venerdì 26 febbraio 2021
L'ambasciatore e sua moglie facevano volontariato nel centro aperto dal Gsi a Kinshasa grazie ai fondi dell'8xmille. Il presidente Loiacono: qui erano di casa. Dal 2016 la Cei ha avviato 231 progetti
L'ambasciatore Luca Attanasio insieme alla moglie Zakia tra la popolazione dei villaggi poveri del Congo

L'ambasciatore Luca Attanasio insieme alla moglie Zakia tra la popolazione dei villaggi poveri del Congo - Fotogramma

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Le belle parole riservate loro in questi giorni non sono le tipiche frasi di circostanza. Perché l’ambasciatore Luca Attanasio e la moglie si erano davvero dedicati a migliorare la vita dei congolesi. In particolar modo la signora Zakia aveva creato l’ong «Mama Sofia» che a Kinshasa si occupava di persone fragili. Ma parallelamente non si sottraeva ad aiutare chiunque era in difficoltà.
L’ambasciatore italiano e sua moglie, ad esempio, «erano di casa» nel centro per bambine di strada che Gsi Italia (Gruppo solidarietà internazionale) ha aperto dal 2017 nella capitale della Repubblica democratica del Congo, grazie ad un progetto dal valore di 800mila euro per tre anni finanziato dalla Cei con i fondi dell’8xmille. A sottolineare, nel giorno dei funerali di Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci, l’impegno in favore delle ragazze di strada di Luca e soprattutto della moglie Zakia è Antonio Loiacono, presidente del Gsi Italia, che ricorda come la donna «prestava il suo servizio di volontariato nella struttura di Kinshasa, partecipando attivamente alla vita e alla cura delle bambine». Anche «Luca la seguiva e anche le loro bambine hanno fatto parte della famiglia allargata che coinvolgeva le nostre bambine di strada». La loro attenzione al bene altrui perciò porta Loiacono a definire quella della famiglia Attanasio come «una bella storia di tenerezza familiare e di generosità umana che ha visto il suo sviluppo ai nostri occhi negli spazi di accoglienza e di servizio che abbiamo contribuito, Gsi e Cei insieme, a creare a Kinshasa». La frequentazione con il centro in cui si offre aiuto sanitario, psicologico, legale e di alfabetizzazione alle vittime della povertà congolesi e «il rapporto di amicizia personale con entrambi i due ragazzi, perché tali erano, generosi e solari nel loro amore e nella loro generosità», continua nel suo ricordo il responsabile del Gsi, sono perciò la causa del turbamento che tutti ora nell’associazione provano.
Ma il centro per bambine di strada è solo uno dei tanti progetti che la Chiesa italiana ha avviato nello Stato centroafricano grazie ai fondi dell’8xmile, attraverso il Servizio per gli interventi a favore dei Paesi del Terzo Mondo diretto da don Leonardo Di Mauro. In particolare dal 2016 ad oggi la Cei ha finanziato 231 progetti per la somma di 44,7 milioni di euro. Solo nel 2020 i progetti finanziati sono 23 per un valore di 6,3 milioni di euro (nel dettaglio ne risultano attivi 26 a Kinshasa e 9 nella regione del Nord Kivu dove sono rimasti uccisi i due italiani). Inoltre, nella scorsa riunione di Comitato per gli interventi caritativi a favore del Terzo Mondo, prima dell’anno 2021, i progetti approvati sono stati 4 per la somma di 600mila euro. Un aiuto che come ha detto l’arcivescovo di Kinshasa il cardinale Fridolin Ambongo Besungu, testimonia la grande solidarietà della Chiesa italiana per il Congo.

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