatico (con nesso di reciprocità, ndr) tra mafie e fornitori di servizi specifici.

Le consorterie mafiose hanno dunque sviluppato così una propria filiera illegale del gioco d’azzardo online, nonché colonizzato in certa parte l’offerta fisica legale sia con i “tradizionali” metodi estorsivi sia, ancora una volta, blandendo imprenditori conniventi». Esattamente la strategia di Messina Denaro, e non solo nell’azzardo. Creando dei veri “cartelli tra gli imprenditori” e «sviluppando una continua pressione corruttiva sulla pubblica amministrazione fino a far alterare a loro favore l’iter di un bando di gara statale per la realizzazione di un progetto contro la ludopatia, che prevedeva l’erogazione di un sostanzioso finanziamento, parte del quale a fondo perduto».

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