mercoledì 9 gennaio 2013
Sono 52 milioni (aumentati di 19 milioni in vent'anni), per l'83% donne, ma la maggior parte non gode degli stessi diritti degli altri lavoratori. Sono 7,4 milioni i minori di 15 anni
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Negli ultimi venti anni i collaboratori domestici di tutto il mondo sono aumentati di oltre 19 milioni. Oggi sono almeno 52 milioni, di cui l’83 per cento donne, ma solo un lavoratore su dieci vede riconosciuti i propri diritti dalle leggi del paese in cui lavora. È quanto afferma l'Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) nel suo primo rapporto sul tema presentato oggi, e rilanciato dall'agenzia Redattore Sociale. “Tra la metà degli anni 1990 e il 2010, c'è stato un aumento di oltre 19 milioni di lavoratori domestici in tutto il mondo – spiega il rapporto -. Molti migrano verso altri paesi in cerca di lavoro, ma è probabile che i dati sottovalutino l’entità reale del fenomeno, che in realtà potrebbe contare decine di milioni di lavoratori in più”. Tra i dati del rapporto, infatti, mancano i minori di età inferiore ai 15 anni che lavorano come collaboratori domestici, una presenza stimata dall’Ilo in circa a 7,4 milioni nel 2008. Nonostante le dimensioni del settore, però, l’Ilo denuncia le cattive condizioni di lavoro e l'insufficiente tutela giuridica.

Secondo il rapporto, infatti, solo il dieci per cento di tutti i lavoratori domestici è coperto dalla legislazione generale del lavoro nella stessa misura degli altri lavoratori. Più di un quarto di loro è completamente escluso dal diritto nazionale del lavoro, oltre della metà di tutti i lavoratori domestici non ha alcuna limitazione del proprio orario settimanale e circa il 45 per non ha diritto a periodi di riposo settimanale e alle ferie retribuite. Poco più della metà di tutti i lavoratori domestici, infine, ha diritto a un salario minimo equivalente a quella di altri lavoratori, mentre più di un terzo delle lavoratrici domestiche non ha alcuna protezione della maternità. "I lavoratori domestici sono spesso costretti a lavorare di più rispetto agli altri lavoratori e in molti paesi non hanno gli stessi diritti di cui godono gli altri lavoratori – ha spiegato Sandra Polaski, direttore generale delegato dell’Ilo -. La mancanza di diritti, la dipendenza estrema dal datore di lavoro e l’isolamento dovuto alla natura stessa del lavoro domestico può renderli vulnerabili allo sfruttamento e agli abusi”. Particolarmente a rischio i lavoratori domestici migranti. Lo status giuridico precario e la mancata conoscenza della lingua locale e delle leggi li rende ancor più vulnerabili, spiega il rapporto. "Le notevoli differenze tra salari e le condizioni di lavoro dei lavoratori domestici rispetto agli altri lavoratori nello stesso paese – spiega Polaski - sottolineano la necessità di un'azione a livello nazionale da parte dei governi, dei datori di lavoro e dei lavoratori per migliorare la vita lavorativa di questi individui vulnerabili". I dati diffusi oggi dall’Ilo, spiega il rapporto, sono i primi dopo l’adozione, nel giugno 2011, della nuova Convenzione Ilo e delle Raccomandazioni sul lavoro domestico e saranno un punto di riferimento per l’evoluzione del fenomeno. I nuovi standard internazionali, infatti, mirano a garantire condizioni di lavoro e retribuzioni dignitose per i lavoratori domestici in tutto il mondo. Attualmente, però, la Convenzione è stata ratificata soltanto in tre paesi, altrettanti hanno completato le procedure di ratifica e molti altri hanno avviato le procedure.

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