mercoledì 27 settembre 2023
Il modulo “eugenetico”che spiegava alle gestanti l’utilità di un test prenatale per ridurre le nascite di piccoli con trisomia 21 è cambiato, ma negli ospedali viene prospettato ancora solo l’aborto
Una bimba con sindrome di Down

Una bimba con sindrome di Down - La nuova famiglia

COMMENTA E CONDIVIDI

La frase alla fine è cambiata: «La Regione Emilia-Romagna ha quindi deciso di offrire alle gestanti residenti sul proprio territorio l’esecuzione del Nipt per la valutazione del rischio della trisomia dei cromosomi 21, 13 e 18, al fine di ridurre il numero di falsi positivi (e di conseguenza i test prenatali invasivi) e di ridurre il numero di falsi negativi (e di conseguenza le mancate diagnosi di trisomia 21, trisomia 13 o trisomia 18)». Eccole, le parole riportate sul modulo informativo rivolto alle gestanti sul test prenatale non invasivo per la ricerca del Dna fetale nel sangue materno (il Nipt, appunto).

Sostituiscono quelle choccanti, per il chiaro intento eugenetico, contenute nel medesimo modulo sino all’aprile scorso e uguali fino all’ultima frase, in cui però si leggeva «[...]al fine di ridurre il numero di falsi positivi (e di conseguenza i test prenatali invasivi) e di ridurre il numero di falsi negativi (e di conseguenza il numero di gravidanze portate a termine con la nascita di bambini con sindrome di Down, trisomia 13 e trisomia 18)». Un testo che una una futura mamma aveva segnalato ad Avvenire, sollevando un caso.


La risposta al nostro giornale da parte dell’assessore alla Sanità dell’Emilia-Romagna, Raffaele Donini, non si era fatta attendere («si tratta di parole che non rappresentano il nostro pensiero» aveva scritto, impegnandosi a cancellare quella frase frutto di «superficialità o disattenzione»). Oggi possiamo verificare che è stato di parola: è stata effettivamente adottata una nuova terminologia, sebbene si abbia la sensazione che, sostanzialmente, poco sia cambiato. «È stata una correzione assolutamente doverosa e che ritengo trovi tutti d'accordo» ha commentato Giuseppe Paruolo, Consigliere regionale del Pd che, da subito, aveva sostenuto questa richiesta di modifica. «Certo, resta aperto il tema di come riuscire a promuovere l'accoglienza alla vita, non solo sul piano culturale, ma anche come capacità di aiutare concretamente a sostenere una gravidanza chi fosse in difficoltà e desideri un aiuto, senza che questa disponibilità ad aiutare possa essere percepita come una intromissione indebita» ha aggiunto.

In effetti, in questi mesi, dopo essere venuti a conoscenza del testo incriminato, diverse associazioni locali di genitori di bambini con disabilità hanno cercato di comprendere quanto, concretamente, un simile avvertimento abbia potuto influenzare le scelte delle future mamme e dei futuri papà in termini di accoglienza alla vita di bambini con diagnosi infauste. Questo dato, tuttavia, appare del tutto irrintracciabile: «Difficile dire quanti siano coloro che, effettivamente, decidono di interrompere la gravidanza per questo: la Regione e l’Asl non forniscono numeri» dicono. Ci sono, però, diverse testimonianze dirette. La prima di Bruna, in attesa del primo figlio nel 2013: «Allora si effettuava l’antenato del Nipt, il Bi-test, un esame che si basa su un prelievo di sangue materno e un riscontro ecografico del bambino» spiega. «Nessuno, però, ci aveva detto che fosse un esame solo probabilistico: riscontrarono una probabilità ritenuta molto alta che nostro figlio avesse una trisomia». Subito Bruna e il marito furono convocati da una genetista dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna: «Per prima cosa ci sottoposero i moduli per effettuare esami diagnostici più invasivi, poi ci prospettarono i passaggi necessari per un’eventuale interruzione di gravidanza: nessuna menzione delle alternative o di cosa avrebbe implicato concretamente crescere un bambino disabile». Inutile dire che il bambino è nato in perfetta salute: «Ma in quei momenti ci si sente molto soli e spaesati: andrebbe sempre proposto un percorso di sostegno alla famiglia, che mostri come la vita di un figlio disabile possa essere certamente più difficile, ma anche parimenti piena di valore» dice.

Un’altra testimonianza è quella riportata da Andrea Mazzi, animatore generale del servizio “Famiglia e vita” della Comunità Papa Giovanni XXIII: «Feliciana pochi anni fa ha partorito una figlia affetta da beta-talassemia, malattia diagnosticata già in gravidanza. L’équipe medica che ha iniziato a seguirla si è stupita perché da anni non aveva in cura bimbi appena nati: i bimbi con questa diagnosi venivano tutti abortiti. Parliamo di una malattia per cui oggi esistono farmaci estremamente efficaci» racconta. Ancora: «Stiamo seguendo una coppia la cui bambina ha ormai tre anni; è perfettamente in grado di relazionarsi, frequenta la comunità scolastica mentre viene curata per i problemi di salute diagnosticati mentre era in gestazione» prosegue. «I genitori hanno superato le insistenze degli operatori che propendevano decisamente per l’aborto cosiddetto terapeutico e ora che fanno ricorso alle cure e agli aiuti di cui hanno diritto, si ritrovano ancora medici che negli ospedali di Bologna non si fanno scrupolo di dir loro: “Era meglio che non nascesse!” e ciò senza tener conto che sono davanti ad una libera scelta, che i genitori amano alla follia questa bambina, che la bambina stessa ormai comincia a dire ai suoi che l’accompagnano in ospedale: “Non vi preoccupate, farò la brava!”. Questo significa mettere in condizioni i genitori di chiedere scusa per essersi avvalsi del loro diritto di scelta, la piccola di chiedere scusa di esistere, di essere viva». Insomma, «quando sono presenti difficoltà di salute del piccolo, troppo spesso si invita la mamma/coppia a fissare la data per l’Ivg mentre ancora riflette su cosa fare, quando non viene fatto un preciso invito ad abortire»: il bambino viene identificato con la sua disabilità, che è posta come condanna senza appello. La soluzione? «Proporre a questi genitori incontri con altre famiglie di bambini con disabilità, in modo che possano sentirsi meno soli». Una possibilità che appare molto lontana, in Emilia-Romagna.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: