lunedì 29 gennaio 2024
Il vertice Italia-Africa pone l'Italia, presidente di turno del G7, nel ruolo di "ponte" tra i due continenti. Ma il chadiano Moussa Faki chiede di passare dalle parole ai fatti sul Piano Mattei
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La scenografia del vertice Italia-Africa è indubbiamente riuscita. Nell’aula del Senato siedono accanto ai ministri del governo Meloni i vertici dell’Ue e dell’Unione africana dando alla recente presidenza italiana del G7 il ruolo di ponte tra i due continenti. Un messaggio che anche i 40 leader africani presenti a Palazzo Madama (dove per l’occasione è stata allestita anche una sala per la preghiera, per le delegazioni di fede islamica) recepiscono positivamente. Ma è il franco richiamo del chadiano Moussa Faki Mahamat, presidente della Commissione dell'Unione Africana - «Quello vero», come ha detto Giorgia Meloni, non quello imitato dai due comici russi nella finta telefonata a Palazzo Chigi - a richiamare alla realtà.

«Signora presidente del Consiglio, sul piano Mattei avremmo auspicato di essere consultati - ha detto al Senato Faki dopo aver ascoltato le parole del governo italiano -. L'Africa è pronta a discutere contorni e modalità dell'attuazione. È necessario passare dalle parole ai fatti, non ci accontentiamo di promesse che poi non sono mantenute». Faki ha ringraziato la presidente del Consiglio per «l’interesse costante per una cooperazione equa e produttiva». Ma poi ha sottolineato: «Le nostre priorità derivano dalle sfide molteplici che il nostro continente deve affrontare e dagli ostacoli alla loro realizzazione, dal debito al cambiamento climatico, alla crescita degli estremismi violenti e del terrorismo, oltre all'instabilità istituzionale, al deficit di finanziamenti adeguati».

E sull’arresto dei flussi migratori, principale problema italiano offre il punto di vista dell’altra sponda. «L’Italia è il principale punto di arrivo dei flussi e l'emigrazione dei giovani nel pieno delle forze è un dramma per l'Africa, che si può affrontare creando un nuovo modello di sviluppo e non con barriere securitarie e di ostilità da parte europea. Condividiamo la preoccupazione di trovare una soluzione sostenibile a un fenomeno tragico e ricorrente. Per noi la strategia per prevenire le partenze è trasformare le aree di povertà in uno spazio di prosperità e di realizzazione». «L’Africa - ha concluso Faki - non vuole tendere la mano, non siamo mendicanti. Noi peroriamo un cambiamento di paradigma per un nuovo partenariato che possa aprire la strada ad un mondo più giusto se vogliamo costruire pace e prosperità».

È un’Africa nuova quella rappresentata nell’emiciclo del Senato dai suoi leader. Ricca, come riconosciuto da Giorgia Meloni, perché possiede un terzo delle risorse minerarie globali e il 60% delle terre coltivabili e ha la popolazione più giovane del pianeta. E che vuole scegliere da sola la direzione da prendere, est o ovest. Quindi le parole d’ordine per collaborare sono cooperazione paritaria e sviluppo sostenibile; e il periodo del piano Mattei deve essere «lungo», perché l’Italia e l’Ue recuperino i due decenni di ritardi accumulati creando un vuoto nel quale si è inserita la Cina sul versante economico e si sta inserendo la Russia su quello militare con l’”Africa corps”, il sinistro nome recentemente adottato dall’ex gruppo Wagner.

Il presidente dell’Unione africana, Azali Assoumani, ha invece elogiato il contributo «non trascurabile» italiano sia alle missioni Onu in Africa, sia alla lotta contro la pandemia. «L’Africa rimette molte aspettative nella presidenza italiana del G7. Quanto al piano Mattei, siamo a vostra disposizione per scambi basati sugli interessi economici dei nostri Paesi».

Di flussi si è occupato anche Charles Michel: a margine del summit il presidente del Consiglio Europeo ha incontrato il premier libico a interim Dbeibah scrivendo su X che «l’Ue vuole contribuire a una Libia pacifica e unita. Continueremo a sostenere gli sforzi dell’Onu per una soluzione politica propria». Anche il presidente keniano William Ruto ha incontrato Michel, ieri molto attivo. Sul tavolo, oltre all'economia e ai recenti accordi firmati a Nairobi con la presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, la questione della pace nella instabile Africa Orientale.

«Abbiamo convenuto che c’è l’opportunità di lavorare insieme per risolvere i conflitti nella regione, tra cui Sudan, Repubblica Democratica del Congo e Somalia», ha detto Ruto. «L’Unione africana sta consolidando la sua posizione nel sollecitare ulteriori riforme nel sistema di sviluppo multilaterale per allinearsi alle attuali realtà sociali ed economiche. È il momento per l’Africa di trovare il posto che le spetta sulla scena globale», ha poi aggiunto il presdiente keniano, uno dei nuovi leader africani.

A proposito di Africa Orientale, ieri i rifugiati eritrei del gruppo dissidente Yakl hanno protestato per la presenza a Roma del presidente Isaias Afewerki con una lettera a Giorgia Meloni in cui chiedono di non legittimare un regime «noto per le sue tattiche oppressive». Mentre oggi l’Italia salda un debito di quasi 90 anni fa restituendo all’Etiopia un vecchio aereo militare abbattuto nella foresta durante la guerra di occupazione fascista: verrà esposto all’aeroporto di Addis Abeba.

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