venerdì 28 gennaio 2022
Il ritratto. Una carriera ai massimi livelli dirigenziali nelle istituzioni. «Senza matrice politica»
Elisabetta Belloni

Elisabetta Belloni - Ansa

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Oggi è la prima donna direttore generale del Dis, la cabina di regia dei servizi d’intelligence. Ma è già stata la prima donna segretario generale del ministero degli Esteri, la prima capo di gabinetto del ministro, la prima a guidare la Cooperazione allo sviluppo e a dirigere l’Unità di crisi della Farnesina.

Se ci fosse una classifica per chi ha saputo infrangere quello che la manager Usa Marilyn Loden definì «soffitto di cristallo», Elisabetta Belloni starebbe ai primi posti. Romana, 63 anni, nel suo lavoro ha sempre mostrato quella marcia in più che una società ancora troppo declinata al maschile esige dalle donne per riternerle degne di incarichi apicali. Il suo nome, uscito ieri solo due volte dalle urne parlamentari, non pare in pole position.

Ma il fatto che circoli, con quelli di altre riserve della Repubblica, nella vorticosa ruota del toto-Quirinale, non va letto come una novità. Da tempo infatti l’attuale direttrice del Dis – nominata nel maggio 2021 dal premier Draghi – viene inclusa nelle rose di 'tecnici' in ballo per incarichi politici, che si tratti degli Esteri, di Palazzo Chigi o del Colle più alto della Repubblica.

Ma è inutile chiederle un commento: è fedele alla discrezione dei diplomatici di carriera, divenuta stretto riserbo nel transito ai Servizi. In una delle sporadiche interviste, datata 2007, si diceva «orgogliosa di non avere nessuna matrice politica » e di potersi definire «istituzionale».

Fra le prime studentesse ammesse al liceo Massimo di Roma (scuola dei Gesuiti, frequentata pure da Draghi), vi ha appreso «l’impegno e il rigore».

Alla Farnesina, lady Belloni è entrata nel 1985, dopo la laurea in Scienze politiche. Parla altre quattro lingue (inglese, francese, spagnolo e tedesco). E chi la conosce, descrive una donna brillante, autorevole e determinata. Qualità che l’hanno sospinta dai primi incarichi a Vienna e Bratislava a uno dei ruoli più impegnativi per una feluca: la direzione dell’Unità di crisi.

Appena arrivata, nel Natale 2004, le toccò gestire il piano di recupero di centinaia di turisti italiani dispersi per lo tsunami nel Sud est asiatico. E lei, che già andava in ufficio alle 7, decise di restarci di notte, affrontando emergenze in ogni dove: dalla liberazione in Iraq di Giuliana Sgrena (in cui perì lo 007 Nicola Calipari) al rapimento di Daniele Mastrogiacomo in Afghanistan. Da lì la sua carriera è decollata, fino alla nomina ad ambasciatore e agli incarichi di vertice alla Farnesina. Del suo privato, poco si sa. Gran camminatrice, trascorre le rare pause dal lavoro nella campagna toscana.

Alla Farnesina ricordano il marito Giorgio Giacomelli, ambasciatore e già direttore della sede Onu di Vienna, scomparso nel 2017 a 87 anni. Al Dis ha una vice donna, il prefetto Alessandra Guidi, e in Italia e all’estero si muove in modo felpato. Le donne, Belloni ne è convinta, sanno assumersi «responsabilità anche quando ciò comporta rischi personali». L’atteggiamento che ci si attende da una civil servant, che stia in Piazza Dante o al Quirinale.




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