mercoledì 24 maggio 2023
I volontari sono al lavoro, la Caritas sta riattivando le strutture. E in Seminario è corsa contro il tempo per rimettere a posto volumi storici e pergamene
Dopo l'alluvione in Romagna. Il fango somiglia a una colata lavica

Dopo l'alluvione in Romagna. Il fango somiglia a una colata lavica - Daloiso

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Nel grande piazzale del seminario di Forlì, dove c'erano fiori e macchine e ragazzi a parlare degli esami di terza media, le idrovore si fermano. Ci sono 40 centimetri di fango. Sembra una colata di lava, e là fuori, sulla via Lunga, pare sia esploso un vulcano.

Quartiere San Benedetto, periferia nord-ovest di Forlì: oggi è estate piena in Romagna, ma qui la notte del 17 maggio un canale senza nome ha rotto gli argini in tre punti e le acque si sono incrociate creando un vortice che ha prima inghiottito e poi travolto tutto. La gente s'è arrampicata sui tetti, o s'è aggrappata ai mezzi anfibi della Protezione civile: barche che solcano le correnti, nelle fotografie che gli sfollati mostrano a ogni angolo: «Guarda qui».

Adesso che l'acqua s'è ritirata, e le persone sono state soccorse, serve salvare le cose. I vestiti per le missioni stipati nei capannoni delle associazioni di volontariato, i viveri destinati all'Ucraina e quelli raccolti dalla Caritas nel suo emporio per le famiglie povere della città, i ricordi di Bruna, il pianoforte di Mario. Se la vita deve ricominciare, deve ricominciare dalle cose. E l'esercito di volontari che si muove a ogni istante lungo la grande strada disastrata alle cose deve pensare.

Vanni Sansovini, 80 anni di passione per gli altri, è il cuore pulsante del Comitato per la lotta contro la fame nel mondo, il sogno di bene realizzato proprio a Forlì negli anni Sessanta da suor Annalena Tonelli. E infranto dall'alluvione dell'altra notte. Sul piazzale disastrato mostra le pile di materiale consunto dall'acqua: ci sono i mobili destinati alle famiglie in difficoltà e alla vendita nel grande mercato benefico che raccoglie denaro per i poveri e per i bambini dell'Africa, ci sono i vestiti e i capi d'abbigliamento che arrivano da ogni parte d'Italia e sono destinati al riciclo, o nuovamente al circuito della beneficenza, ci sono i giocattoli per i bambini, lo scatolame e i viveri per i centri d'accoglienza e per i profughi, ci sono persino i farmaci pronti per partire per Leopoli e Kiev e Odessa. «Tentiamo di salvare il salvabile. Quello che sapremo recuperare, servirà per chi ha bisogno». Al momento, gli abitanti del quartiere. Vanni piange e risponde al telefono e poi sorride a Daniela che lava i pavimenti e sistema le barbie infangate sugli scaffali: «Il 10 giugno è la data che si siamo prefissati per ricominciare». Quel giorno aprirà il Campo Shalom, l'iniziativa estiva che l'associazione ogni anno dedica ai ragazzi per insegnare loro la solidarietà e il servizio, «ma in questi giorni sono loro che l'hanno insegnata a noi».

Vanni Sansovini, del Comitato per la lotta contro la fame nel mondo

Vanni Sansovini, del Comitato per la lotta contro la fame nel mondo - Daloiso

Accanto al capannone c'è l'Emporio solidale della Caritas, che a Forlì è alluvionata e già pronta a sostenere gli alluvionati. Il direttore, Filippo Monari, si divide tra gli uomini al lavoro per liberare gli scaffali dal fango e le riunioni di coordinamento in Comune, che per l'emergenza ha creato in queste ore un grande hub in Fiera: «Siamo operativi h24, a disposizione per portare i beni di prima necessità a chi ne ha bisogno». All'Emporio fanno la spesa 580 famiglie, «sono 2.100 persone che dipendono da noi. Non c'è tempo per star fermi». Prima il Covid, poi l'inflazione, «adesso questo. Sarà difficile risollevarsi, ma qui lo facciamo lavorando tutti insieme all'insegna della coprogettazione». Che significa - sembra incredibile nell'Italia dello scaricabarile sul fronte del dissesto idrogeologico di cui qui si paga il conto salatissimo - «lavorare insieme, parlandosi».

