martedì 16 maggio 2023
L'incontro del presidente della Cei con gli studenti del Classico, che frequentò dal 1968 al 1973. Le domande dei ragazzi all'Arcivescovo di Bologna sulla pandemia, la guerra, le donne nella Chiesa
Il cardinale Zuppi tra gli studenti del Virgilio

Il cardinale Zuppi tra gli studenti del Virgilio - foto Liverani

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A cinquant'anni dall'esame di maturità, il cardinale Matteo Maria Zuppi torna al "suo" liceo Virgilio, tra il lungotevere e via Giulia. L'occasione è l'incontro organizzato dalla scuola, oltre un'ora con gli studenti del V anno, per parlare de "i Giovani e la sfida educativa" - questo il tema della conferenza nell'aula magna - ma soprattutto per ricordare quei suoi anni, lontani ma formativi, e rispondere agli interrogativi dei ragazzi su pandemia, ruolo della donna nella Chiesa, pace e guerra.

Il presidente della Cei viene accolto in presidenza al secondo piano dalla dirigente scolastica, professoressa Isabella Palagi, e dalla presidente del I Municipio Lorenza Bonaccorti. Un caffè, due chiacchiere sull'eterna rivalità con un altro centralissimo liceo romano, il Visconti, poi il regalo della felpa del Virgilio. Poi si scende al primo piano dov'è l'aula magna, intitolata a Elsa Morante, che affaccia sul Tevere.

Il Cardinale con la dirigente scolastica del Virgilio professoressa Isabella Palagi

Il Cardinale con la dirigente scolastica del Virgilio professoressa Isabella Palagi - foto Liverani

Per il Cardinale è un rifiorire di ricordi. Era il 1° ottobre 1968 quando un adolescente Zuppi Matteo Maria, quinto di sei figli, varcava il portone del centralissimo liceo, allora solo Classico. «Ero un anno avanti - ricorda il presidente della Cei - e il primo anno portai ancora i calzoni corti con grande imbarazzo. Allora i maschi entravano da via Margutta, le femmine dal Lungotevere, avevano l'obbligo della gonna e del grembiule. E poi non c'era il registro digitale - scherza il Cardinale - e si poteva "fare sega" a scuola senza essere beccati subito dai genitori...».

Il liceale Zuppi sarà al Virgilio dal 1968 al 1973. Anni effervescenti, stimolanti e difficili. «C'era la battaglia per il "6 politico" - racconta - che nasceva dalla giusta preoccupazione che tutti fossero coinvolti nella formazione». Erano gli anni del "processo al nozionismo": «Ma se le nozioni non ce l'hai, è molto difficile poi recuperarle. Se non impari il solfeggio, non potrai mai comporre». L'altra spinta «era quella dell'apertura alla realtà, perché la formazione va fatta nella vita, non in laboratorio. Io allora con la Comunità di Sant'Egidio scoprii le periferie, e che Roma non era solo Centro, ma era fatta anche di baracche». Anni turbolenti«in cui si faceva spesso a botte, ma il seme della violenza è pericolosissimo, da quel seme nacque il terrorismo» degli "anni di piombo".

Il cardinale Zuppi tra gli studenti del Virgilio

Il cardinale Zuppi tra gli studenti del Virgilio - foto Liverani

Arrivano le domande dei ragazzi. I giovani come possono interloquire con la Chiesa? «Identità e dialogo», risponde Zuppi, sono i due binari per comunicare. «Noi siamo perché ci relazioniamo. È illusorio e pericoloso limitarsi alla "conoscenza digitale" fatta di apparenza, bisogna entrare nel vissuto degli altri nella loro profondità». Per "interloquire con la Chiesa", dice «si può cominciare con gli insegnanti di religione, non so quanti qui se ne avvalgano. Ma la Chiesa è fatta di persone, l'incontro con l'istituzione è l'incontro con le persone. Come questo malcapitato che viene Bologna», scherza il Cardinale.

Arriva la domanda sul conflitto in Ucraina: «La guerra fa schifo. Dobbiamo fare di tutto perché non ci sia, perché spegnere l'incendio è difficilissimo. Guardate le immagini che arrivano da lì, sono icone del Venerdì Santo: la donna incinta di Mariupol, Irina che vuol dire pace, portata via ferita e che poi morirà; il padre che abbraccia la testa del suo bambino morto. Così capisco cos'è la guerra, la sua stupidità, il suo maschilismo, la "gioia" di uccidere il nemico, le trincee e i droni. La guerra è come il Covid, supera i confini e inquina tutto. Oggi il rischio nucleare non è più ipotetico. Il Papa dice che anche solo conservare armi atomiche è peccato. Cosa possiamo fare? Accogliere chi fugge, inviare aiuti, la solidarietà è un modo per costruire la pace. E pregare, che non è l'ultima spiaggia, ma la prima cosa da fare. E poi andare a visitare i cimiteri di guerra come a Cassino. Un poeta di vicino Bologna chiedeva "Io chiedo quando sarà che l'uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare"»

La conferenza in aula magna

La conferenza in aula magna - foto Liverani

E la pandemia cos'ha insegnato alla scuola? «Ha rivelato le nostre fragilità. Siamo incoscienti o fatalisti, solo se sperimentiamo il male lo capiamo. L'educazione quindi è importante per capire anche quello che non ti tocca direttamente. La lezione della pandemia è che bisogna costruire tante relazioni tra noi, siamo tutti sulla stessa barca e abbiamo tutti bisogno degli altri».

La Chiesa e le donne: un cammino fatto di passi ancora troppo timidi? «Avete ragione, la Chiesa è complicata, il Papa ha assegnato molti ruoli di governo nella Curia alle donne. Le pari opportunità devono esserci nella Chiesa, per una complementarietà - donne e uomini non sono uguali - che sia unione. È una grande sfida». Suona la campanella, qualche foto ricordo, con i ragazzi di oggi e quelli di ieri, i suoi compagni di classe di allora. E la promessa: «Ci rivediamo. Tra altri 50 anni. Anzi facciamo 25».

Foto ricordo con i compagni di classe del 1973

Foto ricordo con i compagni di classe del 1973 - foto Liverani



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