venerdì 28 aprile 2023
«Brutta figura», troppe assenze (28) e il governo va sotto. In bilico il decreto lavoro del 1° Maggio, oggi si rivota. Il ministro dell'Economia: i deputati non si rendono conto
Il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti

Il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti - Ansa

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Bastano sei voti in meno del previsto per mandare sotto la maggioranza e affossare lo scostamento di bilancio, bocciato alla Camera durante la discussione sul Def di ieri. Un passo falso inaspettato che segna la prima sconfitta in aula per la coalizione a traino sovranista, ma anche un ostacolo al varo del “decreto lavoro”, previsto nel Cdm del Primo maggio e per il quale l’ulteriore indebitamento è necessario. Una «brutta figura», ammette la premier, costretta a riparare con una riunione dei ministri straordinaria (tenuta in tutta fretta ieri alle 18,30). Ma la tegola piove su Palazzo Chigi nel momento meno opportuno e proprio nel giorno in cui l’esecutivo viene incontro alle proteste dei sindacati promettendo un incontro per domenica.

La risoluzione per lo scostamento si arena nel pomeriggio alle 16 e 40, con il sostegno di 195 voti a favore a fronte di una maggioranza richiesta di 201. Gli astenuti sono 105, i contrari 19. Si parla di circa 28-30 assenze, che però pesano come un macigno e consentono alle opposizioni di sparare a zero: «Delle due l’una – attacca la segretaria Pd, Elly Schlein –: o siamo di fronte a un episodio di imperdonabile sciatteria o alla prova conclamata delle divisioni della maggioranza. Siamo al dilettantismo, il problema è che lo pagano l’Italia e la sua credibilità». «Siamo oltre l’immaginazione – si associa la capogruppo dem a Montecitorio, Chiara Braga –. Una maggioranza con questi numeri, sull’atto più importante, fallisce miseramente». Stoccate anche da Italia Viva, con Maria Elena Boschi, che denuncia «il nulla oltre la propaganda», mentre per il leader dei 5 Stelle, Giuseppe Conte, «il Parlamento rilascia alla maggioranza un attestato di incapacità».

La presidente del Consiglio non cerca alibi, parla di «un brutto scivolone» e richiama la coalizione alla «responsabilità». Poi archivia l’incidente come una defaillance dovuta a «un eccesso di sicurezza». «Ora si deve fare un’ulteriore considerazione sui parlamentari in missione – aggiunge –, ma non ci vedo un problema politico. Il Def sarà approvato, manterremo i nostri impegni». Esternazioni pubbliche alle quali, però, segue lo sfogo nella chat dei deputati di Fdi («Non ho parole!»), con la richiesta di presenza «obbligatoria» nelle commissioni di ieri sera e dalle 10 di oggi fino alla fine dei lavori.

Uscendo dalla Camera, anche il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, non riesce a trattenere l’irritazione e se la prende con i deputati che «o non sanno o non si rendono conto». Tra i parlamentari di centrodestra la «figuraccia» viene ammessa senza troppe remore, accompagnata dal proposito di «cambiare subito passo» e dalla negazione di qualunque problema interno. Intanto il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, aiuta a minimizzare precisando di aver aggiornato la conferenza dei presidenti di gruppo «esclusivamente al fine di consentire agli uffici preposti di effettuare i necessari approfondimenti tecnici».

Dal deficit previsto dal governo si sarebbero dovuti recuperare circa 3,4 miliardi di euro da destinare a un ulteriore taglio del cuneo fiscale di quest’anno e altri 4,5 per la detassazione nel prossimo. Al momento la soluzione partorita nel Cdm-lampo di ieri è una modifica alla relazione al Def, ma a saldi invariati, nella speranza di ottenere un immediato via libera allo scostamento. Oggi si riparte dalla Camera, convocata alle 9 per votare alle 11,30, invece si voterà alle 14 in Senato, dove tra l’altro diversi terzopolisti avevano dato già ieri il proprio sostegno. E diversi parlamentari, che ieri stavano già lasciando Roma, hanno dovuto rivedere in tutta fretta i propri piani per non dover rinviare tutto alla prossima settimana.



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