sabato 8 ottobre 2022
Grande partecipazione nella città di san Francesco per l’incontro organizzato dal Comitato della storica Marcia
La cura per gli altri, la via per la pace. «Con il Papa contro la guerra»

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Altro che bombe, bisogna avere cura. Bisogna costruirla, ch’è la sola via per costruire pace: cura degli altri, dell’ambiente, dei diritti, della cosa comune. E bisogna ci mettano i propri corpi in questa costruzione, quelli che dicono di volerla, la pace: tutti, che da soli servirebbe a poco o niente. Forse hanno cominciato sabato, ad Assisi, durante la giornata "Contro la guerra, con papa Francesco, per costruire la pace", al Sacro Convento. Alla quale hanno partecipato talmente in tanti, che sarebbe impossibile citarli al completo.

Molta carne al fuoco, che cuocerà velocemente oppure l’alternativa sarà una specie di abisso per l’umanità: «Ringrazio tutti coloro che s’impegnano per la pace, ma va fatto insieme – spiega subito padre Marco Moroni, il Custode del Sacro Convento di Assisi –. Candido il Sacro Convento a fare questo, partendo da un atteggiamento non violento e coerente». Tanto più che «non possiamo semplicemente dire di volere la pace, il problema è con quali mezzi la costruiamo? E perciò continuare a mandare armi ha senso?». Così ecco prendere corpo la grande manifestazione nazionale, che andrà fatta presto. E poi la prossima Marcia Perugia-Assisi, il 21 maggio 2023, che dovrà essere il culmine di un processo educativo alla pace per i più giovani, degli studenti e degli insegnanti, su tutti gli altri.

Il punto, dice Flavio Lotti, coordinatore della Perugia-Assisi, che ha organizzato l’incontro, è «non stancarci di chiedere pace», è «fare i conti con il nostro senso di impotenza, di smarrimento», è «capire cosa possiamo fare» e come «va percorsa la pace». La partita giocata da soli è destinata a essere persa, lo ripete Marco Tarquinio, direttore di Avvenire: «Sta mancando vedere insieme tutti coloro che si battono per la pace», mentre – ricorda – «sono in corso centosessantanove guerre, a bassa o alta intensità». Condannando senza mezzi termini «il traffico di armi, che è anche legale, legalissimo». Chiedendo ad alta voce «una manifestazione». Sottolineando l’aggressione di Putin, ma anche come «la Nato sia andata ad abbaiare a lungo vicino ai confini russi». Stigmatizzando «l’informazione che non si pone domande, ma segue sempre e solo una linea».

La pensa così anche Andrea Tornielli, direttore editoriale del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, preoccupato proprio dal «prevalere di un pensiero unico», dalla constatazione che «tutti sembrano avere messo l’elmetto» e ritengano «inevitabile scivolare dell’abisso nucleare». E convinto che «quella del Papa sia l’unica voce realista, perché pensa al "dopo", ai nostri figli, a cosa accadrà, anche a quale futuro potrà esserci per le relazioni internazionali», l’unica voce «realista e lungimirante». Non è insomma un caso che Rosi Bindi, ex deputata ed ex presidente della Commissione parlamentare antimafia, dica anche lei chiaro e tondo che in questo tempo «il Papa mi sembra l’unica autorità politica al mondo». E che «le cose che ci stiamo dicendo oggi sono realizzabili e possono essere frutto di decisioni politiche, anzi non prenderle sarebbe tradimento».

La preoccupazione è grande, inutile nasconderla: «Vedo svalutato il discorso sulla pace e vedo svalutata la diplomazia», annota Valerio De Cesaris, rettore dell’Università per stranieri di Perugia. Che non ha dubbi: «Quando c’è una guerra, bisogna dialogare col nemico. Anche col "cattivo". È il principio della diplomazia».

Ultimo pericolo: «C’è il rischio che l’indifferenza assopisca tutti», dice Stefania Proietti, sindaca di Assisi e presidente della Provincia di Perugia. Allora chiediamo aiuto ai giovani per primi, «sono i nostri più forti alleati, perché non si vergognano di dire che vogliono la pace».

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