martedì 27 dicembre 2022
L'incontro con la giovane senza dimora di 23 anni che ha lasciato il neonato dopo il parto
Giovani vivono sulla strada, alla periferia di Roma

Giovani vivono sulla strada, alla periferia di Roma - Ansa

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Un giaciglio protetto da due ombrelli, qualche coperta, un cestino con dentro due mele che gli ha fatto avere un amico, è il suo pasto di ieri. Sabrina, 23 anni, la ragazza che due settimane fa ha partorito all’ospedale di Melegnano un bambino prematuro che da subito non ha voluto riconoscere, per diversi minuti evita di dare una risposta ad alcune domande. Con lei c’è Maicom, il suo uomo, l’ancora di salvataggio che le permette di superare le tante insidie che malgrado la sua giovane età le sono capitate. Sembra le faccia da guardia davanti all’uscita 1 della stazione della MM di San Donato: la postazione è all’esterno e il freddo, anche se sono le prime ore del pomeriggio si fa sentire. Quando la rassicuriamo che Avvenire da sempre è accanto alle mamme, Sabrina si scioglie e ci racconta una storia che mai avrebbe voluto diventasse di dominio pubblico. «Nessuno mi ha chiesto l’autorizzazione a raccontare la mia vicenda. Sono in ansia, non so neppure io cosa posso fare».

Sabrina è la ragazza finita “in copertina”, su tutti i siti informativi, il giorno di Natale, perché ha rinunciato al suo bambino dopo averlo partorito. La sua vicenda ha innescato la reazione della ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità, Eugenia Roccella, secondo cui «sono tante le Sabrina che rinunciano alla maternità per ragioni economiche. E non si dica che serve una legge, perché la legge c'è. È la 194, e andrebbe soltanto attuata. Perché anche tanti che a parole la difendono poi non la mettono in pratica nella sua interezza: un problema di libertà femminile».

Lei, Sabrina, ci racconta che è partita dalla Sardegna tre anni fa, i genitori sono separati, l’unico contatto è con la nonna che le vuole bene. «Non ho il coraggio di chiamarla – aggiunge – dopo che anche la televisione ha raccontato la mia storia. Volevo essere io a informarla che avevo partorito e avevo deciso di non tenere il bambino». Ci racconta la sua disavventura: «Erano anni che non avevo il ciclo, quando mi sono ritrovata con il pancione ho deciso che questo figlio l’avrei fatto nascere, ma non l’avrei riconosciuto. Non volevo che la sua infanzia fosse segnata dalla povertà, dai disagi». Racconta che le hanno rubato i documenti e senza questi ogni soccorso, ogni servizio di assistenza è precluso. Per vivere si sposta tra Piazza Duomo e Cornaredo, dove è stata assistita dai volontari del Corpo italiano di soccorso dell'Ordine di Malta. La conferma arriva dagli stessi volontari che tutti i giorni della settimana, con le unità di strada, in accordo con i servizi sociale del comune d Milano, non solo riforniscono di piatti caldi questi senza tetto, ma fanno la spola fra il Duomo, San Donato, e altri quartieri a rischio.

In piazza Garibaldi è operativa il mercoledì sera un’ambulanza medica. Sabrina conferma di aver fatto la cosa giusta quando informata dal Tribunale dei minori ha deciso di non aver voluto nulla a che fare con una creatura che non voleva. Quando le chiediamo cosa si aspetta ci dice: «Qualcuno deve aiutarci ad avere i soldi per raggiungere Cagliari. Solo con i documenti, oggi purtroppo non abbiamo nessun diritto, potremo bussare alle porte del Comune, della Regione, della Caritas, ed avere ospitalità, una vita migliore». Con Maicom è da sei anni che stanno insieme: «Lui mi vuole bene, è un compagno prezioso che sa aiutarmi nei momenti di debolezza e mi è stato vicino in questa maternità. Ho frequenti crisi d’ansia, solo con la sua presenza riesco a superare il panico». A Cagliari vuole solo tornare per ritornare in possesso dei documenti, per il resto è un capitolo chiuso: «So che il mio bambino avrà una vita migliore di quella che potevo offrirgli io».

Ai loro tre bimbi – a Legnano, non troppo lontano da questo angolo milanese di disperazione – Ignazio e Milena invece non hanno rinunciato: vivono con loro in auto (uno, Ethan, ci è anche nato il 6 dicembre scorso), da quando papà ha perso il lavoro e non è più riuscito a pagare le bollette. La loro storia ha avuto un lieto fine provvisorio: un’associazione sta pagando alla famiglia un albergo per le feste. Dopo, si vedrà.

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