mercoledì 26 febbraio 2014
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«In queste ore, il ministro sta sentendo i dirigenti, per tracciare un quadro della situazione e delineare le priorità, a partire dalla vertenza dei Lsu, addetti alle pulizie, che speriamo si possa chiudere rapidamente». È una partenza veloce, in stile Renzi, spiegano fonti del Miur, quella della neo-titolare dell’Istruzione Stefania Giannini, in carica da sabato e già alle prese coi principali nodi sul tappeto. Del resto, il premier lo ha anticipato nel discorso per la fiducia in Senato (nel quale il termine «scuola» è riecheggiato per 13 volte): «Noi pensiamo che non ci sia politica che non parta dalla centralità della scuola». Alcuni problemi del settore, Matteo Renzi li conosce per esperienza diretta, maturata come presidente della Provincia di Firenze (guidata fra il 2004 e il 2009) e come sindaco. L’orizzonte temporale e un primo accenno alla piattaforma d’interventi li ha definiti lui stesso, annunciando «dal 15 giugno al 15 settembre» un «programma straordinario di qualche miliardo di euro». Fra soffitti che crollano, riscaldamenti che non funzionano e aule che si allagano alle prime piogge, le cronache locali disegnano un’emergenza continua. Secondo il Miur, in Italia esistono «41.483 sedi scolastiche» (fra asili, primarie, secondarie di primo e secondo grado). In quali condizioni sono? Un rapporto di Legambiente, diffuso a gennaio, tratteggia uno scenario desolante: «Oltre il 60% degli edifici è stato costruito prima del 1974, cioè prima della normativa antisismica (il 38,4 è in aree a rischio terremoto); il 37,6% necessita di interventi di manutenzione urgente; il 40% è privo del certificato di agibilità e il 60% non ha quello di prevenzione incendi». Non solo. Gli investimenti per la manutenzione sono in forte calo: «Nel 2012 l’investimento medio per la manutenzione straordinaria ad edificio scolastico è stato di 30.345 euro contro i 43.382 del 2011». Come proverà il governo a trovare i miliardi necessari? L’ipotesi renziana è questa: «Continuiamo a tenere gli investimenti bloccati da un Patto di stabilità interno, che in questa parte va cambiato subito». Sul punto, intanto, potrà beneficiare dell’eredità di alcuni provvedimenti del governo Letta: il "decreto del Fare" ha stanziato 450 milioni per l’edilizia scolastica (i primi 150 già assegnati a novembre alle Regioni, che entro il 28 febbraio dovranno affidare i lavori, pena il ritiro e la riassegnazione dei fondi); altri 300 verranno assegnati dall’Inail nel triennio 2014-16; ancora, il dl scuola approvato a novembre prevede la possibilità d’accendere, a livello regionale, mutui trentennali con ammortamento a carico dello Stato e stanziamento, dal 2015, di contributi pluriennali di 40 milioni (per un importo complessivo liquido nell’anno di riferimento, di 800-900 milioni); altri fondi potrebbero arrivare da una quota dell’8 per mille statale, mentre per le Regioni del Sud (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) ci saranno altri 80 milioni (su 680 di fondi europei).Altra priorità è quella del reclutamento del corpo docente («Sono contraria ai concorsoni, vorrei incentivare l’autonomia degli istituti nelle scelte», ha detto il neo-ministro) e della progressiva stabilizzazione dell’esercito di precari: 160mila, secondo il Miur, almeno 130mila per Cgil, Cisl e Uil. Il premier ne conosce le vicissitudini anche attraverso la moglie Agnese, docente precaria di lettere in un liceo fiorentino. Anche qui, vanno trovate soluzioni rapide: la Commissione Ue ha aperto una procedura d’infrazione che verrà chiusa entro marzo. Senza rimedi, l’Italia rischia una maxi-multa da almeno 10 milioni di euro, con aumenti pesanti (da 22mila a 700mila euro) per ogni giorno di ritardo nel pagamento.
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