martedì 28 agosto 2012
COMMENTA E CONDIVIDI
«Ladins, tegnon adum, che la forza vegn dal grum!».  L'imperativo che sprona a stare uniti, per farsi forza, viene dalla lunga  storia che ha allenato a lottare i 35mila ladini delle vallate dolomitiche (Gardena, Badia, Fassa, Ampezzano e Livinallongo). L'ultima battaglia è di poche settimane fa contro i previsti tagli alle autonomie speciali previsti dalla "spending rewiev" e mitigati poi dalla "clausola di salvaguardia" per le province di Trento e Bolzano. «Abbiamo fatto fronte comune - spiega l'assessore regionale alle minoranze Luigi Chiocchetti, ladino della Val di Fassa - perché ci dobbiamo battere contro un paradosso: a fronte degli appelli dell'Unione europea per sviluppare il multiculturalismo, in Italia si bolla come privilegio delle autonomie speciali l'aver amministrato il territorio tutelandone la ricchezza culturale rappresentata dalle minoranze linguistiche».Pure le altre minoranze trentine, mòcheni e cimbri, hanno condiviso questa presa di posizione appoggiata dai ladini storici del Veneto (si veda intervista a parte). «In questa fase è decisivo l'impegno comune.  Il gruppo linguistico ladino appartiene a tre province (Bolzano, Trento  e Belluno), ma deve far valere la propria unità culturale e politica - ribadisce anche Florian Mussner, assessore per la lingua ladina della Provincia di Bolzano - anche a favore di chi si trova in posizione più debole». E Mussner sa bene che l'unità non è mai scontata nemmeno in Alto Adige, dove talvolta l'identità valligiana, magari a fini turistici, rischia di creare concorrenza interna: «Se dobbiamo fare autocritica - ammette l'assessore ladino - è proprio sul dovere di lavorare e presentarci uniti: nessuno  deve sentirsi più bravo degli altri».Ogni valle, peraltro, ha le sue specialità. Nella trentina val di Fassa, ad esempio, i sette comuni legati dal 1946 nell'Union di Ladins de Fasha si sono finalmente riuniti nel Comun generale de Fasha, con "procuradora" Cristina Donei. Fino a quando, le chiediamo, i ladini trentini avranno bisogno di un procuratore? «Sempre - risponde decisa - , perché dietro le spalle noi non abbiamo realtà statali come gli altoatesini. Ma sarebbe un danno per tutti la perdita progressiva delle nostra lingua ladina, forgiata nei secoli e parlata un tempo dalla Svizzera fino al Friuli».Il mantenimento della lingua è il barometro costante della "pressione" ladina: «Noto con soddisfazione - osserva la procuradora Donei - che i primissimi dati dal censimento 2011 dicono che 18.500 persone (per la val di Fassa il 90%) si dichiarano ladini: non tutti lo parlano o lo parlano bene, lo so, ma ci tengono ad indicare però un'appartenenza: magari torneranno a parlarlo i loro figli».Fin dalle materne, i progetti linguistici d'avanguardia non si sono mai fermati nelle scuole, ma ora la frontiera è in Rete: con il contributo degli istituti di ricerca trentini, i ladini hanno messo a punto una piattaforma web in cui la lingua - dagli infiniti toponimi e varianti di valle - viene raccolta, codificata e arricchita di continuo. Accanto ai musei ladini - l'Istituto Culturale di Vigo di Fassa ospita ogni settimana laboratori didattici - gli uffici linguistici del Comun generale, delle Province e della Regione pensano con varie iniziative a difendere l'uso del ladino negli atti amministrativi e nella vita sociale. La tv fa la sua parte: «Oltre al servizio pubblico della Rai che dagli anni Ottanta trasmette un notiziario quotidiano in ladino, dal 2009 abbiamo un canale digitale dedicato da Tca a Tele Minoranze Linguistiche con servizi vari dalle varie realtà etniche trentine», dice Silvano Ploner, giornalista ladino che vi collabora e che già dal 2005 conduce su Rttr, altra tv trentina, la seguita rubrica settimanale di attualità ladina "Ercaboan".Fontanazzo,  a quota 2mila metri, domina dall'alto l'intera valle di Fassa, in uno degli ambienti più selvaggi del gruppo del Catinaccio, la val Dona. Qui lavora Andrea Amplatz, gestore del piccolo e genuino rifugio val Dona, ricavato da uno dei tanti fienili di una valle dove la segagione è finita già nel 1977. «Ora è un peccato che ci sia ancora divieto di pascolo quassù, basterebbero una cinquantina di mucche per rendere più viva la valle - rileva Andrea, mamma trentina e papà bolzanino, moglie di Canazei -. Ricordo ancora la famiglia dei miei suoceri portare il fieno a valle dentro i sacchi. Sono rimasti in pochi a curare i pascoli alti». Come mai? «I motivi sono anche storici, in Trentino non c'è la legge del maso chiuso come in Alto Adige, che assicura il passaggio di generazione in generazione. E poi alla fine degli anni Settanta qui si è fatto l'errore di pensare più alle case per i turisti che alle malghe. Ora lo si è capito».Tanto che tra le proposte più ricercate dagli stessi villeggianti sono proprio le rievocazioni della fienagione e i laboratori sulla lavorazione del latte: «È dal lavoro e dalla vita quotidiana che passano i valori della ladinità, altrimenti rimane al chiuso del museo o delle lezioni scolastiche. Peraltro vedo che in molte occasione l'appartenenza alla minoranza è molto sentita. Sì, l'identità è ancora forte». Anche nei giovani, che amano tornare dagli amici in paese. Come Bruno Amplatz, studente all'Accademia di Venezia dopo il diploma di scuola d'arte in valle: «Non sono di quelli che tengono al costume folk - afferma, dietro il bancone del rifugio di papà - ma trovo normale e piacevole parlare in ladino con i miei amici in paese: è la mia lingua».A fine agosto arriva la festa "da l'istà", ritrovo annuale della Ladinia a fine estate, che richiama i ladini sotto le rocce del massiccio del Sella, dove sventolano le bandiere a tre colori: verde come i pascoli, bianca come la neve e celeste come il cielo. Un simbolo d'identità bandito nel ventennio fascista, poi recuperato ed ora agitato per nuovi impegni. A partire dalla responsabilità di quel Patrimonio naturale, le Dolomiti, che i grandi pannelli turistici segnalano all'ingresso di ogni valle: il riconoscimento dell'Unesco è da meritare ogni giorno con una politica ambientale attenta a non farsi dominare , come è stato in passato, dalle tentazioni di un mercato globalizzato.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: