sabato 4 marzo 2023
Sconfessata la linea von der Leyen, anche la Germania frena dopo Italia, Polonia e Bulgaria. Si cercherà una mediazione. Intanto Meloni esulta e chiede il "liberi tutti"
La Ue riaccende i motori termici, rinviato sine die il voto sullo stop dal 2035

FOTOGRAMMA/SALMOIRAGO FOTOGRAMMA

COMMENTA E CONDIVIDI

Sono poche parole che pesano tantissimo: “Rinviato a data da destinarsi”. Sullo stop dal 2035 alle auto a benzina e diesel l’Europa innesta, dopo il primo voto del Parlamento Ue del 14 febbraio, una decisa retromarcia. Ora tutto torna in alto mare. Ed esulta l’Italia, stavolta capofila di questo processo innescato nell’Unione, anche se la svolta è maturata a Berlino. Di prima mattina l’attesa riunione dei Rappresentanti permanenti alla Ue ha registrato, proprio come mercoledì, l’impossibilità a continuare sull’approvazione del regolamento.

La premier Giorgia Meloni parla di «successo italiano. Giusto puntare a zero emissioni di Co2 nel minor tempo possibile - prosegue -, ma deve essere lasciata la libertà agli Stati di percorrere la strada che reputano più efficace e sostenibile. Questo vuol dire non chiudere a priori il percorso verso tecnologie pulite diverse dall’elettrico. È questa la linea italiana che ha trovato largo consenso in Europa». Come dire, ogni Paese deve modulare la transizione dai motori termici a quelli elettrici tenendo conto della propria realtà, che è fatta anche di persone e posti di lavoro. «Una transizione sostenibile ed equa - sintetizza la premier - deve essere pianificata e condotta con attenzione, per evitare ripercussioni negative sotto l’aspetto produttivo e occupazionale».

Dopo che Italia, Polonia e Bulgaria si erano dette contrarie, è stata la Germania, che aveva chiesto un’adeguata contropartita sui carburanti e-fuels, a non fidarsi: si è formata così la minoranza di blocco necessaria per bocciare il regolamento. La presidenza svedese, di fronte ad un voto che avrebbe fatto tremare la Commissione, ha quindi rinviato il fascicolo. Non solo: il punto è stato anche stralciato dall’agenda del Consiglio dei ministri Ue di martedì 7, dove era attesa la ratifica formale del testo.

Insomma, un vero terremoto, che costringe la Commissione e in particolare il vice presidente Frans Timmermans, ad un’approfondita riflessione. «L’obiettivo resta la neutralità tecnologica. Siamo in contatto con gli Stati membri sulle nuove preoccupazioni emerse», ha precisato la portavoce dell’esecutivo Ue, Dana Spinant, provando a mascherare il disappunto che serpeggia a Palazzo Berlaymont. Bruxelles, per scardinare il muro tedesco, proverà a lavorare sul prologo al testo vero e proprio, e in particolare sul punto in base a cui “la Commissione valuterà i progressi per il raggiungimento dell’obiettivo”.

.

E in questa cornice che si proverà un compromesso con Berlino. Ursula von der Leyen, domenica, è attesa ad un incontro del governo federale allo Schloss Meseberg e potrebbe essere l’occasione per discuterne. Il governo tedesco, del resto, sui dossier ambientali è spaccato: i liberali (che esprimono il ministro per le Finanze, Christian Lindner, e quello dei Trasporti, Volker Wissing) sono contrari, i Verdi favorevoli el’Spd si trova stretto tra i due. In Italia invece il governo è tutto compatto. Lega e Fdi hanno esultato, mentre Fi ha parlato di «sconfitta politica» di Timmermans. «L’elettrico non può essere l’unica soluzione del futuro, tanto più se continuerà, come è oggi, ad essere una filiera per pochi», ha sottolineato il ministro dell’Ambiente , Gilberto Pichetto. «L’Italia ha svegliato l’Europa», ha aggiunto il collega Adolfo Urso, titolare del dicastero delle Imprese, che giovedì aveva scandito il no di Roma durante il Consiglio Competitività.

Ferma anche la posizione della Polonia, che tuttavia ha aggiunto un’appendice che va in direzione opposta a quella dell’Italia: la contrarietà pure alla cosiddetta “deroga Motor Valley”, per i produttori di auto di lusso. La sensazione è che la transizione verde e digitale sia uno dei binari sul quale correranno slogan e alleanze per le prossime Europee. Da un lato i Verdi, centrosinistra e il M5s; dall’altro un centrodestra formato da Ppe, Ecr e parte di Id che, non a caso, aveva votato contro alla plenaria del 14 febbraio. Da qui alle Europee, tuttavia, il percorso del pacchetto “Fit for 55” si fa molto più impervio: sulle norme per l’euro 7, per il packaging e per i veicoli pesanti inquinanti l’Italia già ha annunciato battaglia. E la compagnia potrebbe aumentare.


© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI