lunedì 21 agosto 2023
Gli esperti concordano: «Situazione gravissima». E la fusione dei ghiacciai mette a rischio il rifornimento d'acqua nelle città
Acqua di fusione sul ghiacciaio dell'Adamello

Acqua di fusione sul ghiacciaio dell'Adamello - Cristian Ferrari (Sat)

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Mezzo secolo dopo la celebre conferenza di Lorenz, abbiamo la conferma: il battito d’ali di una farfalla in Brasile può provocare un tornado in Texas. Lo stiamo osservando in questi giorni di grande caldo, che hanno fatto segnare, per la seconda volta nel giro di appena due mesi, il nuovo record italiano: l’altra notte, alla stazione di radiosondaggio di Novara Cameri l’isoterma zero gradi era a 5.328 metri, in risalita rispetto ai 5.184 metri dello scorso 25 luglio, nel pieno della prima, grande ondata di calore dell’estate. Ciò significa che in vetta al Monte Bianco, a 4.810 metri, il ghiaccio cominciava a fondere. E la causa di tutto ciò va ricercata a migliaia di chilometri di distanza, negli oceani, che, dagli anni ‘70, stanno registrando un aumento costante della temperatura di 0,11 gradi ogni decennio e, nel 2022, hanno raggiunto i 21 gradi.
«Queste ondate di calore – spiega il professor Roberto Danovaro, biologo marino dell’Università Politecnica delle Marche, presidente della Stazione Zoologica Anton Dohrn e membro della prestigiosa Accademia Europea delle Scienze – provocano una forte evaporazione degli oceani, che influisce sulla tempistica e sull’intensità delle piogge, anche sulle Alpi. Le elevate temperature, anche ad alta quota, impediscono alla pioggia di trasformarsi in neve e, in questo modo, l’acqua diventa un acceleratore della fusione dei ghiacciai».
Il fenomeno sta diventando sempre più evidente non soltanto sulle Alpi ma in tutto il mondo: l’Antartide, per esempio, ha perso un’area glaciale grande come l’Argentina, mentre la rivista Nature ha pubblicato un modello secondo cui, entro il 2100, la Groenlandia perderà un’area glaciale grande come il Nepal, con la creazione di nuovi habitat naturali e la comparsa di forme di vita oggi sconosciute.
«La situazione è molto grave», sintetizza il professor Danovaro. Soprattutto sul versante della disponibilità delle risorse idriche, strettamente connessa allo stato di salute dei ghiacciai, che sono la riserva d’acqua delle città. «La crisi idrica è un fenomeno ormai conclamato – ricorda il biologo – con i livelli dei fiumi ancora più bassi rispetto all’anno scorso. È molto importante prendere consapevolezza di ciò che sta avvenendo e affrontare la situazione da tutti i punti di vista. Cominciando, per esempio, con l’attuare l’Accordo di Parigi sul clima del 2015, che prevede l’abbattimento del 55% delle emissioni entro il 2030. E ancora. Se la tenuta degli ecosistemi naturali è messa a dura prova, allora dobbiamo cominciare a proteggerli lavorando sulla rigenerazione della natura nelle città». Più alberi e meno cemento, insomma, per difenderci dalle ondate di calore e “usare” la natura a nostro beneficio.
Sapendo già che, in ogni caso, una buona parte della superficie dei ghiacciai è irrimediabilmente perduta. «La temperatura non è in equilibrio – spiega Antonello Pasini, fisico del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) –. Anche se, per ipotesi, la temperatura dovesse mantenersi così com’è senza aumentare ulteriormente, almeno il 30% del volume dei ghiacciai alpini andrebbe comunque persa. La sfida, allora, è non perderne di più, anche se la comunità scientifica è concorde nel ritenere che, entro la fine del secolo, i ghiacciai delle Alpi possano arrivare a perdere anche fino all’80-90 per cento del proprio volume».
Una catastrofe di cui dobbiamo al più presto prendere consapevolezza, cominciando col cambiare i nostri stili di vita. «Papa Francesco parla spesso delle comunità energetiche solidali per creare energia in maniera pulita – ricorda Pasini –. Ciascuno si deve sentire coinvolto e, tutti insieme, dobbiamo spingere affinché i politici mettano l’emergenza climatica in cima alla lista delle priorità, gestendo la transizione ecologica». Del resto e per fortuna, il mondo si sta muovendo in questa direzione. Con il Green New Deal l’Europa ha fatto passi in avanti significativi, ma anche gli Stati Uniti, con l’avvento di Biden, hanno invertito la rotta impressa da Trump. Pure il gigante cinese si muove. Nel 2022 è stata triplicata la potenza eolica off shore, grazie soprattutto all’apporto della Cina, da cui proviene pure oltre il 50% della produzione mondiale di pannelli fotovoltaici.
«L’aver scoperto che il cambiamento climatico è di origine umana e non naturale, è una fortuna non una tragedia – chiosa Pasini –. Ora sappiamo che possiamo agire sulle cause per eliminare gli effetti più deleteri. E ciascuno, nel proprio ambito, è chiamato a fare la propria parte».
Anche decidendo di frequentare la montagna con modalità più rispettose e meno impattanti. «Alla luce dei cambiamenti climatici, tutti i comprensori sciistici potranno ancora esistere così come oggi?», si chiede Cristian Ferrari, presidente della Commissione glaciologica della Sat, la Società Alpinisti Tridentini. Proprio oggi, ha effettuato nuovi rilievi al ghiacciaio di Lares, nel parco Adamello Brenta. E i dati che ha raccolto non promettono nulla di buono. «A 3.500 metri la temperatura era ben oltre lo zero – racconta Ferrari –. Negli ultimi cinque anni, la fronte del ghiacciaio dell’Adamello è arretrata, in media, di 15 metri all’anno. Soltanto nel 2022 i metri persi sono stati 139 e temiamo che, una volta ultimate le misurazioni, il 2023 possa risultare ancora peggiore. Con queste ondate di calore, lo spessore del ghiaccio si riduce di circa 4 centimetri al giorno e di oltre 4 metri all’anno».
Questo è lo scenario con cui dobbiamo fare i conti e prima ce ne rendiamo conto meglio è. Altrimenti, sarà il rubinetto di casa, rimasto a secco, ad avvertirci che abbiamo toccato il punto di non ritorno.

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