venerdì 5 luglio 2019
La statua della piccola chiesa, nel Maceratese, è stata ritrovata tra le macerie, frantumata in 300 pezzi. E, con il restauro, una comunità è rinata attorno al suo simbolo
La statua restaurata

La statua restaurata

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La Madonna delle Rose della Chiesa di San Placido, a Ussita, torna a casa. È, questa, una delle storie più commoventi in questi tre anni di dramma legati al terremoto. La protagonista è una statuina in terracotta decorata a olio, una madonnina con in braccio il bambinello, del Cinquecento, custodita in una piccola chiesa di Ussita, centro nell’interno maceratese fino a prima del sisma conosciuto per un discreto volume di traffico turistico, sia estivo che invernale, nella diocesi di Camerino- San Severino. Per secoli la Madonna delle Rose è stata venerata in una nicchia, a sinistra dell’altare ligneo. Venerata in modo semplice, senza particolare consapevolezza del suo valore storico e artistico. Poi è arrivato quel terremoto che ha cambiato la vita a tutti. Così ha cambiato la vita anche a lei, che cade dalla sua nicchia, finendo in frantumi sul pavimento: centinaia di pezzetti che a loro volta vengono sommersi da quintali di calcinacci e macerie e – a sua volta – anche da pioggia e neve, nella stagione invernale. Prima occorre pensare alle persone, alle case. Il dramma è troppo pesante.

C’è, tuttavia, un nucleo di professionisti e soprattutto appassionati, che sa che in questi casi non c’è tempo da perdere. Così tante opere preziose sono state salvate. Nessuno, però, sa bene quanto possa essere importante la Madonnina delle Rose. Solo un miracolo poteva impedire che la statua venisse smaltita insieme alle macerie. Quel miracolo è incredibilmente avvenuto e porta la firma dei Carabinieri della Tutela del Patrimonio Culturale, degli esperti della diocesi e del ministero. Succede così che dopo un sopralluogo alla chiesa di San Placido i tecnici recuperano una prima quantità generica di frammenti, circa 200, misti a materiale di vario genere. A una prima vista non vengono notati, vengono giudicati appartenenti a un’opera seriale e quindi vengono destinati definitivamente a smaltimento. E succede, anche, un po’ come nelle favole, che le foto dei frammenti finiscano sotto gli occhi di Francesca Capanna, direttrice della sezione ceramica dell’Istituto centrale del Restauro: una professionista consapevole del suo ruolo, perché da un veloce sguardo può dipendere la vita di un’opera d’arte.

È lei a capire che non si tratta di frammenti di una statua seriale. Si mette allora in moto la task force composta dal colonnello dei Carabinieri Carmelo Grasso – che tanta parte ha avuto nella sopravvivenza del patrimonio artistico colpito dal sisma – e dall’architetto Luca Maria Cristini, grande appassionato, in quel momento responsabile beni culturali e architettonici della diocesi. Tornano nella distrutta San Palcido e, scavando, a più riprese, per ore, anche sotto la neve, riescono a trovare circa 15 frammenti, compresi il naso e il labbro superiore della Vergine, il ginocchio, le mani del Bambino. Con loro Adriano Casagrande, docente di restauro dell’Istituto centrale, che a settembre ha fatto di quelle 350 tessere il cantiere didattico per i suoi allievi. Tutti attorno alla Madonna delle Rose di Ussita. Alla fine il piccolo miracolo si è concretizzato, il lungo e paziente lavoro si è concluso, commuovendo anche Luigi Ficacci, direttore dell’Istituto superiore per la Conservazione e il Restauro, che ha voluto materialmente consegnare, a Camerino, la statua “rinata” all’arcivescovo Francesco Massara. Con quelle di Casagrande e Capanna, le testimonianze di tutto il gruppo dell’Istituto, composto da Angelandreina Rorro, Roberto Ciabattoni, Elisabetta Sonnino, Martina Patriarca, Manuela Maria Concetta Zorbá.

Tutto questo avviene a due settimane dalla visita di papa Francesco, che a chiusura della giornata marchigiana aveva comunicato proprio a Massara l’intenzione di donare un centro sociale alla comunità di Ussita. «Ebbene, ha chiosato l’arcivescovo, la Madonnina delle Rose tornerà a casa, perché a Ussita, con i fondi donati da papa Francesco, verrà realizzata una piccola chiesa, destinata a custodire la statua cinquecentesca ». Non è la sola conclusione interessante di questa favola: «È stupefacente – afferma Barbara Mastrocola, direttrice del Museo diocesano – osservare come la gente, solitamente non particolarmente appassionata ai musei, stia invece affollando la mostra temporanea dedicata ai reperti salvati dal terremoto. È come se questo dramma avesse svegliato tante persone, avesse fatto scoprire la dimensione culturale come essenziale nella vita dell’uomo. Quando ha avuto la consapevolezza del rischio, la perdita di un suo tesoro, allora ha cominciato ad apprezzarlo, collegando quasi la speranza di ripresa a questa piccola opera d’arte».

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