sabato 1 aprile 2023
A Tripoli il Consiglio per i diritti umani sostiene che la presenza dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati è illegale
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Poche ore dopo aver depositato davanti alla Corte penale internazionale l’ultimo atto d’accusa dell’Onu contro le autorità libiche, da Tripoli arriva la risposta. L’Alto commissariato Onu per i rifugiati? «Una presenza illegale». La Convenzione di Ginevra per i Diritti umani? «Provocherebbe cambiamenti drammatici nella nostra società».

A firmare la controffensiva è il “Consiglio Nazionale per le Libertà Civili e i Diritti Umani in Libia” (Ncchr). Sulla carta si tratta di un organismo indipendente, riconosciuto dalle Nazioni unite e dal governo di Tripoli, in forza di una legge autorizzativa della presidenza libica.

Notizie contraddittorie che fanno il paio con quanto trapela da Bruxelles. La «maggior parte dei richiedenti asilo» nell’ Ue «non ha bisogno di protezione internazionale». E gli Stati membri dovrebbero concentrarsi sull’aumentare i rimpatri di coloro che non hanno diritto a restare, dato che nell’Unione appena un quinto di coloro ai quali viene rifiutata la domanda d’asilo viene poi effettivamente rimpatriato. Non sempre e non solo per colpa dei Paesi extra Ue. A sottolinearlo è stata la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, nella riunione del collegio dei commissari dell’ 8 febbraio scorso, come riporta il verbale consultato dall’AdnKronos. Si parla di quei «fenomeni di immigrazione clandestina» citati anche dalla controversa commissione libica che nella sua nota fa riferimento alle «crescenti pressioni di soggetti esterni sulla Libia, in particolare dell’Unione Europea, e al suo impatto sulla sicurezza, la situazione economica e sociale del Paese». Secondo il “Consiglio” l’Unione europea starebbe cercando di convincere il governo di Tripoli ad avviare il negoziato con l’Onu per firmare la Convenzione di Ginevra, che impegnerebbe il Paese a rispettare i diritti umani fondamentali e dotarsi di una legislazione per il diritto d’asilo.

«La firma della Convenzione di Ginevra – sostiene l’organismo tripolino – provocherà drammatici cambiamenti nella struttura demografica, rendendo i libici una minoranza nella loro patria, il che crea implicazioni nel cambiamento demografico». Ad oggi gli stranieri in Libia sono circa 700mila, poco più di un decimo della popolazione. In nessun caso la firma delle convenzioni internazionali implicherebbe l’automatica concessione della cittadinanza agli stranieri, la gran parte dei quali si trova in Libia da molti anni per lavoro.

La mossa del “Ncchr”, che evoca il pericolo di una sostituzione etnica, proprio per gli argomenti e i toni adoperati sembra inserirsi nelle faide interne al sistema di potere libico, ostacolando le relazioni internazionali e mettendo alcuni ministri nella difficile posizione d’essere considerati complici di «drammatici cambiamenti» per la popolazione.

Le agenzie Onu continuano a riscontrare difficoltà nell’accesso ai visti d’ingresso per il personale internazionale e le attività nel Paese sono fortemente limitate, proprio perché a Tripoli non è in vigore alcuna legislazione che possa proteggere i profughi nei confronti dei quali la Libia rivendica di non avere alcun obbligo, arrivando a legittimare i campi di prigionia statali che l’Onu vorrebbe chiudere. Perciò «il Consiglio Nazionale per le Libertà Civili e i Diritti Umani in Libia considera illegale il lavoro dell’organizzazione delle Nazioni Unite (Unhcr-Acnur) in Libia perché il nostro Paese non ha firmato la Convenzione di Ginevra del 1951». E, se non bastasse, il personale umanitario del Palazzo di Vetro è accusato di «di sfruttare la debolezza e le sfide che le istituzioni statali devono affrontare».

L’ultimo rapporto di una commissione indipendente di esperti dell’Onu sulla Libia proprio questa settimana ha messo sotto accusa la Guardia costiera libica per «crimini contro l’umanità» e l’Unione europea per averle dato «sostegno tecnico, logistico e finanziario per, tra le altre cose, le attività di intercettazione dei migranti e per riportarli indietro» in un Paese dove sono «in aumento» torture, sparizioni, stupri, schiavitù.

«Vi sono ragionevoli motivi per ritenere che alti ufficiali della Guardia costiera, della Direzione per la lotta all’immigrazione illegale e dell’Apparato per il supporto alla stabilità – spiegano gli esperti Onu Mohammad Auajjar, Tracy Robinson e Chaloka Beyani – siano collusi con i trafficanti, a loro volta legati a gruppi armati, in un contesto che vede i migranti intercettati e privati della libertà». Ma di questo il Consiglio Nazionale libico per i diritti umani non dice una sola parola.

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