martedì 31 maggio 2022
Il presidente degli pneumologi italiani, Vancheri: c’è chi inizia a fumare a 11 anni e non smette. Nei giovani le malattie degli anziani
Lo pneumologo: «Così il fumo divora anni di vita»

Archivio Ansa

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«A 11-12 anni si comincia con l’emulare i grandi ma spesso l’abitudine alla sigaretta non si abbandona più. Il risultato? Oggi rileviamo patologie croniche del polmone, un tempo "riservate" ai 70-80enni, anche nei 40-50enni. Con conseguenze gravissime sul piano clinico, sociale e, non ultimo, anche ambientale, dovute al fumo di tabacco. Quindi evitabili». Sta tutto qui il senso dello slogan scelto dall’Oms per la Giornata mondiale contro il fumo 2022: "Il tabacco: una minaccia per il nostro ambiente". O almeno così lo intende Carlo Vancheri, presidente della Società italiana di Pneumologia, docente universitario e primario del Policlinico universitario di Catania. Che "legge" la Giornata in un momento storico in cui – complice la pandemia – i fumatori in Italia raggiungono il 24,2% (come nel 2006), una percentuale in ascesa del 2% rispetto al 2019. Inoltre, la crescita, che negli anni scorsi si era arrestata nelle donne, riguarda adesso entrambi i sessi.

Professore, la Giornata 2022 pone l’accento pure sull’impatto ambientale del tabacco, dalla coltivazione alla produzione, alla distribuzione, fino ai rifiuti. È un motivo in più per smettere di fumare. Ma non il primo…​No. Il primo è interrompere l’insorgenza di patologie gravi che compaiono sempre più precocemente.

Cioè, ci si ammala prima?
Sì, oggi arrivano da noi dei 45enni che fumano da oltre 30 anni, da quando, ragazzini, ignoravano i pericoli. Le campagne di sensibilizzazione servono, perché mettono in sinergia genitori, insegnanti e medici, con questi ultimi che dovrebbero essere coinvolti nelle scuole, visto che i bambini, a 11-12 anni, sono molto ricettivi. Da noi non mancano buone leggi antifumo, occorre insistere sulla cultura antifumo.

Le donne avevano iniziato a limitare il vizio. Ma sembra che l’inversione di tendenza sia durata poco.
L’Italia rispecchia, in sostanza, quanto avviene nella maggior parte dei Paesi occidentali. Le ragazze fumano ormai quasi quanto i maschi.

È arrivato il momento di uno screening polmonare diffuso, almeno nei grandi fumatori, per individuare tumori e altre patologie ad uno stadio iniziale?
Fare prevenzione salva vite. Così come avere centri antifumo ben distribuiti sul territorio, anche se in Italia, per quel che riguarda Centro e Sud non è così. All’Università di Catania, in rete con i colleghi di Pavia e Parma, si sta eseguendo uno screening sui grandi fumatori sopra i 50 anni, utilizzando tac a basso dosaggio, che consentono di evidenziare eventuali lesioni tumorali quando ancora si può fare molto dal punto di vista terapeutico. Il lavoro sta dando ottime indicazioni in questo senso.

Significa che il rapporto costi-benefici giustifica questo costoso esame, in virtù delle cure risparmiate dopo?
I costi sono elevati e onestamente, almeno fino a pochi anni fa, non sarei stato in grado di affermarne con certezza l’utilità, in termini di sostenibilità del sistema. Anche perché non sempre questi esami risultavano efficaci nell’individuazione precoce delle malattie. Ricordo che i primissimi programmi di screening davano risultati interlocutori. Ma oggi tutto sta cambiando grazie all’evoluzione delle tecnologie diagnostiche, sempre più raffinate e precise. E che svelano, sia chiaro, tanti altri problemi causati dal fumo.

Quali?
La fibrosi del polmone, per esempio, che ha una prognosi non favorevole; le forme iniziali di interstiziopatia; senza dimenticare le Broncopneumopatie cronico ostruttive (Bpco), cioè l’enfisema e la bronchite cronica che, per via della frequenza, hanno un impatto enorme. Interessano il 6-7% della popolazione italiana, sono malattie invalidanti ed estremamente costose, perché richiedono accessi al pronto soccorso, ricoveri e farmaci. E, con il passare del tempo, portano all’insufficienza respiratoria, una condizione per la quale diventa un problema anche vestirsi o fare la doccia. Insomma, il fumo non è solo cancro.

Da sapere: "SMETTO": UN NUMERO VERDE PER I FUMATORI

Un numero verde (800 554088), che ha ricevuto 8.500 telefonate in un anno, una mappa dei 223 centri anti fumo presenti sul territorio italiano per chi vuole smettere di fumare e la guida digitale "Smetto di fumare": sono strumenti dell’Istituto superiore di sanità per aiutare chi vuole smettere. Al numero verde si rivolge quasi sempre un fumatore (92%), ma non mancano le chiamate di familiari e amici che chiedono aiuto per far smettere i propri cari (7%).


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