martedì 3 febbraio 2009
Monsignor Crociata: «Siamo vicini alla famiglia così duramente provata, ma è a tutti evidente che qualsiasi azione volta a interrompere l’alimentazione e l’idratazione si configurerebbe, al di là delle intenzioni, come un atto di eutanasia».
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Sulla vicenda di Eluana Englaro «il discorso più eloquente è stato e rimane, da parte della Chiesa, il servizio silenzioso delle suore di Lecco, che fino a ieri hanno accudito Eluana». Lo ha detto mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, rispondendo alle domande dei giornalisti, nel corso della conferenza stampa di presentazione del Comunicato finale del Consiglio episcopale permanente. Sulla vicenda Englaro Crociata ha dato voce alla presidenza della Cei che fa propria la dichiarazione resa nota ieri sera da S. E. mons. Pietro Brollo, arcivescovo di Udine, alla notizia del trasferimento di Eluana da Lecco ad Udine: «Faccio appello alla coscienza di tutti, perché quanti hanno chiaro di essere al cospetto di una persona vivente non esitino a volerne e ad esigerne la tutela, mentre quanti dubitano ancora abbiano la sapienza e la prudenza di astenersi da qualsiasi decisione irreparabile». «È a tutti evidente - ha continuato - che qualsiasi azione volta ad interrompere l’alimentazione e l’idratazione si configurerebbe al di là delle intenzioni come un atto di eutanasia. Per parte nostra osiamo ancora sperare nella forza della preghiera che vince le resistenze più nascoste e siamo vicini alla famiglia così duramente provata e alle suore di Lecco che hanno amorevolmente assistita Eluana Englaro fino a ieri».Crociata ha anche ribadito a nome della Chiesa italiana «l’adesione incondizionata a quanto con tanta puntualità il Papa continua a proclamare e a insegnare, anche in questa materia così delicata». «Detto questo – ha proseguito – non possiamo fare a meno di cogliere una contraddizione enorme, inconcepibile: da un lato, si toglie cibo e acqua, dall’altro lato, si ricorre a sedativi e medicinali per far sopportare l’effetto immediato, oltre che quello definitivo di provocare la morte, di essere privata del sostegno vitale». «Togliere cibo e acqua e dover ricorrere a terapie è una cosa a rigor di logica inconcepibile», ha denunciato Crociata, che ha voluto comunque «ribadire l’assoluta vicinanza, la comprensione alla famiglia e alla ragazza stessa», attraverso un atteggiamento di «compassione rispettosa». «Quando ci avviciniamo al mistero del dolore e della morte – ha affermato il segretario generale della Cei – bisogna tacere, e per chi crede pregare».
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