Il direttore della Caritas di Forlì, Filippo Monari

Il direttore della Caritas di Forlì, Filippo Monari - Daloiso

Intanto al Seminario l'eccezionale operazione di recupero in corso in queste ore è quella dei libri. La grande biblioteca, che conta su una collezione di 1.300 tra cinquecentine, seicentine e incunaboli, si estende per tre chilometri al piano interrato. Un patrimonio immenso, e ciò che da una settimana è diventato un lago. «È la nostra fortuna, che i libri siano sott'acqua. Finché restano bagnati possono essere salvati» spiega don Andrea Carubia, il giovane rettore. Si confonde tra i ragazzi che sbucano da ogni angolo, pala in spalla, chiedendo se serve aiuto. La notte dell'alluvione era qui col vescovo, monsignor Livio Corazza, e con gli altri sacerdoti ospiti della casa del clero. «Don Gino s'è rotto un femore cadendo, abbiamo chiesto aiuto». L'evacuazione è andata a vuoto tre volte, alla fine è riuscita. Lui, don Andrea, è rimasto isolato in seminario per tre giorni finché l'acqua non ha cominciato a ritirarsi. Ed è qui che da lunedì, insieme ai vigili del fuoco, è stata allestita la prima Unità di crisi coordinata dal ministero della Cultura insieme alla Soprintendenza regionale: in campo ci sono una decina di carabinieri della Tutela del patrimonio culturale, coordinati dal tenente colonnello Giuseppe De Gori; nell'atrio, l'improvvisato ufficio di una funzionaria del ministero arrivata da Bologna. È lei a spiegare a chi ripulisce i corridoi invasi dal fango - tra una suora ultranovantenne - quello che accadrà nelle prossime 24 ore: «Aspirata l'acqua avremo 8 ore per la cernita dei libri più preziosi». È quel che basta ai materiali biologici, soprattutto cuoio e pergamene, per iniziare a dilatarsi, «in 48 ore saranno da buttare». Da stamattina all'alba sul piazzale ci saranno 300 volontari tra archivisti, bibliotecari, insegnanti arrivati da ogni parte della provincia (e anche da fuori) rispondendo all'appello lanciato da don Andrea sui social: «Abbiamo improvvisato un corso nell'aula magna, li abbiamo istruiti su come procedere». I libri verranno sistemati sui tavoli, analizzati, scelti per importanza e poi quelli più importanti verranno sistemati nei container che li porteranno all'azienda locale che ha messo a disposizione le sue celle frigorifere: «Saranno congelati - spiega la funzionaria - e poi liberati a uno a uno attraverso un complesso meccanismo di liofilizzazione, che permetterà di salvarli».

Bruna Battistini davanti alla sua casa di via Lunga

Bruna Battistini davanti alla sua casa di via Lunga - Daloiso

Quello che non potrà fare Bruna Battistini con il patrimonio altrettanto straordinario di suo fratello Roberto, falegname. Vivono nella bella casa devastata dal fango che fa mostra di sé all'uscita della circonvallazione. Mostra i tavolini intarsiati, le civette appoggiate in giardino a mo' di soprammobili, una vecchia vetrinetta coi ricordi di famiglia: ha sistemato tutto al sole, «c'è tutta la nostra vita in questi oggetti, questa stella dei venti era di nostro padre». Poi rincorre Maurizio e Fabio - un vigile del fuoco e un cantoniere in pensione che sono qui da un paio di giorni a coordinare lo sgombero - ripetendo che no, quel quadro non può essere buttato: «Teniamolo, vi prego». Loro le parlano sottovoce, uno l'accarezza, l'altro lo sistema delicatamente sulla pila, all'angolo della strada.


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