giovedì 30 marzo 2023
Un convegno della Fondazione Zancan a Padova nei giorni scorsi ha illuminato la personalità del fondatore della Caritas. Don Pagniello: immaginava una comunità a servizio degli ultimi
Monsignor Giovanni Nervo

Monsignor Giovanni Nervo - Siciliani

COMMENTA E CONDIVIDI

Prima di morire il 21 marzo di 10 anni fa, monsignor Giovanni Nervo, fondatore della Caritas italiana, consegnò tutti i risparmi di una vita (ottomila euro!) alla Fondazione Zancan per provvedere alle spese del suo funerale. Chi lo ha conosciuto e lo ricorda in questi giorni, sa che quel gesto racconta una delle persone che più hanno innovato la carità, la solidarietà e il volontariato in Italia. Classe 1918, Nervo aveva patito sulla propria pelle la prima guerra mondiale rimanendo orfano e diventando profugo quando la sua famiglia venne costretta a lasciare Solagna, in provincia di Vicenza, per trasferirsi nel Lodigiano. Nella Seconda Guerra Mondiale era stato invece staffetta partigiana.

Cappellano di fabbrica con l'Onarmo, nel 1951 istituì la Scuola superiore di servizio sociale. Mezzo secolo fa su richiesta precisa di San Paolo VI, fondò l'opera che ha segnato la sua vita, la Caritas. Nervo girò tutte le diocesi italiane su indicazione papale per incontrare i vescovi perché dessero vita in diocesi e poi nelle parrocchie al nuovo organismo pastorale della chiesa per promuovere la carità. I fatti gli hanno dato ragione. Martedì scorso il convegno “Il Signore mi ha condotto per mano”organizzato a Padova dalla Fondazione Zancan, che Nervo ha guidato per anni dopo aver concluso nel 1986 il suo mandato alla Caritas, con il patrocinio della Facoltà teologica ha ricordato la sua figura.

Suo successore alla guida della Caritas e poi della Zancan fu monsignor Giuseppe Pasini, classe 1932, morto anch'egli il 21 marzo ma del 2015, segno della simbiosi che ha unito la missione dei due sacerdoti. Vicedirettore di Pasini fu monsignor Antonio Cecconi, prete pisano oggi parroco a Calci. « Nervo fece appena in tempo a vedere l’elezione di papa Bergoglio - afferma- e mi sento di dire che nei suoi scritti, ma soprattutto in tanta parte del suo agire don Giovanni ha anticipato temi che troviamo disseminati nei dieci anni di Papa Francesco. La novità della Caritas italiana fu sicuramente esplosiva e non capita inizialmente da tutti».

Don Marco Pagniello, attuale direttore della Caritas italiana, ne ha sentito parlare da quando ha prestato servizio civile in Caritas da obiettore. «Ha avuto la stessa tensione per la «Chiesa in uscita» che papa Francesco ci propone sin dall’inizio del suo pontificato. Non per occupare spazi di potere, come la stessa vita di don Giovanni ci mostra esemplarmente. Una Chiesa che, nello spirito del Concilio mette al centro i poveri. Anzitutto per servirli. Soprattutto per lasciarsi interrogare da essi».

Ma che ruolo ha avuto ad esempio nello sviluppo della formazione e del volontariato? Risponde Vecchiato, attuale presidente della Fondazione Zancan, che l'anno prossimo compie 60 anni. «Entrò con noi perché immaginava a un luogo di incontro tra credenti e non per ripensare e innovare il welfare e la formazione nei servizi sociali. Teorizzava l'esistenza di una cultura superiore, accademica, e di una cultura inferiore che nasce dall’assistenza quotidiana e che devono dialogare». Nervo viene considerato uno degli ispiratori nella legge sul volontariato. «Si è battuto - prosegue Vecchiato - per dargli consistenza facendo emergere non solo il dono, ma la caratteristica di essere anche scomodo per difendere i deboli. Quindi gratuità, solidarietà, giustizia sociale, democrazia nel nome della Costituzione e del bene comune».

Qual è l'attualità di Nervo? Roberto Rambaldi è stato vice direttore della Caritas italiana e della Caritas Ambrosiana e si è occupato di cooperazione alla Fondazione Don Gnocchi . Obiettore di coscienza a metà anni 70, prestava servizio in Friuli dopo il terremoto con la Caritas italiana quando incontrò don Giovanni. «Mi ha cambiato la vita anzitutto per la sua prossimità sul campo ai più poveri, la sua umanità e con le sue intuizioni, come i i centri di comunità polivalenti. Aveva grande lucidità anche in campo internazionale, al sorriso univa grande fermezza e il coraggio di stare anche nelle situazioni più difficili. Portò il servizio civile in Caritas attribuendogli un valore straordinario per l'impegno per i poveri, ma soprattutto per la pace». Don Giovanni, che aveva patito due guerre, sapeva come difenderla senza armi.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: