mercoledì 29 luglio 2009
Dopo i furiosi attacchi dell'opposizione, arriva la parziale smentita del Carroccio. Ma i leghisti non mollano: una proposta di legge di Bricolo vorrebbe vederli a pieno titolo nell'offerta formativa scolastica.
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Niente "test di dialetto" per i docenti, chiarisce il capogruppo della Lega a Montecitorio Roberto Cota, ma più semplicemente test preselettivi per consentire l'accesso agli albi regionali degli insegnanti, albi previsti proprio dal provvedimento all'esame della commissione Cultura della Camera. Eppure sui dialetti, che la Lega considera vere e proprie lingue, meritevoli quindi della stessa considerazione che si deve all'idioma nazionale, il Carroccio non molla, come dimostrano le proposte di legge presentate a Montecitorio da Davide Caparini e a palazzo Madama dal capogruppo Federico Bricolo.Soprattutto quest'ultima è quella che più si lega al mondo dell'istruzione, dal momento che prevede l'insegnamento obbligatorio di quattordici lingue: le dodici previste dalla "Carta europea delle lingue regionali o minoritarie", che il nostro Paese ha sottoscritto nel lontano 1992 ma che non ha ancora ratificato, più il veneto e il piemontese.In Italia, sottolinea la Lega, ci sono comunità di cittadini italiani che parlano albanese, catalano, tedesco, greco, sloveno, croato, francese, franco-provenzale, friulano, ladino, occitano. Tutti idiomi inseriti nella lista delle lingue regionali da tutelare secondo la Carta europea, insieme al sardo. A questo elenco, dice il Carroccio, vanno aggiunti il veneto ed il piemontese, "fin qui irragionevolmente escluse, nonostante siano parlate da milioni di persone in diversi Stati", spiega Bricolo.Nell'ambito dell'autonomia dell'offerta formativa, le istituzioni scolastiche dovranno, secondo la proposta della Lega, predisporre "piani di studio personalizzati, singolarmente o in forma associata, provvedendo all'integrazione dei testi scolastici con specifiche unità didattiche dedicate allo studio della lingua o del dialetto di ciascun territorio". Quanto alla copertura finanziaria, la spesa prevista dal provvedimento targato Lega è pari a 70 milioni di euro l'anno.A rafforzare l'iniziativa leghista c'è anche la proposta di legge Caparini depositata alla Camera (oltre a quelle, sempre della Lega ma non solo, per la ratifica della Carta Ue del 1992 sulle lingue regionali): "il nostro Paese -spiega Caparini- ha il maggior numero di dialetti in rapporto alla sua superficie, e i dialetti non sono dei sottoprodotti della lingua italiana: hanno loro radici che sono altrettanto nobili. Quasi due secoli di propaganda unionista di stampo centralista e giacobino hanno cancellato il fondamentale e indiscusso principio che ogni dialetto è una lingua e hanno introdotto un'artificiale distinzione valoriale, esclusivamente politica, tra lingua e dialetto"."Per ovviare alle discriminazioni di Stato ed evitare che siano le maggioranze parlamentari di stampo statalista e centralista a decidere quali siano le lingue da valorizzare e quali invece quelle da ghettizzare etichettandole come dialetto", la Lega propone che siano i Consigli regionali a stabilire quali debbano essere i dialetti riconosciuti come 'lingue storiche regionalì, e come tali beneficiaridelle tutele previste dalla legge. La polemica. È caos nella maggioranza sulla proposta della Lega di inserire nella riforma della scuola un test per gli insegnanti «sulla cultura, le tradizioni e il dialetto delle regioni in cui intendono insegnare». La richiesta del Carroccio, presentata in commissione Cultura della Camera, ha aperto un confronto aspro nel centrodestra e scatenato le proteste dell’opposizione. Pertanto ieri, il presidente della commissione Valentina Aprea ha deciso di sospendere la seduta delegando il tema alla conferenza dei capigruppo di Montecitorio. «Noi avevamo presentato una proposta di legge di riforma della scuola – avverte la parlamentare della Lega Paola Goisis autrice della proposta del test ai professori –. Ma questa non era condivisa da tutta la maggioranza. Così abbiamo chiesto che ne venisse recepita almeno una parte nel testo unificato che ora è all’esame della commissione Cultura. Su questo punto insisteremo fino alla fine». In seguito alla polemica che è scoppiata in Parlamento per la richiesta del Carroccio è intervenuto anche il presidente della Camera Gianfranco Fini assicurando che nel prosieguo dell’iter parlamentare della riforma verranno rispettati «i principi fondamentali della Costituzione». Il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto butta acqua sul fuoco osservando che in realtà «non esistono ragioni di divisione sui problemi della scuola tra Pdl e Lega». Ma la tensione nel centrodestra resta alta. Secondo la Goisis, non dovrebbero più essere considerati, ai fini del reclutamento degli insegnanti, i titoli di studio perché «non garantiscono un’omogeneità di fondo e spesso risultano comprati». Ma su questo punto sono contrari quasi tutti gli esponenti del Pdl in commissione Cultura. «Questa nostra proposta – ha aggiunto Paola Goisis – ha l’obiettivo di ottenere una sostanziale uguaglianza tra i professori del Nord e quelli del Sud. Non è possibile, infatti, che la maggior parte dei docenti che insegna al Nord sia meridionale». Il Pd ha criticato aspramente la presa di posizione della Lega. Il capogruppo del Pd in commissione Cultura Manuela Ghizzoni afferma: «L'istruzione è un tema troppo serio e non può divenire oggetto di pericolose incursioni ideologiche dal sapore tutto nordista».
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