sabato 16 gennaio 2021
Traballano i voti dei "responsabili", maggioranza ora ferma a quota 157. Crepe in Iv: via un deputato. Calenda accusa: «Mi ha cercato Mastella», che si chiama fuori. 5s, fronda sul veto a Renzi
Lorenzo Cesa, leader dell'Unione di Centro.

Lorenzo Cesa, leader dell'Unione di Centro. - ANSA

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Sono giorni segnati da sbalzi d’umore nella politica italiana. A prevalere, per ora, sono però le tinte negative. E nel pomeriggio, all’incertezza del giorno prima, comincia a sostituirsi una vera paura, in quel che resta della maggioranza (senza Iv di Renzi): quella di non farcela. È un terrore che comincia a circolare all’ora di pranzo: non crescono i cosiddetti "responsabili", che dovrebbero rimpiazzare il vuoto di Italia Viva e garantire una nuova stabilità al governo Conte. Al Senato, la maggioranza assoluta è ancora lontana: i 161 voti non sono richiesti (ne basta uno più dei "no"), ma un numero abbastanza sotto creerebbe problemi di "agibilità" politica, per così dire. Intanto, però, anche nella "controparte" renziana si avverte qualche scricchiolio: lascia Vito De Filippo e torna nel Pd, ma è un deputato (perdita meno grave, quindi).
La notizia-chiave viene dall’Udc, che può contare su 3 senatori e che anticipa il suo no: «Non si può gettare il Paese nella palude e nel caos. Non ci prestiamo a giochi di palazzo e stiamo nel centrodestra. I nostri valori non sono in vendita». Anche il sottosegretario agli Esteri Ricardo Merlo, neo-fondatore del gruppo "Maie-Italia 2023" che dovrebbe raccogliere le adesioni pro-Conte a Palazzo Madama, non ha nascosto le difficoltà: «Noi siamo ottimisti e la fiducia passerà – ha spiegato –. Ma ci sono colleghi che stanno riflettendo. Fino all’ultimo non sapremo». Al Senato, il pallottoliere della maggioranza al momento è fermo fra 154 e 157, un cifra data dalla somma dei senatori del M5s (92), del Pd (35), del Maie (4), di Leu (6) e degli 8 delle Autonomie (sono 9, ma uno non vota). A questi si sommano i senatori a vita: 3, forse 4. E poi sicuri sono solo Sandra Lonardo (ex Fi, moglie di Clemente Mastella), l’ ex M5s Maurizio Buccarella e Sandro Ruotolo (Misto). Il conto dei 154 include anche Riccardo Nencini (Psi, che ha dato il simbolo a Renzi) e Gregorio De Falco, oggi in +Europa-Azione, che però sono ancora fra gli incerti. Pari incertezza riguarda anche altri 3 ex M5s: Lello Ciampolillo, Luigi di Marzio e Marinella Pacifico. Mentre non ci sono "garanzie" da altri due ex 5s, Giarrusso e Drago.
Insomma, si va a rilento. Si fa cauto perfino un vecchio navigatore della politica, Clemente Mastella, che si era ritagliato un ruolo di reclutatore: «Mi chiamo fuori - ha detto - perché, dopo aver cercato di dare consigli su come risolvere la crisi, sono stato attaccato sul personale». Il suo pronostico è che ci sarà «un Conte-ter con un rimpasto e un rientro di Italia Viva». Visto come si stanno mettendo le cose, per Renzi e Iv sarebbe una mezza vittoria. La rottura non ha infatti convinto tutti. «Avrei volentieri evitato l'aprirsi di una crisi al buio», ha scritto il senatore Eugenio Comincini, che chiede «un patto di legislatura nel perimetro dell’attuale maggioranza». E su 2-3 senatori renziani permane il dubbio che, alla fine, possano dire sì a Conte.
Il riferimento di Mastella è all’altro episodio-clou della giornata, che ha visto Carlo Calenda come protagonista. «Ho avuto l’onore di una telefonata del simpatico Clemente - ha reso noto il capo di Azione -. Una roba tipo "tu appoggi Conte e il Pd appoggia te a Roma". Scarsa capacità di valutare il carattere degli uomini. O almeno il mio«. Mastella ha confermato la telefonata, smentendo la ricostruzione: «Sei di uno squallore umano incredibile», è stata la risposta. E la contro-replica di Calenda: «Bene, non ne sentirermo la mancanza». E, tra i 5 stelle, dietro le quinte comincia a serpeggiare qualche dubbio sul mantenere un veto ferreo a Renzi: «Conte dopo il voto al Senato dovrebbe sedersi a un tavolo per un patto di legislatura», commenta una fonte interna. E sulle porte chuse a Iv un altro grillino aggiunge, coperto dall'anonimato: «Lo ha fatto lui, non noi». Intanto, nel centrodestra, sia Salvini sia Tajani hanno parlato di 4-5 parlamentari M5s che avrebbero bussato alle porte di Lega e Fi. Il primo, il deputato Antonio Zennaro, ha annunciato già ieri il passaggio (destinazione Carroccio).

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