venerdì 30 ottobre 2020
Gonnella (Antigone): mettere in condizione il Parlamento di potersi muovere
Patrizio Gonnella

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Anche Antigone, associazione che da 30 anni si batte per i diritti dei detenuti e l’umanizzazione del sistama carcerario, aderisce all’appello per modificare la norma costituzionale su aministia e indulto. Patrizio Gonnella, docente di sociologia del diritto a “Roma tre”, ne è il presidente. «Si tratta – dice – di mettere in condizione il Parlamento di poter adottare in caso di necessità questo provvedimento».

La possibilità di votare una legge di amnistia e indulto c’è sempre, perché la ritiene impraticabile?
Perché la soglia fissata con la norma di modifica costituzionale del 1990 – che ha cambiato l’articolo 79 imponendo il raggiungimento una maggioranza di almeno i due terzi in entrambi i rami del Parlamento per il testo finale ma anche per il singolo articolo – è di fatto irraggiungibile, specie in un sistema come l’attuale sfilacciato in almeno tre poli. Anche il presidente della Repubblica, oltre il terzo scrutinio può essere eletto con la maggioranza assoluta, qui invece si è voluto rendere impossibile l’obiettivo.

Ma se è irraggiungibile la soglia dei due terzi per amnistia e indulto, il problema non si ripropone per questa proposta di modifica costituzionale dell’articolo 79, che richiede la stessa maggioranza?
Il problema esiste. Ma noi diciamo a chi è perplesso che non stiamo chiedendo di approvare una legge di amnistia e indulto, stiamo semplicemente chiedendo di non privare il Parlamento della possibilità adottare questo provvedimento quando se ne ravvisi la necessità o anche solo l’opportunità. Essa è sempre esistita nel nostro ordinamento, ed è prevista dalla nostra Costituzione, anche se di fatto è inattuabile.

Quando si parla di amnistia e indulto si pensa a un “liberi tutti” e i partiti temono l’impopolarità di un provvedimento così ampio. In quali casi potrebbe risultare utile per tutti, in futuro, non privarsi di una possibilità del genere?
Una norma non è perennemente immutabile. Ad esempio c’è la sentenza della Corte di giustizia europea intervenuta a correggere la Bossi-Fini laddove ha reso punibile con il carcere la semplice inottemperanza a un obbligo del questore. Qui un provvedimento di clemenza generale poteva essere di aiuto per porre rimedio ai guasti di una norma che ha riempito le nostre carceri, già affollate, di decine di migliaia di immigrati per inadempienze di tipo amministrativo. Ma non dimentichiamo che è in vigore un codice penale del 1930, approvato in un’epoca del tutto superata, che prima o poi sarà il caso di cambiare. Ebbene, se ci si dovesse arrivare, una legge di amnistia e indulto di accompagnamento si renderebbe opportuna, se non indispensabile.

Ma è chiaro che i problemi di umanizzazione del sistema carcerario non si risolvono solo con l’aministia e l’indulto.
Assolutamente no. Il legislatore non potrebbe pensare di autoassolversi con una misura del genere approvata una tantum, senza affrontare i nodi strutturali di un sistema che non rispetta i principi di umanità della pena e la sua finalizzazione alla rieducazione del condannato previsti dalla Costituzione, su cui l’Italia è stata più volte redarguita.

Come può essere allora correttamente utilizzata una legge di amnistia o indulto?
Il vero obiettivo è rendere la pena detentiva residuale, intervenendo sui nodi che sono a monte. La durata della custodia cautelare, innanzitutto. Ma si deve anche intervenire a depenalizzare una serie di reati che possono essere puniti con sanzioni amministrativa. E soprattutto si tratta di potenziare le misure alternative alla pena detentiva, per rendere il sistema finalmente in linea con il dettato della nostra Costituzione. Fatto tutto questo, una legge di amnistia e indulto potrà essere utile per “resettare” il sistema.

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